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ITALIA
Milano, occupazione del negozio Tesla: Musk boicottato anche in Italia
L’occupazione temporanea del negozio Tesla è stata una risposta alle campagne d’odio fasciste e trumpiane di Elon Musk e un contributo al ciclo di manifestazioni del 22 febbraio contro il Decreto Sicurezza
Giovedì 19 febbraio il CSA Lambretta e il collettivo studentesco Tsunami hanno occupato simbolicamente il negozio e sede legale di Tesla Italia in piazza Gae Aulenti a Milano: verso le 17, 30, un gruppo di circa venti persone è entrato nel concessionario, esponendo uno striscione con su scritto «Mask Thrives, Democracy Dies» («Musk prospera, la democrazia muore»).
«Oggi esponiamo il progetto autoritario di Musk, sanzionando con una dimostrazione pacifica il negozio di Tesla in piazza Gae Aulenti», hanno spiegato i manifestanti durante l’azione. «Invitiamo tutti e tutte a boicottare le piattaforme di Musk, i suoi prodotti e a contrastare attivamente la sua campagna d’odio».
Ricordando l’appuntamento alla manifestazione contro il Ddl sicurezza e l’istituzione delle zone rosse tenutasi il 22 febbraio, gli attivisti e le attiviste hanno poi attaccato centinaia di adesivi con lo slogan dell’occupazione e il sottotitolo «Fck Musk, Fck Trump, Fuck AfD» (in riferimento all’endorsement dell’amministrazione statunitense al partito di estrema destra tedesco, che è diventato la seconda forza politica dopo le elezioni federali in Germania del 23 febbraio ), e appeso poster di Elon Musk intento a fare il saluto fascista.
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Ma in cosa consisterebbe questo «progetto autoritario» del miliardario sudafricano? Secondo gli attivisti, dopo aver finanziato la campagna elettorale di Donald Trump, garantendone la rielezione a presidente degli Stati Uniti, Musk si starebbe ora rivolgendo alla politica europea. Trump avrebbe agito per destabilizzare il continente uscendo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal patto per il clima di Parigi, facendo pressione per una svolta negativa sia nella guerra in Ucraina sia nella guerra di Israele in Palestina. Musk, invece, avrebbe il compito di destabilizzare l’opinione pubblica, sfruttando il suo strapotere mediatico (in quanto proprietario di X, ex-Twitter) e creando una rete di media indipendenti e dal basso, uniti sotto l’hashtag #youarethemedianow (di cui fa parte, per esempio, Welcome To Favelas, che tempo fa ha annunciato la sua “adesione”). Sarebbe responsabile, poi, di finanziare attivamente partiti e organizzazioni neofasciste.
Gli attivisti hanno poi ricordato che Musk ha anche più volte espresso in maniera esplicita il proprio supporto al governo di Giorgia Meloni, con il quale stava persino stipulando un accordo per la “sicurezza” delle telecomunicazioni, grazie all’azienda Starlink. L’accordo sarebbe poi saltato, ma dimostrerebbe la volontà della Premier di tessere legami con l’uomo più ricco del mondo.
L’obiettivo del CSA Lambretta e del collettivo Tsunami, quindi, è sottolineare il ruolo di Musk nella politica italiana, ma soprattutto di evidenziare come l’Italia sia uno dei principali laboratori di autoritarismo in questo momento storico. Con il Ddl ex-1660, adesso Atto del Senato 1236 in via di approvazione (prevista per la primavera), il governo intenderebbe agire in materia di sicurezza.
In realtà, secondo gli attivisti, sarebbe il caso di definirla una sicurezza propagandistica, volta a raggiungere maggiore consenso in vista di una radicalizzazione a destra del paese, simile a quella di altri stati europei come l’Ungheria.
Colpendo il diritto allo sciopero, le azioni per il clima e le occupazioni abitative e fornendo uno scudo penale alle forze dell’ordine, il governo vuole reprimere il dissenso di coloro che si battono per i problemi reali e profondi del paese.
Introducendo pene maggiori per la resistenza pacifica nelle carceri e nei Cpr, vietando l’acquisto di SIM per le persone senza cittadinanza comunitaria, estendendo la casistica che permetterebbe l’incarcerazione di persone incinta o con bambini piccoli, il governo vorrebbe continuare a opprimere le persone «marginalizzate e razzializzate, come migranti, transitanti, senza fissa dimora e indigenti». Le zone rosse sarebbero solo un’anticipazione amministrativa di una parte del Ddl sicurezza, in particolare quella relativa all’applicazione dei “daspo urbani”, misure introdotte per il tifo organizzato e poi usate per chiunque risulterebbe socialmente “pericoloso” secondo criteri vaghi e spesso pretestuosi.
L’obiettivo finale? La preparazione del paese a un probabile “stato di guerra” in politica interna, con l’aumento dello sfruttamento lavorativo e la diminuzione del welfare, e in politica estera con il supporto all’economia di guerra.
L’azione nello store della Tesla, quindi, è servita a rilanciare il corteo di sabato 22 febbraio, organizzato in seno alla “Rete No Ddl sicurezza – A pieno regime”, e contemporaneo a tantissimi altri presidi, cortei, azioni in tutta Italia.
Voluto dalla “Milano Antifascista”, cioè da numerose realtà riunite in assemblea contro la repressione e l’oppressione in città, si è mosso da piazza 24 Maggio e ha attraversato una delle zone rosse individuate dalla Prefettura di Milano, per poi concludersi in piazzale Lodi.
«Nella città della gentrificazione selvaggia, delle prossime olimpiadi invernali, del turismo di lusso, della speculazione immobiliare, dello sfruttamento lavorativo, della profilazione razziale e dell’omicidio di stato di Ramy non possiamo stare in silenzio, dobbiamo lottare per una città diversa», ha ricordato un’attivista durante uno degli interventi del corteo.
Nel complesso, la manifestazione è stata molto partecipata – i numeri indicano più di cinquemila persone – e ha visto un’adesione trasversale, dai tanti centri sociali milanesi e lombardi passando per collettive e assemblee studentesche, associazioni, movimenti, partiti, ong, e sindacati.
Tantissimi e multitematici anche gli interventi, che hanno spaziato dalla guerra in Palestina alla scuola e l’università; dalla situazione abitativa di Milano alla stretta securitaria del governo e, ovviamente, alla richiesta di verità e giustizia per Ramy Elgaml e Fares Bouzidi, ragazzi razzializzati di Corvetto vittime della violenza dello stato.
In chiusura, si è ribadita la necessità di proseguire il percorso cittadino per «rappresentare oggi un argine, domani un’alternativa» all ‘attuale sistema economico-politico e a queste politiche violente. «Il giorno in cui il Senato deciderà di approvare il Ddl sicurezza, con tutte le realtà della rete saremo a Roma per manifestare il nostro dissenso e sfidare, fin da subito, ogni divieto messo in campo dal governo Meloni».
Le immagini sono di Lorenzo Roncaglione
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