ROMA
“Se mi lasci non vale”: sul trenino giallo della Casilina
Alcune recenti disposizioni dell’Atac stanno mettendo in pericolo lo storico trenino della Casilina che collega i quartieri di Roma est con il resto della città. Nelle ultime settimane, una mobilitazione popolare ne chiede a gran voce la difesa
Criticare Roma oggi è come soffiare il fumo di sigaretta su un uragano. Tanto che pure il lamento cronico, che ogni singolo abitante della città tipicamente annovera tra i suoi file di conversazione, recentemente è andato scomparendo. Tra i romani è calato un preoccupante silenzio sulle condizioni di Roma. La rabbiosa noia generata da traffico, disfunzioni e assurdità ha lasciato spazio a un beffardo sbalordimento, che si esprime soprattutto in rete con foto artistiche delle composizioni di immondizia, o con aneddoti sui gabbiani.
Ma in una città in cui gli autobus prendono fuoco per motivi avvolti dal mistero, in cui le scale mobili spalancano le fauci per inghiottire ultras russi, in cui la crisi dei rifiuti sfuma ogni giorno in una silenziosa quanto palpabile tragedia sanitaria, in cui la povertà incalzante e chiusura degli spazi pubblici alimenta i germi della disperazione, il vero pericolo per la vita e l’incolumità dei cittadini è in realtà un altro, almeno secondo l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza nelle Ferrovie.
Il rischio occulto, la mina vagante, la materia fuori controllo della capitale è: il trenino giallo.
Dal 29 giugno infatti con la disposizione operativa 136 di Atac al treno che da via Giolitti arriva a Centocelle sono state imposte delle “nuove misure di sicurezza” che hanno le seguenti implicazioni: il trenino non può superare i 30 km/h; deve fermarsi a ogni incrocio, compresi quelli in cui il semaforo è verde; deve fermarsi su ogni deviazione di rotaia anche quando non in concomitanza con un incrocio. Queste disposizioni derivano dall’asincrono burocratico per cui il mezzo che collega Torpigna al resto del mondo, pur essendo a tutti gli effetti da oltre trent’anni un tram urbano, è ancora classificato come treno e, in quanto tale, il suo attraversamento dei centri abitati viene contenuto da queste nuove norme. Per garantire la sicurezza il trenino quindi è costretto a rallentare la sua corsa, nonostante sia già uno dei mezzi più sicuri in circolazione con alle spalle appena 40 incidenti negli ultimi 35 anni.
Per chi non lo conosce, il trenino giallo è un collegamento su rotaia che congiunge la stazione Termini con i quartieri di Roma est, fino all’estremità di Centocelle. Fino a qualche decennio fa arrivava fino a Fiuggi. Dagli anni ‘80 il suo raggio di azione si riduce fino a Pantano, borgata romana attraversata da via Casilina a una decina di km oltre la soglia psicologica del raccordo anulare. Poi nei 2000 la tratta si è ridotta ancora, arrivando fino alla stazione Giardinetti, appena fuori dal Gra. Dallo scorso anno, a causa di lavori di ristrutturazione, il percorso del trenino è stato decurtato ancora e attualmente arriva solo fino a Centocelle.
Ma tutto questo non ha alcuna importanza. Ciò che conta nella vicenda del trenino giallo è che queste nuove disposizioni rischiano di minare il funzionamento di un mezzo di trasporto fantastico.
Da un lato è sorprendentemente efficace, la sua tratta unisce zone molto frequentate ma mal collegate al cuore pulsante del trasporto urbano, stazione Termini. Soprattutto, muovendosi su rotaia non è soggetto ai celebri ingorghi del traffico romano, quindi, come se niente fosse, arriva in orario.
Il trenino però è anche misteriosamente bello. Non solo la sua estetica, che un tempo avremmo definito fatiscente, oggi si adegua perfettamente alla mania retrò che ha contagiato tutto, ma in quell’ammasso di lamiere si può anche vivere l’incanto di un capolavoro neorealista. Quei vagoni pullulano e puzzano di cruda, contemporanea umanità. È il trenino dei viventi, che avanza con il suo stridore senza tempo, come una babele ambulante dove tutto può accadere, anche che le solitudini di pianeti lontani si guardino, solo per un attimo, come una crepa minuscola nel guscio di un uovo.
Quali sono le conseguenze della nuova disposizione su questo atipico mezzo di locomozione? Principalmente è successo che è diventato fastidiosamente lento, il suo incedere placido, inoltre, crea un ammucchiarsi di mezzi ai capolinea difficile da gestire, quindi è molto probabile che il numero di convogli sarà ridotto.
Insomma il trenino sta rischiando di trasformarsi nella più classica delle derive relazionali in cui la persona con cui stiamo non ha il coraggio di dirci che è finita e fa di tutto per farsi lasciare. Ma non lo lasceremo. È nata, nelle scorse settimane, una mobilitazione che chiede che venga finalmente riconosciuto come linea urbana e soprattutto che parta il piano di investimenti per finanziare un rinnovamento dei mezzi e della infrastruttura. Dopo un’azione di mail bombing alle caselle mail di comune, regione e Ministero dei trasporti e dopo una prima assemblea a Tor Pignattara dove si sono incontrati pendolari, autisti e fan del trenino, i riflettori si sono accesi su questa ultima assurdità capitolina. Nell’ultima riunione della Commissione trasporti della Regione Lazio, diversi esponenti politici si sono espressi a favore di una risoluzione dello stallo, nella direzione di potenziamento e riconoscimento della natura tranviaria del mezzo. Per ora il trenino è ancora lento e snervante, nonostante sia stata pattuita un’applicazione “morbida” della disposizione Atac n° 136. Fino a che la situazione non sarà sanata quindi è necessario mantenere l’attenzione alta. Nessuno può mettere il trenino giallo in un angolo!