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ARTE
Male gaze. L’arte sottosopra di Romina Bassu
A Roma presso Studio SALES di Norberto Ruggeri la prima personale capitolina di Romina Bassu, curata sapientemente da Manrica Rotili. Fino al 9 febbraio 2018
Entrando nell’ampia sala espositiva dello Studio SALES la prima opera che troviamo proprio in corrispondenza del titolo della mostra Male Gaze è Sottosopra, una donna a testa in giù che sembra essere calata dall’alto sulla tela. Ma che cosa viene capovolto? Semplicemente un volto? Iniziamo a porci le prime domande.
Le opere di Romina Bassu sono una splendida occasione per riflettere, cedere al flusso dei ricordi, entrare in contatto con le nostre emozioni e osservare criticamente la realtà, appunto, del “male gaze”. L’artista ha collezionato per anni foto d’archivio e locandine cinematografiche degli anni ’50 del Novecento concentrandosi recentemente su soggetti femminili che hanno ispirato la sua opera presente oggi in mostra.
Proprio in quegli anni si andava definendo, anche grazie a strumenti persuasivi e, soprattutto, divulgativi quali il cinema e la pubblicità, il processo di oggettivazione della donna, del suo corpo e della sua funzione sociale.
Dietro la cinepresa o la macchina fotografica c’era uno sguardo maschile, il “male gaze” appunto, che definiva, plasmava e creava un’eredità sociale e culturale che avrebbe avuto incredibile risonanza nei decenni a seguire (è ancora sotto i nostri occhi ogni giorno).
Donne sorridenti soddisfatte del lavoro domestico svolto, curatissime e disponibili, desiderose di apparire belle: questi i modelli che iniziano a circolare e che rispondono alle esigenze di una società tutta declinata al maschile.
Ma come si percepiscono davvero queste donne? Come si sentono e come si vedono sotto la pressione di tale sguardo? Immaginiamo di avvicinare una lente di ingrandimento a quelle stesse immagini e di cogliervi dettagli e alterazioni attuate dai soggetti rappresentati. Lo stereotipo si ribalta, viene capovolto come in Sottosopra e ci si pone davanti una realtà totalmente differente.
I ritratti di Romina Bassu inducono a una riflessione non immediata. Dapprima disorientano e ci spingono a guardarci intorno per comprendere un senso generale nel loro insieme. Restiamo sospesi in un intervallo temporale e proviamo un profondo senso di familiarità di fronte a qualcosa che conosciamo ma che non cogliamo.
Da dove vengono queste emozioni?
Sono latenti nei nostri ricordi personali e nella memoria collettiva, nell’esperienza di ogni giorno e nel peso monolitico del “male gaze”.
Le opere della Bassu ci portano indietro nel tempo, rievocando il passato con colori tenui, pennellate veloci e non definite, riproducono atteggiamenti e immagini riconoscibili perchè ispirate al repertorio pubblicitario e cinematografico ma diventano qui inquietanti o grottesche. L’impatto è attenuato dall’“effetto cromatico della placenta pubblicitaria”, citando l’artista.
La rievocazione stessa del passato suscita nostalgia, un viaggio nel tempo che ci riporta al presente dove il “male gaze” è tutt’altro che superato.
In Rhapsody #8, ultimo acquarello di una serie in cui si alternano momenti di forzata gioia e attimi di sfinimento, vediamo un sorriso così euforico che sembra uscire dai margini, sta per lacerarsi, è forzato e trasmette inquietudine più che serenità o gioia.
Spesso nei dipinti dell’artista i tratti caratteristici dei volti vengono cancellati oppure appena accennati. Perdendo i propri connotati specifici queste donne divengono figure svuotate e private della loro identità.
Una nota inquietante che può tendere al grottesco, come possiamo vedere in Attacca (in copertina: Attacca, 2017, acrilico su tela, dittico cm 80 x 120,courtesy Studio SALES di Norberto Ruggeri, Roma), dove l’atto di mostrare una dentatura perfetta e un sorriso smagliante rimbalza ironicamente sull’immagine di un cane di piccola taglia che mostra i suoi denti aguzzi (sorride o minaccia?).
I corpi delle donne dipinti da Romina Bassu sono rappresentati talvolta frammentati, isolando alcuni dettagli e mostrandoli per quello che sono. Non simboli, non oggetti del desiderio, non modelli.
In Anancastica ad esempio due mani dipinte nell’atto di cucire incarnano lo stereotipo della “femminilità” per la posa elegante ed aggraziata e per il fatto stesso di cucire, eppure denunciano la conseguenza della ripetizione ossessiva: sono consumate.
In Push the Button, infine, isolando un capezzolo dal resto del corpo, esso è così privato di ogni attribuzione erotica e si mostra per quello che è: una parte di un tutto. Il formato ovale della tela aiuta ancora di più in questa operazione di decostruzione dell’immaginario sessuale costruito dal “male gaze” perchè non incornicia, non evidenzia ma è parte stessa dell’immagine, la sua forma appunto.
Molti altri i dipinti e gli acquarelli che troveremo presso Studio SALES. Romina Bassu ci parla con le immagini di argomenti su cui vale ancora la pena fermarci a pensare. La ricerca appassionata, la qualità dell’opera e la potenza del linguaggio figurativo sono solo alcuni dei motivi per cui incoraggiamo vivamente a visitare la mostra.
BIOGRAFIA
Romina Bassu è nata a Roma nel 1982, dove vive e lavora.
Si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e la Facultad de Bellas Artes di Siviglia. Approfondisce i suoi studi viaggiando fra Inghilterra, Germania e Spagna.
Nella primavera del 2017 vince il premio ARTFORARTSSAKE, a Berlino. Fra le mostre più recenti si ricordano: Campionario Analogico, Burning Giraffe Art Gallery, Torino (2017, S); Promises, Galleria Marcolini, Forlì (2017, S); Bubbles between lines, ZAION Gallery, Biella (2017, S); Social utopia / Studi aperti Festival, XII edizione, Ameno, Novara (2016, G); Carte Blanche, Galerie Olivier Nouvellet, Parigi (2016, G); Group psychology (and the analysis of the ego), Galleria Marcolini, Forlì (2015, G); Book Art Project, Fondazione Pastificio Cerere, Roma (2015, G); Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee 2015, Villa Brandolini, Treviso (2015, G); Mnemosyne, Meb arte studio, Novara (2015, S); Premio Combat, Museo Civico G. Fattori ex Granai di Villa Mimbelli | Museo di Storia Naturale di Livorno (2013, G).