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Apartheid in Israele: “Lottiamo assieme per un paese che sia democratico per tutti i suoi cittadini”

Il movimento Great Return March, che Dinamo ha seguito fin dall’inizio con interviste e approfondimenti, sta continuando le sue proteste sempre soffocate nel sangue, senza la luce dei riflettori mediatici che aveva all’inizio. La determinazione degli attivisti permette che ancora oggi ogni venerdì una corposa manifestazione si muova verso il muro che chiude Gaza. Ahmed Abu Artema è, fin dall’inizio uno degli organizzatori delle manifestazioni.

Ha suscitato molto clamore il video postato da Hillel Garmi, un obiettore di coscienza israeliano, che poco prima di andare in carcere ha dichiarato di fare questa scelta proprio ispirato dall’agire politico di Artema. In questa lettera aperta pubblicata sul portale indipendente 972mag, Artema gli risponde, con parole che dimostrano la maturità e la capacità di analisi sue e del movimento nonviolento che ha segnato, in questo 2018, un’altra tappa importante della storia della resistenza all’occupazione israeliana.

Le sue parole colpiscono perché parla dell’apartheid esistente in Israele, ma fatte le dovute proporzioni, non si riesce a non leggere tra le righe di denuncia elementi che stanno drammaticamente ritornando in questa Europa contagiata dalla violenza dei muri, della destra sovranista e del nazionalismo.

Grazie Hillel. Ci hai dato speranza.

La moralità di un posizionamento non è misurata da quanto strettamente rifletta l’opinione popolare ma dal suo valore unico. Nel corso della storia, coloro che non sono scesi a compromessi con i propri valori morali sono quelli che hanno portato un peso maggiore e hanno ispirato altri, anche se erano soli a scontrarsi con la visione mainstream. Quando una persona decide di prendere una posizione etica, questa realizza la propria chiamata in quanto essere umano, e si riconcilia con le ragioni per le quali siamo nati in questo universo, anche quando questo accade con ripercussioni sul proprio benessere.

Caro Hillel, ho letto la tua lettera e ho ascoltato il tuo video su Youtube. Hai fatto brillare una sensazione di speranza nel mio cuore: c’è un fondamento sul quale creare una realtà più giusta e umana tra il fiume Giordano e il Mediterraneo – una realtà che non trae la propria legittimazione dal numero delle persone che credono che può essere realizzata in questo momento, ma la trae dall’essere più realizzabile e più vicina ai valori di giustizia e uguaglianza ed è basata sul rispetto verso gli esseri umani piuttosto che sullo squalificarli.

 

La tua decisione è quello che aiuterà a mettere fine a questo oscuro periodo inflitto ai palestinesi e,al tempo stesso, mitigherà le paure di giovani generazioni di israeliani che sono nati in una situazione complicata e in un’area geografica turbolenta e privata di sicurezza e pace.

 

I palestinesi non cercano di gettare gli israeliani a mare e gli israeliani non possono ignorare il fatto che ci sono ancora 10 milioni di palestinesi che sognano il giorno in cui vivranno in libertà e ritorneranno alle case da cui sono stati rimossi forzatamente nel 1948.

 

Possiamo scegliere tra due opzioni e non ce n’è una terza: o troviamo un accordo su un compromesso per una esistenza condivisa garantendo diritti umani e uguaglianza o continueremo questo stato di instabilità per altri 70 anni.

 

Foto di: Abed Rahim Khatib/Flash90

 

Caro Hillel, sono cresciuto nella Striscia di Gaza, dove mio nonno ha cercato rifugio dopo essere stato forzatamente allontanato dalla propria città natale, Ramleh.

 

Invidio la tua possibilità di visitare Ramleh con facilità, mentre non sono mai stato capace di attraversare il valico di Beit Hanoun in tutta la mia vita. Già da giovane, ho vistosoldati israeliani che sparavano proiettili ai miei vicini e parenti e li arrestavano, che hanno demolito le loro case e hanno imposto coprifuoco che di solito ci imprigionavano nelle nostre case per giorni, a volte fino a due mesi.

Quando sono cresciuto, la violenza è cresciuta: le case non erano più distrutte da bulldozerma da F16 che scaricavano le proprie bombe, il conto dei morti passò dalle centinaia alle migliaia e i tanks hanno sostituito le jeep militari. Nel 2005 [a seguito del ritiro israeliano da Gaza]  l’esercito israeliano si è dispiegato attorno alla Striscia, ha rafforzato l’assedio e ha chiuso tutti i valichi, impedendo ai palestinesi di muoversi liberamente via terra, mare o aria. Negli anni successivi ha lanciato tre guerre in cui più di 3500 palestinesi sono stati uccisi.

 

Mio caro Hillel, a scuola ho imparato la legge di Newton, che stabilisce che ogni azione ha una reazione uguale e contraria.

 

Negli scorsi 70 anni il popolo palestinese è stato soggiogato a trasferimenti forzati, occupazione, colonie, uccisioni, detenzioni e assedi. È possibile che, dopo tutto questo, il governo israeliano si aspetti ancora sicurezza e stabilità? Si, i palestinesi sono militarmente ed economicamente più deboli, ma mantenerli in questa situazione,che è il contrario di giustizia e di diritti umani oltre alla mancanza di speranza, li porterà ad una reazione simile. Tutto questo rafforzerà instabilità e priverà Israele dell’esistenza come stato normale che investe le proprie risorse in scoperte scientifiche e prosperità economica.

 

Caro Hillel, siamo ora nel 2018, in cui la coscienza umana non può più accettare parole come persecuzione razziale, occupazione e l’umiliazione di una nazione da parte di un altra.

 

Il mondo oggi è in unaposizione di maggiore apertura e interconnessione, economica e culturale al tempo stesso. I muri che dividono le persone e le culture stanno venendo distrutti. L’esistenza di un paese che erigemuri di cemento per imprigionare differenti gruppi etnici è qualcosa che non si può più vedere, che non risponde allo spirito del nostro tempo.

Credo che la soluzione sia vicina e possibile. Non richiederà più del coraggio di prendere iniziativa e vedere le cose in una prospettiva diversa, dopo che le soluzioni tradizionali non sono riuscite a ottenere un accordo giusto.

 

Lottiamo assieme per i diritti umani, per un paese che sia democratico per tutti i suoi cittadini, e perché israeliani e palestinesi possano vivere assieme in base a cittadinanza e uguaglianza, non in base a razzismo e segregazione.

 

Capisco che ci sono molti ostacoli sulla strada, ma merita che tutti coloro che sono liberi si sforzino per raggiungere questa soluzione e che noi possiamo dedicare le nostre vite finite ad avvicinarci alla sua realizzazione, perché è l’alternativa più umana e giusta. Di più, lo sforzo di coloro che lottano per raggiungerla è ancora più sensato: fa sì che non sia possibile né per israeliani né per palestinesi negare l’esistenza dell’altro. Come ho imparato dal Corano: quello di cui tutti beneficiano resta in terra, il resto svanisce come schiuma.

Articolo pubblicato su: 972mag.com

Traduzione a cura di DINAMOPress. Foto di copertina: Activestills.org