EUROPA
Lo sciopero della fame e della sete del prigioniero politico Patxi Ruiz
Da 19 anni in carcere, si è unito alla protesta degli altri detenuti del carcere di Murcia II. Dopo quasi due settimane senza cibo e acqua è ricoverato in ospedale
Il prigioniero politico basco Patxi Ruiz è arrivato al dodicesimo giorno dello sciopero della fame e della sete iniziato. Ruiz si trova in carcere da 19 anni, al momento a Murcia a 800 km da casa. La sua lotta di è iniziata nel contesto di una crisi sanitaria globale che colpisce duramente le carceri. Ruiz si è unito a tanti altri detenuti nel carcere di Murcia II chiedendo:
– la libertà dei detenuti malati e di coloro che hanno quasi finito di scontare la pena;
– la possibilità di ricevere visite;
– i dispositivi sanitari per non essere infettati dal virus (maschere, guanti, ecc.) e test su detenuti e carcerati
– la possibilità in caso di morte di un parente, di partecipare al funerale, cosa che allo stesso Ruiz era stata negata, precedentemente, in occasione della morte di suo padre.
Dopo un presidio nel carcere il direttore della prigione ha segnalato Ruiz come responsabile di queste proteste, minacciandolo di inasprire ulteriormente le condizioni già molto dure di detenzione. A quel punto, Ruiz si è procurato delle lesioni per protestare contro una catena di aggressioni sistematiche, è stato portato d’urgenza in infermeria e lì ha subito insulti da parte del medico e dell’infermiera della prigione, che non lo hanno assistito adeguatamente.
Quando è tornato in cella ha deciso di iniziare uno sciopero della fame e della sete a tempo indeterminato, la risposta più estrema che un prigioniero politico possa fare. In questo sciopero, il prigioniero mette in gioco la sua vita.
Giovedì sera Ruiz è stato portato in ospedale e ora la sua vita è appesa a un filo, potrebbe morire da un momento all’altro. Ci ha fatto arrivare le sue rivendicazioni:
1 – Tenendo conto del trattamento che in questi anni ha subito e, soprattutto, quello che sta ricevendo nel carcere di Murcia, Ruiz chiede che il carcere si assuma le responsabilità che ha in questa situazione e che la sicurezza della sua integrità fisica sia garantita;
2 – Pretende la sospensione immediata dell’atteggiamento tenuto di direttore, medico e carcerieri, di minacce, percosse e insulti.
3 – Chiarisce che la sua lotta è politica e mette come condizione di uscire vivo ed essere trasferito in Euskal Herria e, insieme a lui, anche il resto dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche.
4 – Che tutti i detenuti non baschi siano trasferiti il più vicino possibile ai loro luoghi di residenza.
5 – Esprimere tutto il suo affetto a chi continua a lottare, come l’Eppk (collettivo dei detenuti politici baschi) che mantiene saldamente i principi e gli ideali che li ha portati alla lotta.
Accanto a queste richieste, Patxi vuole inviare un forte abbraccio e un ringraziamento a tutte le persone che hanno manifestato in Euskal Herria e lo hanno sostenuto.
Le carceri spagnole sono, come le altre, luoghi di distruzione e annientamento della persona, per questo l’unica e drammatica protesta è quella di ribellarsi e continuare a combattere in qualsiasi modo, fuori e dentro le carceri.
Lottiamo per porre fine alla violazione dei diritti nelle carceri.
Lottiamo perché duecento Euskal Presoak possano tornare a casa.
Appello di ex detenuti politici della Txantrea – Iruñea (quartiere di Patxi)