approfondimenti

ROMA

Liberarsi dal cemento per resistere all’emergenza climatica

Un gruppo ecologista è entrato in azione depavimentando un’area di periferia romana. Liberarsi dal cemento, lasciare spazio a terra e acqua è diventata una pratica di tutela degli ecosistemi e di adattamento climatico in un’ottica di equità sociale che è sempre più diffusa, in aperta opposizione alle amministrazioni che continuano a costruire ed asfaltare

Il Fronte di Liberazione dal Cemento ha diffuso immagini di un’azione compiuta nei giorni scorsi a Roma Est. Attivist3 del gruppo, con l’aiuto di badili, picconi e martelli pneumatici, hanno depavimentato una porzione di parcheggio abbandonato, in una zona della periferia romana altamente cementificata, piantando alberi nel terreno così ricavato.

Nel comunicato di rivendicazione scrivono «Abbiamo oggi liberato alcuni metri quadrati di periferia romana dalla gabbia del cemento. Lo facciamo per far respirare la terra, far crescere la natura, per resistere al cambiamento climatico che avanza inesorabilmente».

Le ragioni ecologiche di opposizione al cemento in città sono molteplici. Ormai è risaputo che esso è tra le cause che scatenano l’effetto isola di calore, che può far aumentare la temperatura delle città di 3-5°C rispetto alle aree circostanti, soprattutto nei periodi estivi.

Inoltre, il cemento causa anche il deflusso delle acque piovane che, non riuscendo a penetrare nel suolo, trascinano con sé inquinamento, plastica e metalli pesanti nei fiumi e nei corsi d’acqua. Secondo le stime, per ogni 1.000 mq di superficie depavimentata, potrebbero essere assorbiti ogni anno circa 1 milione di litri d’acqua, riducendo il deflusso e filtrando gli inquinanti, contribuendo così alla ricarica della falda acquifera.

Sempre nel comunicato di rivendicazione, il Fronte collega l’azione alle politiche antiecologiche della giunta Gualtieri a Roma. Infatti scrivono: «Ancora oggi a Roma la lobby del cemento influenza le politiche pubbliche delle amministrazioni che si rifiutano di fermare il consumo di suolo e continuano a cedere metrature e cubature ai palazzinari. Proprio in questa direzione vanno le modifiche delle Norme tecniche attuative del Piano regolatore di Roma, [in questi giorni in discussione in Campidoglio, ndr] facilitando l’arrivo dei già previsti 1 milione di mc nella Capitale. Il Giubileo è stato una ulteriore fattore che ha determinato la cementificazione della città, lo si vede in tante opere che hanno nella pavimentazione pressoché totale un tratto distintivo, da San Giovanni a Termini».

L’opposizione al cemento, nella denuncia del Fronte, ha a che vedere anche con l’ingiustizia sociale connessa al processi di adattamento climatico. Infatti nelle periferie e nelle zone caratterizzate da alta densità abitativa e bassi livelli socio economici è fondamentale difendere e aumentare i luoghi verdi, le aree non edificate e non pavimentate, perché esse sono indispensabili per trovare riparo dal calore in aumento, sopratutto per persone prive degli strumenti economici per difendersi in altro modo dall’innalzamento delle temperature.

De-pavimentare dovrebbe essere pertanto una priorità di istituzioni che volessero tutelare la popolazione e avviare progetti di adattamento climatico in ottica di equità e giustizia sociale. Secondo molti studi, infatti, la gestione delle possibili forme di adattamento climatico sarà un fattore generatore di tensioni e conflitti sociali anche in Europa nei prossimi anni.

Al contrario, la giunta Gualtieri continua a promuovere progetti di cementificazione quali lo stadio di Pietralata o le minacciate edificazioni all’interno del Pratone di Torre Spaccata, entrambi in periferie romane altamente abitate e bisognose di aree verdi.

Il problema del rapporto con il cemento invasivo è indubbiamente romano, ma è anche vissuto a livello globale. Negli Stati Uniti da tempo è attivo il movimento Depave che ha l’obbiettivo di supportare le comunità che vogliono vincere le ingiustizie sociali e ambientali e adattarsi al cambiamento climatico attraverso la depavimentazione di contesti urbani. Con obiettivi simili è nato un movimento analogo anche in Canada, mentre nei giorni scorsi una azione simile si è svolta anche a Bologna.

Il Fronte di Liberazione dal Cemento fa intendere che quella dei giorni scorsi è solo una prima azione di una lunga battaglia, che si spera possa riprodursi spontaneamente, proprio come l’erba che nasce spaccando il cemento e rompendo l’asfalto, proprio in primavera.

Foto e video di Fronte di Liberazione dal Cemento.

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