approfondimenti

ITALIA

Liberə di insegnare, una critica collettiva alle Nuove indicazioni Valditara

Le “Nuove indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione” propongono una didattica della storia gerarchica, nazionalista, eurocentrica e neocoloniale. Mancano del tutto le prospettive di genere. Il dialogo con Vinzia Fiorino, presidente della Società italiana delle storiche

Il 31 marzo, è stato pubblicato un comunicato congiunto da parte di molte società storiche Osservazioni sull’insegnamento della Storia nei Materiali per il dibattito pubblico relativi alle Nuove indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione.

Si tratta di un testo in risposta e critica alle Osservazioni sull’insegnamento della Storia nei Materiali per il dibattito pubblico relativi alle Nuove indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione promosse dal Ministro Valditara.

Nello specifico hanno sottoscritto il documento: Società italiana delle storiche (SIS), Società italiana di storia del lavoro SISLAV), Società italiana per lo studio della storia contemporanea (SISSCO), Società italiana per la storia medievale (SISMED), Società italiana per lo studio della storia dell’età moderna (SISEM), Società italiana di storia internazionale (SISI), Consulta universitaria storia greca e romana (CUSGR), Società italiana di didattica della storia (SIDIDIDAST), Consulta universitaria per la storia delle religioni (CUSR), Associazione italiana di public history (AIPH), Associazione italiana di studi di storia dell’Europa centrale e orientale (AISSECO), Società italiana di storia ambientale, Società italiana di storia delle istituzioni, Società italiana di storia della ragioneria (SISR), Consulta universitaria per la storia del cristianesimo e delle chiese.

Sguardi sul passato e orizzonti sul futuro

Le Nuove indicazioni sono presentate come chiara espressione di un «drammatico schiacciamento su un eterno presente da parte di una società che ha smesso di immaginare il proprio futuro e ha dunque enormi difficoltà a pensare il proprio passato». Dalla sostanza e dai metodi proposti e che si vorrebbe imporre – senza considerare la libertà di insegnamento – trasudano un sapore nostalgico verso certi momenti bui della storia italiana, la noncuranza rispetto alla formazione di uno sguardo critico dellə studentə, la volontà di disciplinare piuttosto che di fornire gli strumenti per un’educazione plurale.

Il comunicato collettivo denuncia chiaramente il ritorno al nozionismo come strumento di «una concezione pedagogica e politica della storia che appare fortemente nostalgica del Novecento». Le Nuove indicazioni insistono sua una dimensione «esplicitamente basata sull’evocazione emotiva di determinati momenti della storia nazionale» con l’evidente finalità di formare studenti (e sottolineo il maschile) dalla marcata identità nazionale, privi di capacità analitica sul passato e formati attraverso giudizi morali trasmessi dall’alto, con una chiara funzionalità di convenienza politica per il governo.

Italo-centrismo e assimilazione sociale

D’altro canto, ciò è evidente anche nella scelta dei temi e dei loro perimetri a partire dall’infelice incipit per cui solo l’Occidente conoscerebbe la storia.

Sottolineare la necessità di focalizzarsi sulla dimensione nazionale italiana è indice di una profonda ignoranza delle importanti conquiste metodologiche di una storiografia ormai consolidata per cui l’ampliamento delle prospettive, sia sul piano geografico che disciplinare, non diminuisce ma consolida la comprensione della storia nazionale nelle sue sfumature.

Disconoscere questi passaggi depotenzia in maniera evidente e drammatica quelle che sono le finalità stesse dell’insegnamento della storia, ossia osservare in maniera ampia e complessa, in chiave diacronica, i fenomeni di sviluppo delle società umane.

Come sottolineato all’interno di un altro documento, A proposito delle Nuove indicazioni 2025 per il primo ciclo d’istruzione. Ovvero, come fare a meno della società e del lavoro nell’insegnamento della storia a scuola, pubblicato dalla Società italiana di storia del lavoro (SISLAV), assumere «una prospettiva di questo genere, tendenzialmente italo-centrica in senso esclusivo, significa privare le alunne e gli alunni fin dalle prime esperienze scolastiche di una forma mentis e di un approcciarsi all’interpretazione della realtà che sia in grado di cogliere e di dialogare con una realtà globale che indubbiamente va ben oltre, anche nel vivere quotidiano, questa stessa dimensione nazionale». Nondimeno, quando nelle Nuove indicazioni «si arriva all’insegnamento della storia nella scuola primaria, intesa come chiave interpretativa centrata esclusivamente sul processo di civilizzazione occidentale e sull’identità nazionale», la presa d’atto di una sempre maggiore presenza di persone straniere è accompagnata da un’enfasi ulteriore sulla necessità di conoscenza dell’identità storico-culturale italiana. Questa esortazione, presentata come strumento per facilitare l’integrazione, finisce «ad assomigliare molto all’assimilazione».

Che genere di indicazioni?

In linea con l’anacronismo e la velleità politico conservatrice delle Nuove Indicazioni, spicca l’assenza sostanziale di tematiche relative alla storia ambientale e di sguardi di genere.

Rispetto a quest’ultimo punto ho parlato con Vinzia Fiorino, la presidente della Società italiana delle storiche (SIS). Tale società ha firmato il documento collettivo menzionato e ha a sua volta pubblicato un proprio comunicato che evidenzia con forza la presenza di «passaggi oscuri e interpretazioni storiografiche superate e a dir poco discutibili» e di un chiaro obiettivo di costruire «una scuola rigidamente gerarchica, in cui il sapere storico è un pacchetto preconfezionato da somministrare a studenti considerati come soggetti incorporei e astratti».

Nel comunicato SIS si rimarca con forza che le Nuove indicazioni «propongono un modello di scuola gerarchico fondato sulla trasmissione di contenuti, sulla centralità della figura del “Maestro” – a fronte di un corpo docente composto per la maggior parte da insegnanti donne –, sull’educazione al “principio di autorità” e sull’accettazione delle regole».

Fiorino su questo aggiunge che «coerentemente con quanto proposto da tempo, penso simbolicamente all’auspicio di ripristinare la pedana nelle aule scolastiche per innalzare la cattedra, si propone un certo autoritarismo, tanto anacronistico quanto inefficace, che appare oggi del tutto forviante e fallimentare».

La SIS non si stupisce che «in queste pagine sia riproposta quella visione essenzialista fondata sul binarismo e sulla complementarità dei generi che è essa stessa matrice della violenza contro le donne e non si tenga in nessun conto la necessità di percorsi di educazione al genere, alle differenze di genere e all’educazione sessuo-affettiva». Tuttavia, a differenza di quanto propongono le Nuove indicazioni, per Fiorino lo sguardo storico dovrebbe «stimolare una riflessione sulle ragioni culturali che hanno costituito per il passato quell’humus che ha sorretto la violenza di genere e che oggi, in condizioni diverse, mantiene molti elementi di continuità. Questo tema – tragico e attualissimo ahimè – rappresenta un ottimo esempio per cogliere la centralità della conoscenza storica nella comprensione dei fenomeni e delle problematiche odierne».

Nuove pratiche

Una visione e una pratica alternative rispetto a quelle indicate da Valditara sono possibili e già esistono. Ciò trova riscontro «alla luce delle ricerche condotte nell’ambito della nostra associazione sulla violenza di genere in prospettiva storica e delle iniziative di formazione organizzate negli ultimi anni sul tema», tra cui Fiorino sottolinea «decenni di ricerca didattica e di formazione delle e degli insegnanti su cui la SIS (ente di Terzo settore riconosciuto dal Ministero per la formazione delle/dei docenti) ha lavorato con risultati apprezzati e che condivideremmo volentieri, se solo la commissione ministeriale ci degnasse di un’audizione».

Ci sono quindi occasioni concrete per promuovere e attuare nuove pratiche che, a partire dall’analisi storica e di genere propongano un metodo didattico che guardi «al rinnovamento dei canoni disciplinari» e che continuino a «lavorare in direzione di una ridefinizione della relazione educativa attraverso la valorizzazione dei soggetti che la realizzano, dei loro corpi, delle loro esperienze e delle loro conoscenze, riconoscendo la loro dignità. Questo comporta il necessario superamento della dimensione trasmissiva e la considerazione dei saperi quali costruzioni collettive in continua trasformazione». Per Fiorino questo significa «porre al centro la personalità delle bambine e dei bambini, su cui Maria Montessori ha fornito delle riflessioni importanti, apprezzate nel mondo e ancora oggi attuali; porsi in ascolto delle ragazze e dei ragazzi nel vivo delle loro difficoltà e dei loro smarrimenti adolescenziali; affrontare senza pregiudizi il tema delle relazioni affettive e non per questo rinunciare al ruolo educativo e formativo. Anzi».

La libertà di insegnamento

Le Nuove indicazioni, vanno nella direzione assolutamente contraria rispetto a quanto proposto dalle diverse società storiche citate e dalla SIS per cui «a dispetto di un’antistorica prospettiva nazionalista, eurocentrica e neocoloniale, che propone ancora una volta la cultura occidentale come fulcro e metro del mondo, abbiamo bisogno di rendere visibili le differenze di genere, socioculturali, di età, di abilità e di valorizzarle nei percorsi formativi, nei curricoli e nei libri di testo». Ciò «non significa proporre una storia militante, ma considerare le consolidate acquisizioni degli studi postcoloniali e le contaminazioni tra ambiti disciplinari, non soltanto in considerazione della composizione multiculturale delle nostre classi, ma anche al fine di educare/educarci tutte e tutti alla complessità e alla convivenza democratica». Piuttosto, la marcata intenzione politica e conservativa attraversa le Nuove Indicazioni nella loro interezza. Queste, per Fiorino, «forse rispondono a posizioni repressive e sbrigative che sicuramente serpeggiano nella società odierna; a chi la pensa diversamente il compito di controbattere nel merito delle proposte governative avanzate e alla luce delle buone esperienze maturate».

La postura, infine, rigidamente prescrittiva e ideologica della bozza pubblicata impone di ricordare con forza un principio costituzionale a cui siamo e vogliamo restare legatə: ci vogliamo liberə di insegnare!

L’immagine di copertina è di Giordano Pennisi Scattomancino

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