MONDO
Le politiche del governo dietro il ritorno della violenza in Colombia
Le ultime settimane del 2020 sono state tra le più violente in Colombia dall’inizio dell’anno, caratterizzato da un inasprimento della violenza con omicidi, massacri, sparizioni, spostamenti forzati e altri disastri che continuano a colpire le comunità su tutto il territorio nazionale
Nei massacri dei dipartimenti di Cauca e Antioquia sono rimaste uccise tredici persone alla fine di novembre; nei dipartimenti di Nariño e Risaralda sono stati confermati rispettivamente gli omicidi di Byron Revelo Insuasty e Douglas Cortés, docenti e leader sindacali; nel comune di Linares (dipartimento di Nariño) il 20 novembre è stato assassinato il leader sociale Jhonny Walter Castro.
La risposta istituzionale davanti a questo panorama di violenza è arrivata dal ministro della Difesa Carlos Holmes Trujillo che, in seguito al consiglio di sicurezza tenutosi a Betania nel dipartimento di Antioquia, ha affermato che la prima causa della violenza è il narcotraffico, «il peggior nemico dei colombiani».
Ma in un’altra occasione, nonostante l’agitazione e le violenze di novembre e l’alto numero di omicidi e massacri che ci sono stati durante l’anno, il ministro Holmes Trujillo in una conferenza stampa del 23 novembre ha dichiarato che «i principali indicatori di violenza e criminalità hanno registrato un calo».
Visione riduzionista del governo
Lourdes Castro, coordinatrice del programma Somos Defensores, ha segnalato che il governo nazionale – in particolare il ministro della Difesa – ha adottato una posizione «negazionista» davanti alla grave situazione dei diritti umani nel Paese e continua a minimizzare le cause della violenza in ottica riduzionista, «basandosi su una diagnosi parziale e limitata che consiste nell’attribuire la responsabilità di tutto ciò che succede al narcotraffico». Ha inoltre sottolineato che «dopo un fine settimana così, insistere sul fatto che gli indici di violenza si stiano abbassando significa ignorare la realtà».
Dal canto suo, il professor Camilo González Posso, direttore dell’Instituto para el desarrollo y la paz (Indepaz), ha affermato che le dichiarazioni del ministro Holmes Trujillo, che ricorre al narcotraffico per giustificare ogni episodio di violenza, «sono assurde» perché davanti agli omicidi mirati di leader sociali e sindacali l’ipotesi dovrebbe essere un’altra: è evidente che è stata orchestrata un’«azione criminale contro i leader che sono a capo delle proteste e che si oppongono alla politica del governo».
A tal proposito, González Posso ha evidenziato che il 45% dei leader sociali assassinati avevano partecipato in maniera attiva a manifestazioni, mingas o mobilitazioni, per cui far risalire tutte le forme di violenza al narcotraffico è un «mito mistificatore».
«Dovremo chiedere al ministro [Carlos Holmes Trujillo] se i docenti, i leader accademici e gli ambientalisti sono stati uccisi dal narcotraffico»: afferma Camilo González Posso, direttore di Indepaz.
Il professor González Posso ha aggiunto che una posizione di questo tipo da parte del governo distoglie l’attenzione dalle azioni realizzate nell’ambito della politica di pubblica sicurezza, disorienta le autorità di fronte a una diagnosi limitata e, inoltre, «distorce l’azione della Forza Pubblica».
In aggiunta, Lourdes Castro ha voluto evidenziare che non è che il governo ignori quello che sta succedendo e non ne riconosca le cause: ne è pienamente cosciente, ma non è interessato a contenere questo tipo di situazioni perché, in un modo o nell’altro, la violenza che dilaga in tutto il Paese «legittima il discorso politico-ideologico del suo mentore [Álvaro Uribe Vélez, ex presidente], il discorso della sicurezza democratica».
La posizione del governo ignora le cause della violenza
Per González Posso, il discorso del governo ignora il fenomeno della violenza in Colombia riducendo ogni episodio al narcotraffico, quando nel Paese ci sono contese per la terra e per le risorse, conflitti associati ai grandi progetti economici di infrastrutture o di attività minerarie ed energetiche, aggressioni derivanti dalla riorganizzazione del paramilitarismo e da una molteplicità di cause che sono state ignorate dal discorso riduzionista sul traffico di droga.
«In Colombia si è consolidato un modello violento di accumulazione di ricchezza e potere, un modello mafioso in stretto rapporto con l’eredità lasciata dal paramilitarismo» afferma Camilo González Posso, direttore di Indepaz
Inoltre, ha individuato come ulteriore causa di questa situazione il rifiuto del governo di applicare integralmente l’accordo di pace, una scelta che ha resuscitato un clima di violenza: «Hanno abbandonato la politica di pace per riadottare una politica di guerra, e questa decisione sta riaccendendo i motori della violenza su diversi fronti», continua Camilo González Posso.
Allo stesso modo, Lourdes Castro ha sottolineato che il governo «ha manifestato la propria volontà di voler distruggere l’accordo», una scelta che non permetterebbe di prendere una strada diversa da quella della violenza, in cui verrebbe data priorità alla costruzione della pace. «L’inosservanza dell’accordo di pace è l’elemento scatenante di questa nuova ondata di violenze che stiamo vivendo nei nostri territori» conclude Lourdes Castro, coordinatrice del programma Somos Defensores.
Articolo pubblicato sul sito di Contagio Radio. Traduzione in italiano di Giulia Di Filippo per Dinamopress
Immagine di copertina e nell’articolo: Casa Fractal Cali