OPINIONI
Le parole sono ancora importanti?
La XIX legislatura è iniziata con le elezioni dei Presidenti di Camera e Senato e un nuovo discorso pubblico di Fratelli d’Italia che coniuga responsabilità democratica e riscatto revenchista e postfascista
La XIX legislature è iniziata. Giovedì è stato eletto La Russa Presidente del Senato e a seguire Fontana Presidente della Camera. Due uomini che rappresentano perfettamente il connubio tra il vecchio e il nuovo che tiene insieme questa maggioranza. Si è avviato anche il nuovo discorso istituzionale di Fratelli d’Italia, diverso da quello utilizzato in campagna elettorale.
Nella Prima Repubblica la prassi parlamentare lasciava spazio alle minoranze nelle elezioni dei presidenti del Parlamento, prassi che è stata stracciata con il primo governo Berlusconi, che elesse Scognamiglio (Forza Italia) al Senato e Pivetti (Lega Nord) alla Camera. Quella fu anche la prima legislatura in cui Alleanza Nazionale, erede del Movimento Sociale Italiano, partecipò attivamente a un esecutivo. L’unico precedente era stato il 1960, quando l’MSI, partito che non aveva preso parte alla Costituente e non si riconosceva nei valori antifascisti della Costituzione, votò l’appoggio esterno al governo democristiano di Tambroni, il governo fu costretto a dimettersi dopo le giornate di Genova, quando la città insorse contro lo svolgimento del congresso missino e in seguito il partito della fiamma tornò a essere escluso dall’arco costituzionale fino al 1994.
Meloni dalla vittoria elettorale è già immersa nel suo nuovo ruolo istituzionale e ha profuso diversi sforzi per cercare di rassicurare le istituzioni internazionali, ma anche nazionali, della sua fede nei valori democratici ed europei. Allo stesso tempo al centro del discorso di Fratelli d’Italia risuona il sentimento di rivincita di chi per lungo tempo è stato posto ai margini della vita politica istituzionale, di chi per la sua inclusione doveva ringraziare Berlusconi giurandogli fedeltà, di chi è tornato a percentuali del 3-4% quando ha negato la sua fedeltà al Cavaliere.
Meloni, infatti, nel suo primo discorso subito dopo l’annuncio dei risultati elettorali spiega che la sua vittoria è frutto del «confronto democratico», contenta per i voti ricevuti si rammarica per l’alto astensionismo, per questo lei e il suo partito punteranno a «ricostruire il rapporto tra Stato e cittadini», perché «non tradiremo l’Italia come non l’abbiamo tradita mai». Rassicurata l’opinione pubblica sui valori democratici, Meloni continua: «questa è una notte di orgoglio, una notte di riscatto, che dedico a tutte le persone che non ci sono più e che meritavano di vedere questa nottata».
Questo discorso che coniuga responsabilità e linguaggio democratico da un lato e riscatto revanchista e linguaggio postfascista dall’altro lo ritroviamo anche nelle parole di La Russa nel suo primo discorso da Presidente del Senato. La Russa – che con Meloni è stato parte di Alleanza Nazionale, ha partecipato al governi Berlusconi IV e infine fondato Fratelli d’Italia – spende una buona parte del suo primo discorso al Senato a rassicurare che sarà il “presidente di tutti”, come prevede questo ruolo istituzionale, e che assumerà questo incarico con responsabilità ma senza negare le sue radici. «Sono stato sempre un uomo di parte, di partito più che di parte, ma in questo ruolo non lo sarò» ma spiega La Russa che affronterà questo incarico «cercando sempre di cogliere dagli eventi ogni utile occasione di crescita, anche di messa in discussione delle proprie posizioni. Non rimanere abbarbicato a idee immutabili, ma svilupparle senza tradirle, è stato l’impegno non solo mio, ma della mia parte politica in maniera larga».
La Russa fa un passaggio in più rispetto al primo e veloce discorso di Meloni e affonda il coltello nella ferita mai rimarginata «della stagione delle violenze, del terrorismo politico» di cui lui stesso è stato protagonista a Milano. Ricorda i tanti ragazzi «di ogni colore politico che hanno perso la vita solo perché credevano in degli ideali». Conclude, non a caso, citando il discorso che fece Violante quando diventò Presidente della Camera nel 1996, omettendo la sua parte più controversa, che citiamo per comprendere a pieno il tema di fondo: «occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà».
La Russa ritorna, quindi, su uno dei fondamenti che hanno dato vita alla Seconda Repubblica cioè l’equiparazione degli “opposti estremismi” sia della stagione degli anni ’70 che del periodo fascista. Sulla base di questa idea è stata istituito il giorno del ricordo dedicato alle foibe, cercando di equiparare queste ultime ai lager nazisti. Mentre le stragi ancora impunite, da Piazza Fontana alla Stazione di Bologna, vengono ricordate nella giornata dedicata alle vittime del terrorismo istituita il giorno dell’uccisione di Aldo Moro, il 9 maggio. Non è un caso che “Libero” il giorno dopo l’elezione di La Russa titolava «La guerra è finita» con la foto di La Russa che dona i fiori a Segre.
Sono parte di un discorso sul riscatto morale le citazioni che Meloni fa di San Francesco sul “fare l’impossibile” e che La Russa fa di Pertini sull’“andare avanti anche senza speranza”, ribaltando i messaggi di entrambi i personaggi storici, si promuove un’immagine di Fratelli d’Italia come progetto politico di valore andato avanti nonostante tutto e nonostante tutti. Parte delle rassicurazioni democratiche, invece, sono le dichiarazioni di Meloni, La Russa e Fontana per l’anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma. Qui si usa una strategia comune al centro-destra degli ultimi venti anni, cioè di esonerare dalle critiche il regime fascista precedente allo scoppio della seconda guerra mondiale e incolpare prevalentemente la Germania nazista.
Quindi la vittoria di Meloni si inserisce in un lungo processo, iniziato con la Seconda Repubblica, di svuotamento dei valori antifascisti della Costituzione, e ne costituisce un ulteriore passaggio. È questo svuotamento in corso da più di venti anni, animato anche dal centro-sinistra, che ha reso vani i richiami pre-elettorali all’antifascismo per arginare il voto a Meloni.
Così Meloni e La Russa possono giustamente far loro un linguaggio democratico ormai affievolito della sua forza, riagganciandoci un vocabolario di vecchie parole anch’esse un po’ sbiadite come l’onore, il tradimento, la tradizione, la patria, i patrioti. E le parole di Fontana nel suo primo discorso alla Camera suonano ancora più vuote: il ruolo centrale del Parlamento, l’orgoglio per il nostro Paese così pieno di ingegno, creatività e bellezza, la tutela dei più fragili e dei poveri.
Eppure nel nostro paese è in corso una lotta per la risignificazione delle parole e forse non sarà il tema storico del fascismo a far emergere questo scontro. Ma alcune questioni che sono rimaste ai margini di questi discorsi: La Russa che parla della tutela dell’infanzia e della natalità, dell’ecologia che non deve dimenticare le relazioni umane, Fontana che sottolinea il tema della diversità, e ribadisce il tema dell’orgoglio dell’essere italiani. O per dirla in maniera più chiara, come abbiamo scritto dopo le elezioni: «la difesa dei confini contro la cosiddetta “sostituzione etnica”, la centralità della nazione contro il “globalismo” e la famiglia tradizionale contro la “teoria gender”».
Foto via Twitter del Senato