EUROPA
La vittoria di Ayuso a Madrid e il ritorno dei neocon
Lo scorso 4 maggio, la sinistra ha preso sul serio un’immagine caricaturale della destra madrilena e questo ha portato a una schiacciante vittoria del progetto politico dei neoconservatori
Negli ultimi mesi, la descrizione di Isabel Díaz Ayuso [Presidente della Comunità di Madrid dall’agosto 2019 – ndt] da parte della sinistra si basava su alcune argomentazioni alquanto semplicistiche. Concentrandosi sull’irrazionalità, la follia o le “stupidaggini” della presidente della Comunità di Madrid, la sinistra ha dato per scontata l’esistenza di un ampio senso comune che avrebbe affondato il Partito Popolare per la sua gestione della pandemia.
Al contrario, come se Madrid vivesse in due società parallele, da mesi i sondaggi sulla stampa vicina all’Ayusismo annunciavano una forte crescita elettorale per il PP. Alla fine, quei sondaggi di destra, spinti dal fallimento della mozione di sfiducia nella Regione di Murcia, li hanno portati a ottenere risultati storici.
I dati li conosciamo già e sono devastanti. Nonostante l’aumento del 12% dell’affluenza, fatto che avrebbe dovuto favorire la sinistra, il PP ha ottenuto più di 1,6 milioni di voti.
Si tratta di dati molto simili a quelli delle maggioranze assolute che Esperanza Aguirre [ex-presidente del Senato e Ministro dell’Educazione negli anni ’90, – ndt] aveva ottenuto nel 2007 e nel 2012, anche se con la grande differenza che all’epoca Vox, che in queste elezioni ha guadagnato altri 330.660 voti, non esisteva.
A partire da questo, dobbiamo porci alcune domande: è possibile avere un’immagine un po’ più fredda e distaccata del progetto di Ayuso? È possibile analizzare la sua proposta politica e comprendere le ragioni che muovono i suoi 1,6 milioni di elettori?
L’esercito del PP di Madrid
Due anni fa sembrava impossibile che il Partito Popolare di Madrid, nella sua versione aznarista-neoconservatrice, potesse decollare. Tutti i suoi esponenti e “clan” di potere erano stati smantellati ed espulsi dalla prima linea della politica dopo le operazioni anticorruzione.
D’altro canto, una parte importante dei think tank, delle fondazioni e delle organizzazioni che avevano alimentato le mobilitazioni contro il governo Zapatero e che hanno guidato buona parte della tendenza neocon madrilena e spagnola costituiscono adesso il fulcro di Vox: la Fondazione Denaes [acronimo di Difesa della Nazione Spagnola – fondazione che promuove la conoscenza e le rivendicazioni della Nazione Spagnola, diretta in precedenza dall’attuale presidente di Vox – ndt], il GEES Gruppo di Studi Strategici [molto vicina ai think tank neocon americani – ndt] o la Rete Floridablanca. Mentre la destra del partito andava verso Vox, l’ala liberale del PP veniva attaccata e smantellata da Ciudadanos.
Di fronte alla crisi, al PP aznarista non è rimasto altro che pescare dalla terza generazione di giovani cresciuti nel neoconservatorismo. La sua scommessa nazionale, inizialmente vincente, si concentrava su Pablo Casado, pupillo di Aznar quando era presidente delle Nuove Generazioni [organizzazione giovanile del PP – ndt]. Ma nemmeno Pablo, chiamato a superare l’eredità del “moderato” Mariano Rajoy, ha soddisfatto le aspettative. La sua rottura con la linea aznarista si è conclusa con uno scontro interno tra mille clamori che ha portato al licenziamento di Cayetana Álvarez de Toledo da portavoce del PP alla Camera dei Deputati.
Al momento, il progetto neoconservatore si riduceva a poche apparizioni sui media del muscolare ex-presidente e ai magri risultati elettorali di Madrid nel 2019 con appena 720.000 voti. Con il futuro del partito nelle mani di Isabel Díaz Ayuso, nota per essere stata la Community Manager di Esperanza Aguirre e del suo cane, molti avevano dato per perso il feudo di Madrid e, con esso, le posizioni del PP come partito nazionale.
Tuttavia, dopo appena due anni, il blocco neoconservatore dei popolari è risorto dalle sue ceneri.
Ayuso si è presentata nella campagna replicando la spavalderia di Esperanza Aguirre, mentre Pío García Escudero, alleato di Aznar fin dai suoi governi in Castiglia-León e uomo chiave della formazione di Madrid, ha chiuso la campagna annunciando che “l’esercito dei 90.000 iscritti del PP di Madrid” era tornato ed era inarrestabile.
Insieme a loro, Miguel Ángel Rodríguez, ex-portavoce del governo Aznar e attuale capo di gabinetto di Ayuso, ha lanciato una linea di governo rischiosa ma di successo, che era difficile capire a priori era.
Alcune incognite irrisolte
Nessuno sa spiegare molto bene i motivi di questa vittoria del PP. Le analisi più avanzate sono arrivate a denunciare l’apertura dell’industria alberghiera durante la pandemia come segno distintivo dell’Ayusismo. Secondo questa idea, il suo appello all’edonismo e all’irresponsabilità collettiva le avrebbe garantito la vittoria. Al di là della tesi delle “birrette e tapas” che tanto ha circolato a Madrid, altra banalizzazione che non spiega l’accaduto, è importante porsi alcune domande più sostanziali.
Come punto di partenza, non si può dimenticare che il Partito Popolare è stato l’artefice di buona parte dei modelli di riproduzione urbani, economici e sociali della regione di Madrid. Dall’urbanistica ai servizi pubblici, tutto è progettato all’interno di un complesso ingranaggio in cui il pubblico è stato subordinato agli interessi dei settori privati.
In un sistema radicato di segregazione classista, sessista e razzista, le classi medie e alte di Madrid, e anche buona parte di coloro che votano per la sinistra, hanno utilizzato la «libertà di scelta» proposta dal PP per riempire le scuole paritarie, sottoscrivere assicurazioni sanitarie private, versare i propri risparmi in fondi pensione o immettere nel mercato degli affitti convenzionati e turistici le seconde e terze proprietà immobiliari. Lo stile di vita neoliberista e la democrazia dei proprietari operano con enorme trasversalità.
Senza questo modello politico ed economico in vigore da oltre un quarto di secolo, non potremmo capire nulla di quello che è successo nelle ultime elezioni. Però senza dubbio su quella realtà si sono innestati molti altri elementi associati all’accelerazione politica che ha portato la pandemia. E infatti la gestione della pandemia e lo scontro scatenato da Ayuso contro la linea del governo centrale sono stati al centro della campagna elettorale. Ma, al contrario da quello che poteva sembrare a priori, Ayuso ha vinto la battaglia.
In modo astuto, il PP ha capito che la campagna non si vinceva sul terreno scivoloso del confronto fascismo-antifascismo. A partire da questo il PP, profondo conoscitore della società madrilena, sapeva che chi avrebbe occupato le posizioni più lontane dalla tensione sarebbe stato premiato alle urne. E il fatto è che le questioni fondamentali di queste elezioni si giocavano più nei termini di una democrazia liberale del XXI secolo che nell’Europa degli anni ‘30. Da lì, Ayuso ha tirato fuori da questo scontro i due assi centrali della sua campagna: il nazionalismo spagnolo e l’idea di libertà.
Il primo è stato lanciato senza ricorrere a immagini nostalgiche del passato, senza riferimenti ai tercios spagnoli [i reggimenti africani nella sedizione franchista – ndt] o alle “glorie” del Seicento. Al contrario, in un oscuro ma efficace gioco di ombre, nella campagna la Spagna appariva come sinonimo di Madrid.
E a loro volta, il nazionalismo spagnolo e Madrid sono stati presentati come vittime della moda nazionalista catalana, del fanatismo e della sinistra radicale.
L’unicità di Madrid, aperta, allegra e liberale veniva attaccata e doveva essere difesa. Madrid appariva nei suoi discorsi come luogo della libertà di poter scegliere l’istruzione e la salute pubblica, privata o paritaria, come una regione diversa e persino «gay-friendly», tenendo alte le bandiere arcobaleno in molte manifestazioni.
È a partire da qui che è stato generato il contesto che giustificava l’arma principale di Ayuso: la gestione e il discorso alternativo sulla pandemia. Nonostante le morti causate dalla privatizzazione della sanità e delle residenze per anziani, Ayuso puntava ad attaccare sul lato inconscio della pandemia. Da un lato il desiderio di cercare alternative alle chiusure, al confinamento e alle misure eccezionali, dall’altro il timore di subire le conseguenze della crisi economica associate alla paralisi pandemica.
La verità è che il Partito Popolare intercetta le classi medie e alte di Madrid perché quando governa garantisce che i meccanismi di accumulazione e riproduzione di classe abbiano la priorità assoluta e funzionino come una macchina perfettamente oliata.
Mentre le misure del governo progressista non hanno garantito le risorse e i diritti più elementari alle persone che si sono ritrovate faccia a faccia con la crisi, le soluzioni neoliberiste offerte da Ayuso, quelle che univano il sostegno all’attività economica con il mantenimento dell’occupazione e quindi di un futuro stipendio, guadagnavano in efficacia. Qualcosa che dovrebbe portare la sinistra a una riflessione profonda.
Al momento, tutto indica che difficilmente questo terremoto a destra si estenderà con queste caratteristiche oltre l’unicità di Madrid, ma la ricostituzione del PP a Madrid in soli due anni non è un buon segnale per nessuno. Abbiamo l’obbligo di pensare a quello che è successo indipendentemente dagli slogan e dalle strategie di marketing della campagna, senza dimenticare l’avanzata dell’estrema destra ma concentrandoci sullo smantellamento della realtà materiale e politica predominante a Madrid, che è quello che permette che il potere delle élites rimanga quasi intatto decennio dopo decennio.
Articolo apparso originariamente su El Salto. Traduzione di Michele Fazioli per DINAMOpress
Foto di copertina da WikiCommons