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La vita congelata di Zerocalcare
Tra macerie e rimpianti, la serie “Strappare lungo i bordi” – sei episodi – che esce oggi su Netflix, raggiunge pubblici diversi raccontando una storia generazionale, resa attraverso un attento lavoro di cesellatura tra personale e collettivo
[Contiene vaghi spoiler* non invalidanti per la visione]
Fumetti di vari formati, film, strisce animate per la televisione, graphic novel, vignette, lavori per giornali e riviste, poster, fanzine, video musicali; quello di Zerocalcare è un universo in costante espansione, che è andato via via costituendosi dagli esordi nella stampa e locandine di movimento e dal primo libro La profezia dell’Armadillo che tra qualche giorno compie dieci anni. Ma è la figura stessa di Zerocalcare (personaggio e autore non sempre facilmente scindibili) che è ormai parte del mondo culturale italiano in maniera obliqua, con partecipazioni a iniziative di ogni tipo, dal Premio Strega al circolino del paesello più sperduto passando per le partecipazioni televisive, pur rimanendo fortemente radicato nel suo (e nostro) mondo. Del resto, l’ultimo intellettuale (copyright dell’Espresso, ma l’ultimo intellettuale medesimo comprensibilmente non gradisce la definizione) mica si può esprimere in un solo modo.
L’attesissima web serie Strappare lungo i bordi, da oggi online su Netflix, è solo l’ultimo tassello di questo mondo, di questo stare nelle cose senza farsi mai cambiare troppo.
E come in altri pezzi di quella epopea zerocalcariana ci sono alcune cose che i fan conoscono e altre nuove. Non è certo la prima volta che racconta, ad esempio, di essere stato preso a pizze durante il G8 di Genova dalla forestale – che nel frattempo non esiste più – o che ripropone i suoi personaggi storici, come la madre Lady Cocca o l’amico Secco, qui più che altrove in versione appassionatissimo di gelati oltre che di pokeronline. Sei episodi in totale, circa 15 minuti l’una, ogni episodio è diviso a metà: una storia che li percorre tutti, e che ha il suo apice nel finale (il viaggio in treno verso il nord di Secco, Sarah e lo stesso Zero), e alcune vignette su altri aspetti della vita del personaggio-autore Zerocalcare.
C’è un ulteriore sdoppiamento, visto che com’è noto (anche dalle recensioni che escono su Bestmovie) il fumettista romano è un avido consumatore di serie tv, anche Netflix, e questo ulteriore sdoppiamento è giocosamente tematizzato all’interno di Strappare. La serie ha un ritmo molto serrato, forse troppo, visto come riesce a concentrare molte cose in poco più di un’ora e mezza. C’è un’attenzione meravigliosamente maniacale ai dettagli, dagli scarabocchi di Maicol & Mirco sullo sfondo del cellulare, ai poster che vediamo a casa del protagonista – alcuni italianizzati, come quello del film Questa è l’inghilterra di Gianni Prati… C’è tanta Roma naturalmente, come sempre, che di notte è bella anche in una serie animata. Interessante anche la scelta di inserire poche e discrete immagini non animate, in particolare le foto in bianco e nero di personaggi storici. Infine, nella colonna sonora ci sono le canzoni che qualunque fan di Zerocalcare si aspetterebbe (come Giancane, con la canzone originale della sigla, o Gli Ultimi), ma anche scelte meno scontate, come Ron, azzeccatissima la sua Non abbiam bisogno di parole.
Come altrove, Zerocalcare riesce a parlare a pubblici diversi, senza smarrirsi.
Un pubblico nuovo (finiranno questi potenziali pubblici?), anche non solo italiano, quello che si può affacciare a Strappare lungo i bordi. Vanno quindi ricordate alcune cose, spiegate altre, ma c’è anche tutto un gioco di riferimenti non facili da individuare. Se all’inizio sembra prevalere un linguaggio e un modo di raccontare più proprio della cultura young adult (piacerà molto a mio nipote), nelle ultime puntate prevale l’amara riflessione generazionale. E se qua e là, visto che è comunque una serie Netflix, si potrebbe pensare a cedimenti al commerciale, a qualche semplificazione, l’anima e la struttura sono quelli di sempre. Nell’ultima puntata va evidenziato un cambio netto di linguaggio, testimoniato anche dal cambio di voce dei personaggi: se per tutta la serie ha una voce diversa da quella di Michele Rech solo l’Armadillo (è Valerio Mastandrea), nell’ultima sono altri attori e attrici a dare la voce a Secco, Sarah e gli altri.
[Da qui spoiler più significativi]
È solo alla fine che diventa chiaro che la serie è anche, se non soprattutto, una lunga elaborazione del lutto (e non solo di un lutto specifico) e una riflessione su cosa si diventa quando si cresce e si perde qualcosa. Il tema delle macerie è del resto ormai stabilmente uno dei topoi dell’opera di Zerocalcare, dalle due graphic novel omonime (Macerie prime, 2017) fino al prossimo episodio del fumetto a puntate che esce proprio questo sabato per L’essenziale: «Scusate se non ho risposte, vedo solo macerie. Che poi sono il tema della prossima puntata», scrive alla fine di quello uscito sabato scorso. E se in Strappare ci sono meno macerie è solo perché sono state in parte sostituite dai rimpianti – e superati i trentacinque, pesano anche quelli. Il tempo che passa quindi, i lutti, i traumi.
La serie si apre con Genova, con le mazzate prese, e si chiude con il funerale dell’amica e mai fidanzata Alice.
Ma il padre di Alice ha le sembianze del padre di Lorenzo Orsetti detto Orso, ucciso in Siria combattendo con le YPG – immaginiamo non sia un caso naturalmente. Da Genova a Orso, sono i nostri traumi, i nostri lutti, le nostre sconfitte a strutturare Strappare. Qui come altrove, e forse meglio che altrove, Zerocalcare attraverso un lavoro attento di cesellatura tra personale e collettivo riesce a rendere una storia generazionale. Per trovarsi, come tanti e tante, smarrito, o meglio immobilizzato – «la mia vita congelata», rivela a un certo punto. E allora, non me ne voglia mio nipote e gli altri adolescenti e preadolescenti che affollano le presentazioni e i firmacopie di Zerocalcare, forse la capiamo meglio noi questa serie, noi che non siamo «quelli ordinati e pacificati», la cui vita è un po’ «congelata» e ha senz’altro «forme frastagliate». Noi che insomma per fortuna o purtroppo c’è Zerocalcare che ci racconta.
*l’autore di questo pezzo, che ha un problema con gli spoiler e non guarda neanche i trailer dei film, non leggerebbe mai questo articolo prima di vedere la serie. Altri scrivono elogi degli spoiler. Insomma, a vostro rischio e pericolo.
Zerocalcare ha disegnato la copertina del numero 2 di Dinamoprint e all’interno c’è una sua intervista sul rapporto tra fumetti e serie tv. Qui puoi acquistarla