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EUROPA

La terra promessa: costi e rischi della rotta clandestina verso l’Inghilterra

Uno studio sull’emigrazione clandestina dal Nord dell’Albania verso la Gran Bretagna. Motivazioni, illusioni, delusioni, depauperamento nelle zone di partenza

L’ondata migratoria verso il Regno Unito che il nord dell’Albania sta affrontando affonda le sue radici nelle difficili condizioni socio-economiche, nella mancanza di servizi, di un’istruzione di qualità e di meritocrazia. In ogni caso, dopo il viaggio pericoloso e clandestino verso l’Inghilterra, molti emigrati scoprono che la vita lì è molto diversa da ciò che gli era apparsa nei social network.  

Nel luglio 2022, dopo due agitate settimane in attesa che il mare si calmasse, E.K. da Elbasan[1] è salita in un piccolo gommone nel nord della Francia, con suo figlio di 5 anni avvolto stretto tra le braccia..

«Mi impegnavo a tenerlo avvolto nelle mie braccia, per consolarlo almeno un po’ e per proteggerlo da questo viaggio pesante, raccogliendo il dolore attraverso l’abbraccio», ha detto durante un’intervista dalla zona di Woodgreen nel nord di Londra, con la voce che portava il peso delle ore passate in mezzo a speranza e disperazione. «Questo è stato l’abbraccio più lungo che abbia mai dato, circa otto ore di viaggio verso l’Inghilterra con un gommone, in mezzo al mare agitato e sotto la luce della luna», ha aggiunto E.K.

Come E.K., migliaia di albanesi hanno intrapreso, negli ultimi cinque anni, la strada difficile del passaggio con piccoli gommoni dal nord della Francia verso l’Inghilterra. I dati mostrano che il 2022 ha segnato l’apice di questa ondata migratoria clandestina, soprattutto dal nord dell’Albania verso il Regno Unito. Questa tendenza ha poi subito una diminuzione grazie al rafforzamento della cooperazione di polizia, alle più aspre politiche di asilo nel Regno Unito e all’ampliamento delle possibilità di migrazione in altri luoghi dell’UE. In ogni caso, i gommoni sono solo uno dei modi per arrivare illegalmente nel Regno Unito.

Nonostante il governo britannico stia investendo milioni in programmi con l’obiettivo di convincere i giovani albanesi a rimanere in patria, i social network e le difficili condizioni socio-economiche nel nord povero dell’Albania continuano a incoraggiare la migrazione. Gli uomini principalmente si allontanano per motivi economici, mentre le donne per il ricongiungimento famigliare. Ciò che distingue questa ondata è il numero in aumento tra i migranti di albanesi istruiti. Dopo l’arrivo nel Regno Unito, molti di loro affrontano realtà difficili. Il costo alto del viaggio spesso obbliga una parte di loro a portare avanti attività illegali per saldare i debiti, mentre alcuni pubblicizzano i loro guadagni ad amici e parenti sui social network, rendendo la migrazione e i suoi benefici più attraenti.

Redion Qirjazi, direttore della Fondazione “Mary Ward Loreto”[2] in Albania, sostiene che i social network non sono decisivi, ma rimangono «un forte catalizzatore nelle ondate di emigrazione massiva, perché abbassano la percezione del rischio».

 «I giovani che si arricchiscono velocemente in modi illegali hanno la tendenza ad amplificare la ricchezza raggiunta anche postandola nei social network», dice. «Questo in sostanza mostra l’insicurezza e l’insoddisfazione interiore; insomma, vuoi far vedere agli amici che ce l’ho fatta, che sono arrivato – spiega Qirjazi.

Le strade illegali per il Regno Unito

Nel 2022, l’Albania era in cima alla lista dei luoghi di provenienza degli emigranti diretti in Inghilterra, con più di 17.300 persone in richiesta d’asilo. Circa il 95% di loro sono arrivati tra maggio e ottobre 2022 e i tre quarti di loro hanno utilizzato il gommone per andare illegalmente nel Regno Unito. I dati riportati da “Home Office”[3] tramite una richiesta di informazioni mostrano che lungo gli ultimi quattro anni, il 2023 ha registrato il numero più alto di albanesi rimpatriati, con 1.934 albanesi respinti – un aumento del 98% rispetto al 2020. Comunque, il 57% di questi casi riguarda rientri volontari, al contrario di quelli imposti dalle autorità britanniche. Fino a giugno 2024, solo 106 albanesi hanno viaggiato in gommone verso l’Inghilterra. Solo il 6% degli albanesi che hanno viaggiato in gommone hanno ottenuto una risposta positiva per l’asilo dalle autorità britanniche fino a giugno 2023, rispetto al solo 2% per lo stesso periodo di quest’anno.

Il dr. Andi Hoxhaj, docente di diritto al King’s College di Londra, sostiene che il motivo della diminuzione del numero di albanesi che emigrano illegalmente in Gran Bretagna è legato alla collaborazione tra le forze dell’ordine.

 «La cooperazione tra SPAK[4] e il ‘National Crime Agency’[5] ha puntato in modo specifico ai gruppi criminali che organizzano le migrazioni clandestine in Gran Bretagna, i quali sono stati identificati meglio e più in fretta grazie allo scambio di informazioni tra i due stati», spiega Hoxhaj, aggiungendo che gli albanesi stanno esplorando altre opzioni per emigrare. «La Germania l’anno scorso ha reso più facile per i cittadini provenienti dai Balcani di trasferirsi lì per lavoro, così come potevano fare in Gran Bretagna», aggiunge. Le forme del viaggio clandestino verso la Gran Bretagna sono svariate, coprono il trasporto con il gommone, con il camion e l’aereo da aeroporti diversi per mezzo dell’utilizzo di documenti falsificati.

I ragazzi utilizzano principalmente i gommoni e i camion senza che gli autisti ne siano al corrente, mentre le ragazze viaggiano con passaporti falsificati e solitamente utilizzano i camion con autisti che ne sono al corrente, scegliendo in questo modo forme di trasporto più sicure per la vita, anche se più costose.

Un esempio è il 27enne da Kamza, Brahim Tusha, laureato specializzato in scienze sociali, il quale non ha scelto né il gommone né il camion. Lui è partito da Tirana con un autobus per l’Italia, poi verso la Spagna con l’obiettivo di arrivare in Inghilterra. Il 7 novembre 2021, con un passaporto falso olandese è riuscito a passare i controlli all’aeroporto di Saragozza e ad arrivare all’aeroporto Stansted di Londra.

 «Emotivamente ero preparato perché, quando sono arrivato, avevo provato a testare il passaporto alla porta di sicurezza e avevo visto che non si apriva. Allora sono andato direttamente all’ufficio centrale e ho detto loro “scusate, sono un clandestino, questo sono io. Non sono quello dei documenti” e allo stesso tempo ho tirato fuori il passaporto originale dallo zaino», ricorda Brahimi.

Jonida G., 27 anni, da Kukës[6], ha condiviso in una conversazione telefonica lunga un’ora il suo viaggio verso la Gran Bretagna di tre anni prima. Ha raccontato che è partita dalla Francia e ha viaggiato dalle 6 del mattino fino alle 3 del pomeriggio, rimanendo nella cabina di guida di un camion insieme con un’altra ragazza da Burrel, che non conosceva. Entrambe erano sdraiate; dove Jonida teneva la testa, l’altra ragazza teneva le gambe, e viceversa. Le istruzioni erano chiare: non dovevano parlare, soprattutto durante i controlli. Il luogo in cui si trovavano era nel buio totale, senza alcuna vista davanti a loro.

 «Dove ci trovavamo era buio totale», ha detto Jonida, aggiungendo che «non si vedeva niente. Ho pensato più volte alla morte lì», ricorda.

Dopo l’arrivo in Gran Bretagna, per gli uomini è più facile trovare lavoro e solitamente si impegnano in lavori che chiedono un impegno fisico, come l’edilizia, il lavaggio auto, imbiancare, ecc., mentre le donne si occupano dei bambini e principalmente lavorano negli ambiti legati alle cure estetiche, ai cosmetici e ai servizi al cliente. I ragazzi decidono loro stessi di emigrare per cominciare una nuova vita e di solito li aspetta un parente o un amico. Mentre le ragazze, nella maggior parte dei casi, emigrano per mettere su famiglia; l’emigrazione non è una loro iniziativa e hanno un ruolo di appoggio, mentre le aspettano solitamente i loro partner, i fidanzati oppure i conviventi.

Jetmira I. racconta che l’unico motivo per cui si trova in Inghilterra è per la convivenza con il partner – dopo un anno di fidanzamento passato lontano l’uno dall’altra. «È arrivato un momento in cui stavamo passando più tempo lontano l’uno dall’altra che insieme», ha detto, raccontando che ha viaggiato clandestinamente verso il Regno Unito tramite camion nel 2021. «Ho lavorato come estetista, dipingendo le unghie, fino al periodo della gravidanza», ha raccontato Jetmira I. «Sentendo spesso parlare dell’Inghilterra, ci sembrava che fosse vicina, dietro l’angolo, ma in realtà non avevo mai pensato a me stessa qui», ha soggiunto.

Flamur C., da Kukës, il quale vive da circa cinque anni in Gran Bretagna e condivide la casa in affitto con una coppia albano-inglese, ha spiegato che il viaggio verso l’Inghilterra, tra tutte le peripezie, ha un obiettivo finale: prendere la cittadinanza. Per la maggioranza degli emigranti albanesi che scelgono l’emigrazione clandestina, questo processo è difficile da realizzare. I modi utilizzati dagli albanesi per ottenere la cittadinanza britannica sono diversi, ma il più conosciuto è tramite matrimoni fittizi con cittadine britanniche. Secondo Flamur, i matrimoni fittizi hanno un costo alto, sopra ai 20 mila pound, e hanno bisogno di tempo.

 «Questo modo è diffuso tra coloro che hanno soldi pronti e che sono coinvolti nel narcotraffico», ha detto. «È una sfida per chiunque pagare le spese del trasporto e coprire i costi del matrimonio fittizio entro un breve periodo di tempo», ha concluso Flamur.

La migrazione allontana i giovani dalla scuola

Erald, quattordicenne proveniente dal villaggio Kodër-Lumë, circa 5 chilometri a sudest della città di Kukës, racconta di come è l’ultimo tra i suoi amici a essere rimasto al villaggio. «Tutti sono andati in Inghilterra», lamenta, mentre mi mostra le ville che hanno costruito e le auto con le targhe gialle parcheggiate nel cortile. «Ho messo l’apparecchio ai denti e questo mi ha rallentato», ha aggiunto, sottolineando: «Sto aspettando di toglierlo e dopo me ne vado anche io».

La provincia di Kukës è al centro dell’attenzione mediatica locale e britannica, legata all’emigrazione e alla sua radice socio-economica. Lo svuotamento delle scuole nel comune di Kukës è una conseguenza evidente dell’ondata migratoria che sta affrontando questa città.

Nel 2014, Kukës aveva 80 scuole di 9 anni[7], mentre nel 2024 questo numero è sceso a 68, con una scuola chiusa ogni anno. Nel frattempo, circa 15 scuole dipendenti[8] hanno meno di sei alunni e rischiano di essere chiuse durante questa stagione oppure nei prossimi anni. Il ginnasio “Havzi Nela,” un tempo uno dei più grandi nel nord dell’Albania, oggi ha circa 874 alunni, contro i 1267 del 2014.

Secondo gli insegnanti, soprattutto quelli che lavorano nelle zone rurali, l’istruzione nella provincia di Kukës sta passando giorni difficili a causa della perdita di interesse verso lo studio. «Solo una piccola percentuale di studenti ha ancora interesse verso l’istruzione», afferma il signor Muslia, insegnante nella scuola di 9 anni del villaggio di Orgjost. Lui nota che questa mancanza di interesse è conseguenza della mancanza di investimenti nell’istruzione, nella mancanza di mercato del lavoro e nell’impatto del militantismo politico nell’amministrazione statale.

Nella sua esperienza pluridecennale, Muslia ha notato che la situazione nelle scuole di Kukës è peggiorata ogni anno. «Alcune delle scuole dove ho lavorato rischiano di chiudere a causa della caduta drastica del numero di allievi, come conseguenza del calo di natalità, dell’emigrazione dei giovani e delle emigrazioni famigliari»,”conclude.

Redion Qirjazi, esperto nelle questioni delle emigrazioni, sottolinea che i sondaggi condotti nell’ultimo decennio nel nord dell’Albania mostrano una caduta graduale della qualità dell’istruzione. Spiega che la corruzione nel settore, la mancanza di investimenti e l’incapacità di garantire un futuro dignitoso, anche per le persone qualificate, hanno inciso nell’abbassamento della fiducia verso l’istruzione come istituzione.

Erald sostiene che vorrebbe finire il ginnasio, ma poi dopo pianifica di allontanarsi. Nella sua classe, solo due ragazzi studiano regolarmente, ma lui non passa tempo con loro perché parlano solo dei loro progetti. La maggior parte degli allievi bullizza questi ragazzi per il fatto che sono gli unici che si impegnano nello studio.

 «Quando avevo 8 anni, la prima operazione matematica che ho imparato è stata 15 – 8 = 7», ricorda. «Questo perché gli zii materni mi hanno promesso che quando avrei compiuto 15 anni mi avrebbero preso con loro al lavoro.

Il ruolo del social network

Il lungo tempo passato suil social network espone continuamente i giovani albanesi a un’Inghilterra virtuale, che si presenta come uno spettacolo mediatico, lontano dalla realtà. Diversi social network, soprattutto TikTok e Instagram, forniscono ogni giorno ai giovani informazioni riguardo la vita in Inghilterra, con post generalmente curati e attraenti.

Un mondo parallelo viene presentato ai giovani nei social network sulla vita di Londra, piena di false facciate come tanti soldi, vestiti costosi, macchine potenti e targhe personalizzate. Attraverso queste immagini, i giovani si nutrono dell’idea dell’arricchimento immediato, vedendo l’emigrazione come l’unica alternativa per raggiungere questo obiettivo.

Questa presentazione storpia la loro percezione dei valori dell’istruzione, considerandolo come un fattore secondario per il loro futuro, oppure addirittura come un intralcio che ritarda la loro intenzione di emigrare.

I profili nei social network gestiti dai gruppi criminali offrono informazioni diverse riguardo l’emigrazione illegale, cominciando dai costi del viaggio a seconda del tipo di trasporto, l’itinerario da seguire, la documentazione necessaria per il viaggio, le tempistiche, gli hotel raccomandati durante il periodo di attesa, le zone da evitare e le strade più sicure per passare la frontiera. In ogni caso, questi profili offrono consigli per i giovani riguardo come comportarsi con gli operatori di polizia di frontiera in caso di fermo o sospetto di falsa documentazione.

Fation H., 32 anni, originario di Kukës e abitante del quartiere di Southbank a Londra, mostra come, mentre accompagnava suo nipote di 15 anni in Inghilterra con un aereo dalla Spagna, uno dei suoi contatti gli aveva suggerito che il nipote indossasse gli occhiali con gradazione zero. Questo dettaglio gli avrebbe dato un aspetto più serio, lo avrebbe aiutato a diminuire l’ansia e lo avrebbe fatto assomigliare di più a un cittadino UE. La stessa persona gli aveva offerto anche un tour virtuale in Gran Bretagna, presentandogli il posto, le forme dell’impiego, i modi per ottenere la cittadinanza britannica e contatti con avvocati in caso di arresto per lavoro illegale nel campo del narcotraffico.

Brahim Tusha ha stabilito i primi contatti verso l’emigrazione in Inghilterra tramite i social network. Ha raccontato come, casualmente, ha visto la foto di un’amica in Inghilterra e le ha chiesto come avesse fatto ad arrivare là. Lei gli ha spiegato il modo in cui ha viaggiato e, successivamente, Brahimi ha contattato i trafficanti. Suo fratello in seguito ha incontrato qualcun altro della loro rete in Inghilterra. «Non è un gruppo criminale; io più che altro lo chiamerei un gruppo di lavoro che noi stessi richiediamo», ha detto Brahimi, spiegando che cosa pensa del trasporto clandestino verso la Gran Bretagna.

Lui riflette su come oggi viviamo in un mondo digitale, dove un prodotto che si promuove molto ha più possibilità di essere venduto in fretta. Secondo Brahimi, a quel tempo l’Inghilterra era molto reclamizzata nei social network, facendogli pensare di poter trovare un “paradiso” lì. «Ma quando vieni qui, sbatti contro una realtà completamente diversa, L’Inghilterra non vale quanto il valore che noi paghiamo per lei».

Dopo i continui solleciti da parte dell’ Home Office riguardo l’incidenza dei social network nella tendenza dell’emigrazione illegale, nel marzo 2023 TikTok ha annunciato una politica nuova come parte di un approccio di tolleranza zero. L’azienda ha dichiarato che avrebbe identificato e fermato automaticamente gli utenti che ricercano parole chiave e frasi particolari legate al traffico degli esseri umani e all’immigrazione clandestina. Vedendo l’afflusso degli emigranti nel 2022, il governo britannico ha deciso di finanziare gli influencer albanesi nel social network di TikTok per fare appelli contro le iniziative di emigrazione clandestina.

Tirana, Foto di Marta D’Avanzo

Il paradiso perduto

Mentre i social media fanno una presentazione seducente della vita in Inghilterra, la realtà dell’emigrazione è più complessa. Problemi come lo shock culturale, la concorrenza nel trovare impiego, l’isolamento sociale e il costo alto della vita spesso entrano in conflitto con le versioni idealizzate che circolano sul social network.

Jonida G., 27enne da Kukës, racconta come le sue difficoltà non siano finite con il viaggio clandestino di nove ore con il camion. «Per la prima volta nella mia vita, dopo che sono arrivata in Gran Bretagna, a causa dello stress della solitudine, ho cominciato a utilizzare antidepressivi. Molti fattori mi hanno portato in quello stato – i soldi che avevo pagato per arrivare in Inghilterra, l’insicurezza per il futuro, i frequenti colloqui con dunzionbati dell’Home Office, la solitudine in casa in quanto madre con due bambini e la vita asociale e inattiva che conducevo», spiega Jonida.

Lo status di emigrante illegale crea grossi impedimenti nei movimenti e nei contatti con la comunità, condizioni che aumentano le probabilità di frustrazione e isolamento sociale. Sensazioni simili descrive anche F.C., 33enne da Kukës, laureato che lavora nell’edilizia. Lui sostiene che l’inizio era difficile, perché non aveva mai fatto questo genere di lavoro e perché sentiva una grande differenza nella cultura e nella formazione con le persone che lo circondavano e con coloro che aveva lasciato in Albania. «Mi alzo alle 6 del mattino e torno alle 7 di sera a casa», dichiara F.C. «Sono cinque anni che non leggo un libro»,soggiunge descrivendo la sua routine come “robotica”.

Rigels H. si è allontanato dall’Albania quattro anni prima e ha pagato 17 mila pound per arrivare in Inghilterra. La stessa somma ha pagato anche per la compagna, che lo ha raggiunto un anno dopo. «Quando sono arrivato, sono rimasto 10 giorni chiuso in una casa abbandonata nella zona di Derby», ricorda.

Anche Brahim Tusha ha cominciato a lavorare nell’edilizia subito dopo il suo arrivo in Inghilterra, per saldare il suo debito di 16 mila pound che aveva chiesto in prestito per coprire i costi del trasporto illegale dall’Albania. «Lavoravo tutti i giorni, 7 giorni su 7, con orari pieni e a volte anche fuori orario», ha detto, aggiungendo come la sua vita fosse «molto difficile. Mi manca la famiglia, faccio una vita meccanica. Mi sembra come se vivessi tra i treni e sono di fretta tutto il tempo», ci ha raccontato in un caffè nel centro di Londra.

Secondo la dr. Rachel Alsop, docente universitaria e membro dell’Accademia dell’Istruzione Superiore, i giovani albanesi richiedenti asilo in Gran Bretagna vivono e affrontano una serie di traumi, scaturiti da fattori accumulati negli anni e dal sistema di asilo nel Regno Unito. Aggiunge che il sistema di asilo deve cambiare e deve assicurare il supporto adeguato, fornendo servizi psicologici, alloggi sicuri e aiuti finanziari, mentre il processo di richiesta deve svolgersi in modo trasparente e senza ritardi.

«L’offerta del diritto al lavoro per i richiedenti asilo albanesi dovrebbe dar loro la possibilità di mantenersi, di vivere con dignità, per guadagnare e sviluppare competenze e per contribuire positivamente alla comunità, sottolinea Alsop.

Secondo Andi Hoxhaj, esperto di legge nelle questioni migratorie, i costi dell’emigrazione illegale hanno inciso anche nel discorso pubblico e nelle posizioni politiche dei principali partiti in Gran Bretagna. «Gli elettori hanno espresso preoccupazione riguardo il peso economico dei centri per richiedenti asilo nel budget statale. Alcuni calcoli della Tesoreria dello Stato e del Ministero delle Finanze mostrano che il costo di mantenimento dei centri di accoglienza degli emigranti arriva fino a 2 miliardi di pound all’anno, i quali vengono pagati dai contribuenti britannici», sostiene Hoxhaj.

Fuga di cervelli

Una delle caratteristiche della nuova ondata migratoria che sta affrontando l’Albania è l’allontanamento di persone con istruzione superiore. Questo gruppo di emigranti si divide solitamente in due categorie: quelli che, dopo aver finito gli studi, non hanno avuto la possibilità di iniziare l’esperienza lavorativa in Albania a causa del nepotismo, e quelli che hanno iniziato un’esperienza lavorativa, ma l’hanno interrotta per emigrare. La delusione è il denominatore comune, rafforzato dalla mancanza di meritocrazia nel processo di reclutamento di dipendenti nell’amministrazione statale e dalle condizioni di lavoro.

Flamur C., laureato in Storia e specializzato in Relazioni Internazionali, racconta che ha visto direttamente la mancanza di meritocrazia nel processo di reclutamento nell’amministrazione, quando aveva scritto per un colloquio nel Dipartimento dell’Amministrazione Pubblica che aveva trovato un suo parente, molto più grande, che stava facendo l’applicazione nello stesso momento. «Mi dispiace dirlo, ma sei venuto per niente oggi, che questo discorso è chiuso», gli aveva detto mentre aspettavano nella sala d’attesa per l’esame.

 «Alla pubblicazione dei risultati, aveva vinto lui», ricorda Flamur. «Anche questo è stata un motivo forte per cui sono emigrato – il nepotismo e la mancanza di meritocrazia», ha ribadito.

Vilson Marku ha lavorato come insegnante nella scuola di 9 anni nel villaggio di Arrës, nel comune di Kukës. Secondo lui, il sistema dell’istruzione in Albania manca di infrastrutture e le assunzioni vengono fatte secondo l’affiliazione partitica. «L’assunzione di un insegnante su basi partitiche è l’umiliazione più grande che puoi infliggere all’istruzione. Mi è capitato spesso di lavorare con colleghi non professionali», ha concluso Vilson.

Deluso dalla mancanza di infrastrutture e di meritocrazia, ha deciso di abbandonare la professione di insegnante nel 2019, lasciando circa 12 alunni nella scuola ed è ha emigrato in Inghilterra. «Ho lasciato il lavoro di insegnante a Kukës per iniziare il lavoro nell’edilizia in Inghilterra. L’allontanamento dall’Albania è avvenuto anche a causa del nepotismo».

Vilson racconta che gli inizi in Inghilterra sono stati difficili, così come è per la maggior parte degli emigranti. In ogni caso, gli dispiace di aver lasciato la carriera di insegnante, senza contare il desiderio di educare la nuova generazione. «Conoscevo la lingua e questo mi ha reso tutto un po’ più facile, ma la parte più difficile per me è stata abbandonare il desiderio di servire all’educazione dei bambini del mio villaggio» – ha concluso.

La presente è una traduzione dell’ articolo pubblicato in origine nel sito in lingua albanese Reporter.al, una produzione di BIRN Albania. La traduzione in italiano è a cura di Xhejn Xhindi per Dinamopress.

Foto di copertina di Marta D’Avanzo


[1] Città a qualche chilometro a sud della capitale.

[2] Fondazione che si occupa di contrastare il traffico di esseri umani.

[3] Dipartimento del governo degli UK che si occupa dell’immigrazione.

[4] “Struttura Speciale Contro Corruzione e Crimine Organizzato” in Albania, responsabile di frequenti azioni anticorruzione tra indagini, investigazioni e arresti sia nella società civile sia nel governo.

[5] Organizzazione del governo del Regno Unito che si occupa di contrastare il crimine organizzato.

[6] Città situata nel nord all’altezza di Gjadër e Shëngjin, dove sono stati costruiti i lager di detenzione per migranti a seguito dell’accordo Rama-Meloni, a un centinaio di chilometri nell’entroterra.

[7] I gradi scolastici in Albania sono così divisi: il primo percorso scolastico è di 9 anni (dove si troverebbero insieme quelle che in Italia sono le scuole elementari e le scuole medie), cui fa seguito una scuola con un percorso lungo 3 anni a cui corrisponderebbe la scuola superiore in Italia. Nel testo si fa quindi riferimento a scuole con alunn3 compres3 tra i 6 e i 14 anni.

[8] Scuole che dipendono formalmente da altre scuole perché non hanno abbastanza iscritti.

Immagine di copertina a cura dell’autore

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