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EUROPA
La Polonia estende il divieto di aborto, scoppiano le proteste
La Corte costituzionale, sotto la spinta del governo, ha deciso che la legge sull’aborto è contro i principi della Costituzione. Ora l’interruzione di gravidanza sarà possibile solo in caso di stupro, incesto o rischio per la vita della donna. In migliaia manifestano per le strade
Il Corte costituzionale polacca ha stabilito che l’aborto sulla base di difetti congeniti e malformazioni fetali, anche incurabili, è incompatibile con la costituzione. In sostanza, questa decisione equivale a un divieto quasi totale dell’interruzione di gravidanza in Polonia. Il dibattito sull’aborto continua a essere un argomento complesso in un paese fortemente cattolico e con una delle leggi più restrittive d’Europa. Dal 1993 una legge-compromesso consente l’aborto solo in alcuni casi, ma dopo l’entrata in vigore della sentenza di giovedì, l’aborto sarà ammissibile solo in caso di stupro, incesto o minaccia per la salute della donna.
La legge polacca sull’interruzione di gravidanza era già tra le più severe e contestate, ma la sentenza del Corte costituzionale costituisce un nuovo passo verso la difesa della vita a ogni costo.
«Una disposizione che legalizza le pratiche eugenetiche nel campo del diritto alla vita di un nascituro e fa dipendere il diritto alla vita di un nascituro dalla sua salute […] è incoerente con la Costituzione poiché questa garantisce il diritto alla vita», ha detto Julia Przyłębska, capo della Corte costituzionale e fedelissima del governo. Il collegio giudicante ha inoltre stabilito che l’aborto per difetto congenito è contrario al principio di non discriminazione e rispetto per la vita umana e che un feto acquisisce tali diritti al momento del concepimento.
La questione dei difetti congeniti rappresenta la causa principale degli aborti effettuati in Polonia. Secondo i dati del Ministero della Salute, ufficialmente nel 2019 sono state eseguite 1.110 interruzioni di gravidanza e di queste il 98% sono state effettuate a causa di malattie incurabili dei feti. Ragion per cui, con questa sentenza definitiva e vincolante, di fatto si vieta l’aborto in Polonia.
«Oggi la Polonia è un esempio per l’Europa, è un esempio per il mondo», ha detto Kaja Godek, membro del comitato pro-vita “Stop aborto”. Molti membri del governo hanno espresso soddisfazione per la sentenza della Corte costituzionale ma respinto l’accusa di aver tentato di influenzare la decisione. Esultano anche la chiesa polacca, i partiti di estrema destra e Ordo Iuris, fondazione ultracattolica parte del Congresso mondiale delle famiglie, che da anni facevano pressioni e chiedevano l’abolizione totale dell’aborto.
Da quando i conservatori del PiS (Diritto e Giustizia) sono al potere, i valori tradizionali hanno occupato in Polonia un ruolo sempre più centrale nel dibattito pubblico. Il governo ha vinto le elezioni del 2015 e del 2019 con la promessa di difendere quello che considera il cuore cattolico della nazione, parlando di ‘missione’, difesa dei valori nazionali e sostegno alle famiglie.
L’esecutivo non ha mai nascosto l’ambizione di limitare l’aborto, ma ha dovuto rinunciare in più occasioni per via di una forte reazione pubblica. Emblematiche le proteste dell’ottobre 2016, quando migliaia di donne e uomini hanno manifestato in tutta la Polonia, da Varsavia a Danzica, passando per i centri più piccoli.
Da anni i sondaggi di opinione mostrano che una netta maggioranza dei polacchi, pari a quasi il 70%, si oppone a una legge più restrittiva. Ma il governo non ha mai cambiato idea. La mozione sull’interruzione di gravidanza era già stata presentata tre anni fa dai deputati del PiS, ma era stata sospesa perché la legislatura era ormai giunta al termine.
Lo scorso anno, 119 parlamentari del partito di governo PiS, dei conservatori di PSL e Kukiz’15, e del partito di estrema destra Konfederacja (Confederazione) hanno allora chiesto alla Corte l’esame di costituzionalità. Secondo l’opposizione e le associazioni pro-aborto, questa scelta ha evitato al governo un problematico dibattito parlamentare e facilitato l’esito finale, considerando la composizione della Corte e l’influenza dell’esecutivo.
Il Corte costituzionale è infatti composta da 15 giudici, quasi tutti uomini. Sebbene l’organo sia sulla carta indipendente, dal 2015 buona parte dei suoi membri è stata rimossa e poi sostituita dal governo, il che lo ha portato a essere definito da alcuni una “pseudo-corte”. Anche Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, ha parlato di giudici non autonomi e di decisione irresponsabile presa nel pieno della pandemia.
L’attesa per la decisione della Corte costituzionale si è consumata anche davanti alla Corte stessa, nel centro di Varsavia. Le rappresentanti dello sciopero nazionale delle donne (Ogolnopolski strajk kobiet) hanno manifestano in diverse città con sfilate di macchine e blocchi del traffico. Alcune dimostranti indossavano abiti da ancella, prendendo spunto dalla serie tv e dal romanzo Il racconto dell’ancella, di Margaret Atwood. Anche le parlamentari di Lewica (Sinistra) e Koalicja obywatelska (Coalizione Civica), partiti dell’opposizione, erano presenti e hanno descritto la sentenza come una decisione politica. A fronteggiarle, c’erano i rappresentanti delle associazioni pro-vita, e non sono mancati i momenti di tensione tra le due fazioni.
Le organizzazioni per i diritti umani avevano esortato il governo a non aumentare le restrizioni, chiedendo ai giudici di respingere nuove restrizioni.
Amnesty International, il Centro per i diritti riproduttivi e Human Rights affermano che invieranno osservatori indipendenti per monitorare la situazione. Kamila Ferenc, che lavora con una ONG che aiuta le donne a cui è stato negato l’aborto, sostiene che questa sentenza «costringerà i poveri a dare alla luce bambini contro la loro volontà».
A poche ore dalla sentenza, sono arrivate le prime reazioni dall’Unione europea. «Rimuovere la base per quasi tutti gli aborti legali in Polonia equivale a un divieto e viola i diritti umani. La sentenza odierna della Corte costituzionale significa aborti clandestini o all’estero per coloro che possono permetterselo, e un calvario ancora più grande per tutti gli altri», ha twittato il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic. In effetti, molto complesso è il caso degli aborti illegali: non ci sono dati ufficiali ma le stime dicono che siano 100-150 mila ogni anno e in molti casi l’interruzione di gravidanza viene pratica all’estero. Germania, Ucraina, Repubblica Ceca e Slovacchia sono le destinazioni più gettonate per chi può permetterselo, ma con la pandemia cambia tutto e crescono gli aborti clandestini. Inoltre, molti medici polacchi esercitano il diritto legale di non praticare l’aborto per motivi religiosi, mentre altri confessano di aver ricevuto pressioni.
A causa di questa e altre riforme, la Commissione europea aveva già avviato una procedura di infrazione a tutela del sistema giudiziario, ma il governo sostiene che tutte le riforme intraprese hanno lo scopo di rendere la giustizia più efficiente ed equa. L’UE ha anche accusato l’esecutivo polacco di essere un pericolo per lo stato di diritto: il Parlamento europeo ha infatti chiesto una nuova procedura d’infrazione per la violazione dei diritti LGBT e l’incitamento all’odio, bloccando inoltre i fondi a sei città polacche coinvolte nel caso “LGBT-free”. La Corte costituzionale e il governo si rendono ora protagonisti di una decisione molto pesante, per giunta nel mezzo della seconda ondata pandemica.
In sostanza, dove non è arrivato il governo con le sue politiche reazionarie, è arrivata la giustizia, pilotata da un esecutivo sempre più liberticida e arrogante.
Una decisione presa senza un normale dibattito parlamentare, da una Corte non indipendente formata in maggioranza da uomini scelti dalla maggioranza. È facile immaginare che lo scontro tra Varsavia e Bruxelles non si concluderà a breve e che anzi il governo polacco voglia compromettere ulteriormente i rapporti con l’UE e alzare ancora di più lo scontro con l’opinione pubblica.
Da ormai una settimana, migliaia di persone manifestano in tutta la Polonia. Giovedì scorso, le proteste hanno raggiunto il quartier generale del PiS a Varsavia, per poi arrivare nei pressi della villa di Kaczynski, leader del PiS. Ci sono stati anche scontri con la polizia, che all’improvviso ha usato spray urticante ed effettuato 15 arresti. Le manifestazioni, guidate dallo sciopero nazionale delle donne (OSK), dalle associazioni pro-aborto e dai movimenti femministi, sono continuate durante il week-end, quando le proteste si sono spostate all’esterno e all’interno di molte chiese. Tra i cartelli mostrati e gli slogan più scanditi ci sono “Vorrei abortire il mio governo” e “Vaffanculo al PiS!”. Anche associazioni di disabili, contadini e tassisti si sono uniti alla protesta, segno che la contestazione sta diventando trasversale.
A Katowice, Wrocław e in altri comuni, nazionalisti e ultraconservatori hanno intanto scelto di bloccare l’entrata delle chiese per impedire ogni forma di dissenso e respingere chi protestava, rimuovendo con la forza alcune donne e, di fatto, sostituendosi alla polizia. Una ragazza è stata malmenata da alcuni estremisti di destra a Poznań.
Lunedì sera, invece, le manifestazioni hanno paralizzato circa 150 città della Polonia con blocchi stradali e cortei nelle strade più trafficate. La tensione è molto alta e non sono mancati momenti di paura quando una Bmw ha investito dei manifestanti a Varsavia, ferendo due donne. Sempre a Varsavia, a piazza Trzech Krzyży, circa 80 neofascisti del movimento ONR (Obóz Narodowo-Radykalny), ultras del Legia Varsavia e nazionalisti vari hanno occupato il sagrato della chiesa di Sant’Alessandro per diverse ore, circondati da un cordone di polizia in assetto antisommossa. Le forze dell’ordine hanno separato con difficoltà le due fazioni e sono intervenute in varie occasioni dopo il lancio di petardi e bottiglie di vetro.
L’organizzatore dell’annuale marcia nazionalista dell’Indipendenza, Robert Bąkiewicz, ha annunciato di voler creare una «guardia nazionale per agire come forza di autodifesa cattolica contro i rivoluzionari neo-bolscevichi. Se necessario, li ridurremo in polvere». Alcuni esponenti del governo hanno dato il loro sostegno, ringraziando pubblicamente tutti i gruppi per aver respinto «l’assalto dei barbari di sinistra contro la chiesa».
Martedì mattina, lo scontro si è spostato al Senato, dove i rappresentanti del partito Lewica (Sinistra) hanno bloccato la seduta parlamentare e chiesto al governo un confronto. Nonostante le ripetute minacce degli estremisti e la crescita dei contagi della pandemia, venerdì è prevista una grande manifestazione a Varsavia e di certo non sarà l’ultima. Il governo ha intanto annunciato che per contenere cortei e dimostrazioni impiegherà l’esercito, minacciando un coprifuoco totale. Le nuove misure di contenimento dell’emergenza Covid-19 vietano proteste e riunioni, ma molto probabilmente non saranno in grado di fermare la rabbia delle attiviste e della società civile, esasperata da una battaglia che dura ormai da cinque anni.