MONDO
La politica dei diritti umani contro il terrorismo di Stato in Argentina
A 42 anni dal golpe militare si torna in piazza in Argentina per la memoria, la verità e la giustizia, contro l’impunità dei genocidi e le politiche neoliberali e repressive del governo Macri.
Perchè cresce ancora l’importanza del 24 marzo? Sicuramente il crimine della desapariciòn continua a consumarsi ininterrottamente giorno dopo giorno. Fin quando non avremo una spiegazione convincente e fino a quando non saranno giudicate le responsabilità di quanto accaduto con ognuno di questi crimini, lo slogan “apparizione in vita” continuerà ad essere vigente. Ma c’è qualcosa di più, legato al suo carattere di invenzione, in pieno terrorismo di Stato, di un modo di scontrarsi con il potere non più fondato sulle armi o sullo scontro tra apparati – terreno in cui la vittoria delle Forze Armate sulle organizzazione rivoluzionarie era ormai definitiva – ma a partire dalla commozione e dal piano del sensibile.
Perché affermiamo che i diritti umani in Argentina sono una politica? La dittatura ha portato avanti una riforma chirurgica del corpo sociale che ha coinvolto due mondi simultaneamente: quello dello sterminio (la lotta contro il “nemico sovversivo”) e l’altro di riconversione neoliberale (consacrazione della proprietà privata concentrata).
Solo la politica dei diritti umani è stata ed è capace di ergersi come antagonista su entrambi i piani su cui si è espresso il terrorismo di Stato (durante la dittatura e in democrazia).
La sua forza è etica e combina due diversi piani: uno temporale – le lotte del passato e quelle del presdente – e uno spaziale – un campo di traduzione comune per le differenti lotte del presente. Le sue conquiste si possono misurare sulla base della capacità di ispirare un germe insurrezionale popolare: il 19 e 20 dicembre del 2001, ma anche l’8 marzo.
Perché questa politica sopravvive al kircherismo? Dopo il periodo di una democrazia sistematicamente claudicante (1983-2001) il kirchnerismo ha promosso importanti avanzamenti istituzionali, che noi tutti oggi difendiamo, mentre cresceva l’impotenza al momento di affrontare nei territori una crudeltàbasata sulle regole della valorizzazione finanziaria. L’offensiva sensibile, in cui i diritti umani hanno fatto scuola, sopravvive per difendere una memoria e reinventarsi ritrovando la sua atuonomia, como ci mostrano oggi il movimento delle donne e delle minoranze sessuali in ribellione.
Perchè il macrismo, che cerca di presentarsi come una nuova destra democrática, pretende impunità per i vecchi dirigente della dittatura militare? Ripassiamo brevemente i fatti dell’ultimo anno: dopo la scorsa manifestazione del 24 marzo, il governo ha definito come terroriste le organizzazioni dei diritti umani per aver ricordato le organizzazioni rivoluzionarie degli anni settanta; il tentativo di scarcerare i genocidi attraverso il beneficio del 2×1; il sorgere delle voci dei figli dei genocidi (ex figli!) gli assassinii nel Sud mapuche di Santiago Maldonado e Rafael Nahuel; l’annuncio della nuova dottrina sulla sicurezza che appoggia a priori l’azione delle forze repressive (gli assassinii polizieschi successivi rispondo per intero a questa logica) la proposta del governo di concedere i domiciliari ai vecchi quadri della dittatura responsabili della repressione. Ci sono molte ipotesi verosimili – che il governo debba rispondere al suo elettorato – che la nuova dottrina della sicurezza disposta ad affrontare il conflitto sociale crescente necessita di un omaggio ai repressori di ieri – ma quella che mi sembra più rilevante è la seguente: la necessità di interrompere violentementre la storicità – la forza e la capacità di costruire futuro – di questa politica fondata sul divenire sensibile del campo sociale.
Pubblicato su Emergentes. Traduzione in italiano di Alioscia Castronovo per DINAMOpress.