PRECARIETÀ

La Ministra Fedeli dà i numeri

Arriva l’autunno, si avvicinano le elezioni, i docenti universitari strutturati si auto-organizzano mettendo in piedi uno sciopero degli esami e la Ministra Fedeli che fa…? Diventa pioniera di una nuova disciplina nell’ambito delle scienze matematiche: l’aritmetica creativa.

Qualche giorno fa, il decreto ministeriale (DM) del MIUR datato 9 agosto ha ricevuto un’inattesa attenzione mediatica, con un ritardo di oltre un mese. Numerosi articoli di testate giornalistiche nazionali come Repubblica, Corriere della Sera e Stampa hanno improvvisamente scoperto la pubblicazione del decreto che stabilisce l’ammontare del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università e i criteri di distribuzione dello stesso fra gli atenei. Come mai? A voler pensare male, la contemporanea pubblicazione dei contenuti del decreto su diversi quotidiani segue un’imbeccata del Ministro Fedeli in evidente difficoltà in seguito allo sciopero dei docenti. Inoltre, la notizia è stata riportata con un taglio che distorce in maniera rilevante i contenuti del decreto, pur riportando le cifre esatte contenute nello stesso: una disinformazione quindi sottile e ben nascosta da elenchi di cifre spesso relative a capitoli di spesa indecifrabili. La difficoltà nel ricostruire con esattezza i criteri di distribuzione dell’FFO e l’effettiva destinazione delle diverse voci è ulteriormente aggravata da errori palesi contenuti nel decreto del MIUR, che rivelano uno degli assiomi fondamentali della neo disciplina fedeliana dell’aritmetica creativa, ovvero l’invenzione di una diversa definizione di percentuale (art. 2 comma a), il peso della quota “storica” dell’FFO è del 46% sul totale del Fondo e non del 56%… una differenza pari a circa 700 milioni, insomma briciole …).

I due elementi cardine su cui poggia la narrazione governativa ben amplificata dai megafoni mediatici sono: l’aumento dell’FFO rispetto al 2016 (dello 0,9% secondo la Ministra, insomma un vero e proprio boom dei trasferimenti all’Università) e il finanziamento della no-tax area per gli studenti con un ISEE inferiore ai 13.000 Euro. Come già veniva anticipato nel paragrafo precedente, entrambe queste notizie corrispondono parzialmente al vero. Ciò che non viene detto è che in realtà agli atenei per ora (tenendo conto della cosiddetta assegnazione iniziale reale dell’FFO, vedi Tabella 1 in rosso) arriveranno meno soldi e che, nella migliore delle ipotesi (cioè se venissero confermate tutte le voci di spesa contenute nel DM), l’aumento dei trasferimenti agli atenei ci sarà, ma sarà pari allo 0,1% (e non dello 0,9%) con alcuni capitoli di spesa vincolati a emergenze quali i recenti eventi sismici (vedi Tabella 1 in verde. Un po’ di decenza imporrebbe quindi il silenzio visto il topolino partorito dalla montagna). Questa inconsistenza fra cifre governative e soldi effettivamente ricevuti dagli atenei è in parte proprio legata al finanziamento della no-tax area per gli studenti privi di mezzi. Infatti, mentre in precedenza tali contributi venivano pagati dagli studenti attraverso le tasse, ora (finalmente) questo contributo (pari a 55 milioni di euro) viene erogato alle università direttamente dallo Stato. Di conseguenza, per fare un paragone con gli anni precedenti riguardo al trasferimento dei fondi agli atenei, dall’FFO 2017 vanno sottratti questi 55 milioni di euro arrivando (al netto di ulteriori una tantum, legate ad emergenze quali ad esempio i terremoti) a un’assegnazione iniziale reale pari a 6,553 miliardi di euro (-28,767 milioni di euro rispetto al 2016, Tabella 1 in rosso). Emerge quindi in maniera eloquente come non ci sia nessun aumento dei fondi da festeggiare: la Ministra si sta semplicemente esercitando con la sua disciplina nuova di zecca. È bene ricordare, infatti, che a quasi 10 anni dal taglio mortale del’FFO ad opera di Mariastella Gelmini, i finanziamenti all’Università non hanno ancora raggiunto i livelli pre-crisi quando l’assegnazione iniziale si attestava a 7,288 miliardi (-735 milioni pari ad un deficit del 10%). L’entusiasmo della Ministra è quindi completamente fuori luogo e sprezzante per chi ogni giorno lavora, magari con contratti precari o gratis, all’interno degli atenei.

 

 

2017

2016

VAR.

VAR. %

QUOTA BASE

4.591.477.888

(73,2%)

4.679.022.094

(74,2%)

– 87.544.026

-1,87%

QUOTA PREMIALE

1.535.600.000

(24,5%)

1.433.000.000

(22,7%)

+ 102.600.000

+7,16%

QUOTA PEREQUATIVA

145.000.000

(2,3%)

195.000.000

(3,1%)

-50.000.000

-25,64%

TOTALE FFO 2017

(BASE + PREM. + PEREQ.)

6.272.077.888

6.307.022.094

-34.944.206

-0,55%

P. STRAORD. DOCENTI

237.248.716

228.828.689

 

 

PROG. TRIENNALE

43.756.648

46.000.000

 

 

TOTALE FFO 2017

(incl. p. straord. e progr. triennale)

6.553.083.252

6.581.850.783

-28.767.531

-0,44%

NO-TAX AREA

55.000.000

0

 

 

ALTRE UNA TANTUM

23.143.572

0

 

 

TOTALE FFO 2017

(ASSEGN. INIZIALE)

6.631.226.824

6.581.850.783

+49.376.041

+0,8%

TOTALE FF0 2017 (PREVISIONE)

(tolti i 55 milioni della no-tax area)

6.981.890.720

(6.926.890.720)

6.919.317.619

+62.573.101

+7.573.101

+0,9%

+0,1%

Tabella 1. Fonti: Miur DM 610 del 9/8/2017, DM 552 del 6/7/2016, DM 998 del 29/12/2016

Prima di addentrarci nel descrivere brevemente (e speriamo in modo non troppo noioso) le principali criticità della distribuzione dei fondi, è giusto sottolineare come l’istituzione della no-tax area per studenti con ISEE al di sotto dei 13.000 sia un provvedimento che va nella direzione giusta. È tuttavia necessario ricordare come il diritto allo studio in questo paese versi ormai in condizioni critiche: siamo il Paese con le tasse più elevate in Europa (a parte il folle caso britannico, che ormai possiamo cominciare a considerare fuori dall’Unione Europea..) a fronte di un sostegno al diritto allo studio estremamente basso (v. Fig. 1, credits Associazione TreeLLLe 3L), non propriamente definibile come un laboratorio di studio sovversivo). Senza tenere conto di uno degli scandali più vergognosi, ovvero l’esistenza di idonei non beneficiari (v. Fig. 2).

Fig.1. Fonte: Ass. TreeLLLe e OCSE 2016.

Fig.2 Fonte: ANVUR 2016

Punti critici riguardo alla distribuzione dell’FFO 2017:

  • come evidenziato dalla Tabella 1 l’unica voce che aumenta nella fetta ordinaria dell’FFO (quote base, premiale e perequativa) è la quota premiale, istituita per finalmente introdurre la meritocrazia all’interno delle Università. Questo fatto conferma ciò che ormai ripetiamo da anni, ovvero che il Ministero, attraverso il plenipotenziario ANVUR, sta polarizzando la distribuzione delle risorse con l’evidente scopo di creare degli atenei di serie A (principalmente concentrati nel Nord del paese dove si farà ancora ricerca, strettamente diretta dal mondo delle imprese e quindi addio ricerca di base, facoltà umanistiche e libertà di ricerca) e università di serie B, ridotte a mere teaching universities, aventi lo scopo di fornire un pezzo di carta, utile soltanto a scavalcare qualcuno meno fortunato nella gerarchia sociale del mondo lavoro (precario) che aspetta gli studenti alla fine degli studi. Questa diversificazione, come piace chiamarla ai nostri guru della 3L (pag. 59, punto 4 della loro ultima fatica Dopo la riforma: università italiana, università europea), sarà propedeutica alla liberalizzazione delle tasse universitarie che coincide di fatto con il rovescio della medaglia della no-tax area (ibidem pag. 82, punto 15). Naturalmente, questo innalzamento delle tasse (per gli atenei di serie A ovviamente) sarà affiancato dall’istituzione di numeri chiusi, restaurando di fatto un’università di classe e, attraverso il presito d’onore, condannerà le future giovani generazioni a un indebitamento di massa e perpetuo (contribuendo a creare la prossima bolla finanziaria come ci raccontano le esperienze americana e britannica).

  • Senza tornare sull’insieme dei criteri valutativi su cui si baserebbe la fantomatica meritocrazia à la ANVUR (è ormai noto ed evidente a tutti che l’ANVUR fa acqua da tutte le parti), ci concentriamo solo brevemente sul criterio C della quota premiale dell’FFO 2017. Mentre questo criterio nel 2016 rispondeva alla qualità e l’internazionalizzazione della didattica (con criteri molto questionabili, ma fissati dal ministero e uguali per tutti), nel 2017 assume la seguente denominazione: valorizzazione dell’autonomia reponsabile degli atenei. In realtà, qui viene premiato chi è più bravo a combinare gli indicatori ministeriali: ciascun ateneo potrà scegliere quali (due) indicatori fornire al Ministero per la propria valutazione. Questi indicatori devono essere scelti da tre diverse categorie, ambiente di ricerca, qualità della didattica e strategie di internazionalizzazione. Ergo, a parte la follia che ognuno si sceglie gli indicatori che gli fanno più comodo, un ateneo può decidere di disinteressarsi di uno dei campi sopra citati. Sì, siamo al delirio Fedeliano.

  • Reclutamento. Qui il Ministero sceglie la linea Mancini – Livon (capo e vice del Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR) e decide di superare il problema della precarietà negli atenei cancellando (fisicamente) il precariato. Di fronte, infatti, a una diminuzione del personale docente strutturato di quasi 20mila posti dal 2008 in poi, nessun piano di reclutamento straordinario (né, figuriamoci, ordinario) è all’orizzonte, come gli stessi Mancini e Livon hanno confermato a inizio giugno in una riunione con precari e strutturati. In particolare, nell’FFO 2017 sono presenti ben 181 milioni per piani straordinari e chiamate di professori ordinari e associati (leggesi, progressioni di carriera), mentre per i precari che ormai da anni tengono in piedi le università, lavorando spesso gratuitamente, saranno disponibili 55,5 milioni, meno di un terzo. Ulteriori commenti sono del tutto superflui. Qualcuno potrebbe dire che delle risorse per il reclutamento potrebbero venir fuori dalla programmazione triennale (quasi 44 milioni per il 2017, v. Tabella 1). La risposta è sì, ma solo se si vede la realtà con le lenti di Livon, per il quale gli RTD A (contratti precari 3+2 anni) sono da considerarsi reclutamento a tutti gli effetti.

Vista la grama situazione, non c’è quindi nessun motivo per esultare. Anzi, è più che mai necessaria una mobilitazione ampia e inclusiva di tutte le componenti universitarie volta ad affrontare la crisi di sistema che abbiamo di fronte. Una mobilitazione che vada ben oltre lo sciopero dei docenti per il recupero degli scatti stipendiali, a seguito del quale la Ministra Fedeli si è detta disponibile a trovare 150-300 milioni (pari al 2,1- 4,2 % dell’FFO) per soddisfare le loro richieste. Infatti, uno sciopero che si limita alle mere questioni economiche di un’unica categoria (legittime, sia chiaro) nella situazione drammatica in cui versa l’Università oggi, non solo è uno sciopero corporativo, ma è una mobilitazione che rompe definitivamente il corpo sociale universitario. Una guerra ai poveri dall’alto.

Altro che dignità.