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La materialità del colonialismo italiano

Tra le tante cose, Angelo Del Boca si è anche occupato degli aspetti materiali del colonialismo italiano, le sue tracce e i suoi lasciti: obelischi, collezioni e quell’ immenso museo privato degli italiani

Angelo Del Boca è stato ricordato da molti e in molte forme: società scientifiche e istituti di cultura, quotidiani e riviste di settore, storici e appassionati di storia hanno condiviso un ricordo di quello che è stato a tutti gli effetti il padre degli studi coloniali italiani. Di Del Boca sono stati sottolineate le vicende nella Resistenza, le doti di giornalista e caporedattore, il monumentale e anticipatore lavoro sul colonialismo italiano con i volumi per Laterza in anni in cui l’accesso ad archivi e documenti era assai complesso, la lotta per la verità sull’uso dei gas durante la guerra di Etiopia, l’impegno civile di una vita intera. L’autobiografia Il mio Novecento (Neri Pozza, 2008) ricorda anche numerosi episodi meno noti, come la collaborazione con Nigrizia di Alessandro Zanotelli già nei primi anni Ottanta, sino all’impegno in favore del popolo algerino.

Da ricercatrice impegnata su temi legati alle eredità materiali del colonialismo italiano vorrei focalizzare l’attenzione su questo aspetto “minore”, senz’altro, nella produzione di Del Boca, ma che si configura come l’ennesimo campo d’indagine da lui aperto e indicato. Si tratta di una tematica di estrema attualità, che ha conosciuto un continuo sviluppo e diffusione presso il grande pubblico negli ultimi anni, dal discorso di Macron all’Università di Ouagadougou nel novembre 2017 (dove il presidente francese annunciò la restituzione temporanea o definitiva del patrimonio culturale africano conservato in Francia), all’abbattimento e danneggiamento in tutto il mondo di statue di personaggi compromessi con razzismo, colonialismo e schiavitù dell’estate 2020.

Manifestanti di Black Lives Matter fotografano la statua abbattuta dello schiavista E. Colston a Bristol. Foto di Keir Gravil da Flickr

In Del Boca l’attenzione per la creazione di una cultura coloniale in Italia, per la nascita di istituti scientifici, per le società di esplorazione e le loro missioni scientifiche, per la propaganda e la formazione di un immaginario coloniale attraverso riviste, congressi, crociere, non era mai disgiunta dall’analisi delle vicende politiche, ma anzi vi si intrecciava.

Già nei suoi celebri, primi volumi per Laterza sull’Africa Orientale e sulla Libia, l’analisi di esposizioni nazionali e internazionali, la nascita di musei e collezioni coloniali (nel suo lavoro un primo accenno al Museo libico di storia naturale), le raccolte effettuate durante spedizioni in colonia (notevole rilievo conferiva Del Boca, ad esempio, al ciclo di esplorazioni patrocinate dalla Società Geografica in Libia nel corso degli anni Trenta), la nascita di istituti (come il Centro Studi AOI dell’Accademia d’Italia, ma anche l’Istituto di agricoltura sperimentale di Sidi ElMasri) erano valorizzate, affiancando alla ricostruzione delle vicende militari e politiche (letteralmente “da zero”, o quasi, al tempo) l’aspetto dell’intreccio tra scienza, cultura e propaganda coloniale.

L’interesse di Del Boca per gli aspetti materiali del colonialismo italiano, le sue tracce e i suoi lasciti si può seguire almeno sin dagli anni Settanta, quando lo storico comincia ad interessarsi alla vicenda dell’obelisco di Axum e le richieste per la sua restituzione. Del Boca ne ha seguito infatti il dibattito, dedicandogli articoli e spazio nei suoi volumi, sino a quando, nel 1992, cinquecento tra politici e intellettuali etiopici domandarono con forza all’Italia «yimelles!» («restituitelo!»), una richiesta con cui ormai abbiamo familiarità, così simile a quelle pervenute ai musei europei e statunitensi negli ultimi anni, ma episodio del tutto inedito al tempo per l’Italia.

Successivamente, Del Boca denunciava la mancata restituzione all’Etiopia de «la preziosa biblioteca del Negus, l’aeroplano appartenuto a una delle figlie di Hailè Selassiè, oggi esposto nel Museo storico dell’aeronautica a Vigna di Valle».

Si tratta di una chiara testimonianza di come Del Boca si interessasse con attenzione delle vicende post-coloniali italiane, con un’impostazione al dialogo, all’ascolto e alla ricezione di sollecitazioni, in un rapporto di continuo scambio con intellettuali, soprattutto etiopi e libici, come testimoniano, tra l’altro, le sue partecipazioni a convegni in Africa (quello a Tripoli nel 2006, ad esempio) e la laurea honoris causa conferitagli dall’Università di Addis Abeba nel 2014.

Modellino commemorativo della restituzione dell’obelisco di Axum. Foto di A. Davey da Flickr

Nel 1992 il suo libro L’Africa nella coscienza degli italiani (Laterza) è stato centrale nell’avviare un certo tipo di riflessioni: il volume si apre con alcune considerazioni su di un «immenso museo privato» che si troverebbe in Italia. Del Boca, infatti, per primo, calcolava che una famiglia italiana su dieci possedesse nella propria casa un oggetto di provenienza coloniale, riportato da padri o nonni a seguito di un tempo speso in colonia, per lavoro o come militari: bracciali, pugnali, dipinti, talleri di Maria Teresa affollavano dunque le case di italiani più o meno ignari dell’origine di tali oggetti, andando però di fatto ad agire profondamente sulla loro coscienza. Si trattava del primo tentativo di riflessione di questo tipo da parte della storiografia del colonialismo italiano; un’analisi probabilmente maturata dalla pratica, consolidata e incoraggiata dallo stesso Del Boca, per cui erano i suoi stessi lettori a inviare allo storico cartoline, memorie, libri, fotografie, filmati personali o ereditati, affinché egli potesse studiarli.

La necessità dunque di indagare un colonialismo materiale, presente nelle case degli italiani sotto forma di oggetti, album fotografici, immagini, pervasivo, spesso non riconosciuto o ignorato, al quale, di fatto, si è però “assuefatti”.

Ancora del 1992 è la sua partecipazione al cruciale L’Africa in vetrina. Storie di musei e di esposizioni coloniali in Italia (Pagus), curato da Nicola Labanca, nel quale, affiancandosi a ricercatori come Mignemi, Rochat, Bono e Castelli, Del Boca rifletteva sull’archivio Brusasca, segnalando come la ricerca dovesse indirizzarsi allo studio dei patrimoni di istituzioni coloniali come quelli dell’Istituto Agronomico per l’Oltremare, ancora poco indagati. Il volume, di fatto, preparava il terreno per tutti i lavori che sono seguiti nell’ambito dello studio delle collezioni e dei musei del colonialismo italiano, impostando linee di ricerca ancora oggi significative.

Nel 2014 Del Boca ha scritto la prefazione al volume di Francesca Gandolfo, archeologa presso la Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanea dell’ex Mibact, Il Museo coloniale di Roma (1904-1971). Fra le zebre nel paese dell’olio di ricino (Gangemi Editore), dedicato a ricostruire le vicende del Museo Coloniale di Roma e in particolare del cosiddetto “Tesoro archeologico della Libia”. Lo storico aveva descritto per primo la nascita e il funzionamento del Museo Coloniale di Roma nel secondo volume della serie Gli italiani in Africa Orientale (Laterza) del 1979, identificandolo come strumento di propaganda per il regime e luogo dove si forgiava l’identità nazionale, con riferimenti precisi che, pur in una narrazione serrata e densa, trovavano sempre spazio nel testo.

Veduta di Asmara nel 1935. Foto da Wikicommons

Del Museo, aperto sino ai primi anni Settanta, poi chiuso e smantellato, Del Boca aveva un «ricordo preciso»: le visite che era solito compiervi proprio mentre stava scrivendo i primi volumi dedicati al colonialismo per Laterza. Tra tutti gli aspetti dell’esposizione, Del Boca ricordava soprattutto lo studio minuzioso dedicato ai dipinti etiopi delle battaglie contro gli italiani: secondo lo storico questi erano fondamentali per poter capire, anche solo in minima parte, come gli scontri erano stati recepiti dalla parte etiope.

La prefazione al volume di Gandolfo terminava proprio con un incoraggiamento a porre maggiore attenzione al poderoso patrimonio materiale legato al colonialismo italiano, su cui ancora oggi molto resta sì molto da scrivere e indagare, ma non si può non riconoscere a Del Boca il merito di averne indicato l’importanza.

Introduzione e indice con tutti gli articoli dello speciale su Del Boca.

In copertina particolare da illustrazione sul settimanale “Illustrazione Italiana” raffigurante la battaglia di Tucruf (fonte WikiCommons).