ITALIA

La lunga vita di Eddy, al servizio della città bene comune

La lunga vita di Edoardo Salzano è stata animata da un costante impegno per promuovere la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte urbanistiche e per rivendicare il diritto alla città per tutti.

Una vita lunga quella di Edoardo Salzano, morto a 89 anni a Venezia il 23 settembre, in quella che era diventata da molti anni la sua città (era nato a Napoli nel 1939). Vita lunga come urbanista e attivista avendo attraversato, da protagonista, gli anni che vanno dall’epoca riformista (standard, “167”, legge sulla casa, Bucalossi) dell’urbanistica agli anni della grande svolta neoliberista dopo l’80.

Nel 1969 uscì per le edizioni Laterza il suo libro, Urbanistica e società opulenta« « « ben presto diventò per la generazione del ’68 una vera e propria bibbia dell’urbanistica. La storia della città veniva analizzata (forse un po’ troppo automaticamente) con gli strumenti della critica marxista, ma tanto bastava per suscitare gli interessi dei più giovani in anni nei quali questa disciplina era praticata solo negli studi professionali o nell’accademia. Nella prima pagina si legge: “Da molti anni gli urbanisti italiani sono travagliati dalla sensazione ricorrente d’essere, non per propria colpa, tagliati fuori dalle iniziative, dalle concrete operazioni amministrative, legislative attraverso le quali si determinano i destini della realtà urbanistica. […] Una simile sensazione – che conduce alcuni a ripiegare sull’amaro isolamento di un’attività professionale sterilmente tecnicizzata o formalistica, altri a gettarsi in un’azione politica che si deforma spesso in impaziente tecnocratismo – è poi resa ancor più acuta e insofferente dalla consapevolezza dell’esistenza di una sempre più vivace “sollecitazione dal basso”, di una spinta sempre più forte dei cittadini per un rinnovamento profondo dell’organismo urbano”.

Con anni di anticipo era stato gettato il sasso nello stagno: la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte urbanistiche era dunque necessaria perché la disciplina si trasformasse da un sapere accademico elitario a una conquista delle classi disagiate per rivendicare il proprio diritto alla città.

Aveva iniziato a occuparsi di urbanistica a Roma alla fine degli anni ’50, svolgendo anche il ruolo di consigliere comunale, scrivendo sull’Unità e collaborando alla Rivista Trimestrale. Era stato assistente volontario del Prof. Gorio (uno degli autori del progetto La Martella a Matera) nell’Istituto di Architettura e Urbanistica della facoltà di Ingegneria di Roma, dove lo avevo conosciuto quando ancora ero studente. Poi negli anni ‘70 si era definitivamente trasferito a Venezia nello IUAV per insegnare nel nuovo Corso di laurea in urbanistica, allora considerato il centro di eccellenza degli architetti e urbanisti più autorevoli e più impegnati nella società civile.

Dal ’75 al ’85 è assessore all’urbanistica a Venezia, ma non cessa di svolgere l’impegno anche nell’università dove si dedica al consolidamento dei Corsi di studio e della Facoltà di Pianificazione del territorio, che presiederà fino alla pensione. Negli anni successivi coordina per la Regione Sardegna la redazione del Piano paesaggistico delle coste, approvato nel 2006, che finora ha preservato dall’ulteriore edificazione questo prezioso patrimonio.

Dal 1983 al 1991 diviene presidente dell’Istituto nazionale di Urbanistica e fonda la rivista Urbanistica informazioni, punto di riferimento per una generazione di amministratori pubblici e tecnici. Poi con la svolta neoliberista la sua fortuna viene meno. Come ricorda Paolo Berdini : all’interno dell’INU  prevale la cultura della negazione dell’urbanistica mentre  il suo piano urbanistico di Venezia, elaborato insieme al collega Gigi Scano, fu ben presto accantonato. Eddy fu costretto a prendere coscienza che le premesse del suo libro del 1969 e il suo stesso impegno per un’urbanistica che considera la città un bene comune, venivano violentemente negate da un’urbanistica che aveva finito con l’affiancare l’ideologia neoliberista.

Fu anche per questo, forse, che le ultime sue fatiche, a cavallo degli anni ’90, furono dedicate alla costruzione di un sito, Eddyburg, diventato in poco tempo uno dei siti più frequentati non solo dagli specialisti.

Con la sua compagna, Ilaria Poniburini, gli ultimi anni della sua vita si impegnò in battaglie più vicine a Potere al Popolo. Molti ricordano i suoi discorsi pubblici quando, bloccato ormai su una sedia a rotelle, riusciva ancora a suscitare passioni in pubblico per una disciplina scaduta in rituali formalistici e sempre più a favore dei poteri forti.