ROMA
La Corte di Cassazione conferma: San Giacomo in Augusta è e deve restare un ospedale
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla Regione Lazio. La chiusura dell’ospedale San Giacomo, avvenuta nel 2008, contro il volere dei cittadini e dell’erede del cardinale Salviati che lo aveva donato alla città purché restasse per sempre un ospedale pubblico era illegittima. Il nuovo Governatore Francesco Rocca dovrà decidere come riaprire il presidio sanitario
La sentenza definitiva della Cassazione mette fine, dopo quindici anni, alla disputa intorno al destino dell’ospedale San Giacomo in Augusta. Il ricorso presentato dalla Regione Lazio alla sentenza del Consiglio di Stato del 2019 è stato rigettato dalla Corte di Cassazione. L’Ospedale deve restare quello che è stato per tanto tempo, come aveva lasciato scritto nel suo testamento il Cardinale Salviati che nel 1593 aveva donato la struttura alla città di Roma. Abbiamo seguito la storia delle battaglie portate avanti da Italia Nostra, da associazioni, da cittadini e cittadine e da Olivia Salviati, discendente del Cardinale, che non si è mai arresa nel voler far rispettare la volontà testamentaria del suo avo. La giunta Marazzo decise la chiusura della struttura e chi ha governato la Regione Lazio dopo di lui non ha fatto altro che confermare la volontà di trasformare l’immobile in qualcosa che portasse soldi nelle casse delle Aziende Sanitarie.
Quando è stato chiuso nel 2008 l’ospedale aveva 170 posti letto di degenza, un pronto soccorso ed era l’unico nel centro storico attrezzato per il piano di emergenza per afflusso di feriti in caso di azioni terroristiche.
Si sono ritrovati senza il loro presidio 25 mila utenti che ne usufruivano ogni anno. La struttura era stata appena ristrutturata e per alcuni reparti erano stati acquistati strumenti diagnostici di ultima generazione. L’Asl e la Regione Lazio avevano speso oltre 10 milioni di euro per questi lavori e per l’acquisto degli strumenti radiologici.
Il San Giacomo nel 2017 era stato trasferito nel fondo “ i3-Regione Lazio” gestito da Invimit, del Ministero dell’Economia e della Finanza con l’obiettivo di essere venduto per 61 milioni di euro, poco più di 2 mila euro al metro quadro. Cosa sarebbe diventato l’ospedale dei poveri doveva essere il mercato a deciderlo, visto che nella legge di bilancio che ne autorizzava la valorizzazione era previsto il cambio di destinazione d’uso degli immobili da valorizzare. Un altro mega albergo poteva sorgere nel centro storico di Roma.
Ma la chiusura dell’ospedale, aveva sentenziato il Consiglio di Stato, era illegittima e non era stata imposta, come sostiene la Regione, dal piano di rientro del 2007, che prevedeva la riorganizzazione e razionalizzazione della rete ospedaliera, né era stata richiesta per ripianare il disavanzo finanziario della sanità regionale, ma era stata una scelta autonoma dell’amministrazione regionale.
A nulla è servito il ricorso della Regione Lazio. La sentenza della Cassazione ha confermato quanto negli anni è stato sostenuto da chi si opponeva a quella stolta decisione. E adesso? L’amministrazione dovrà valutare il recupero della struttura sanitaria nell’interesse della collettività, confermando il vincolo storico di destinazione del bene alla cura dei malati.
Il nuovo Governatore Francesco Rocca dovrà decidere come procedere. Durante la campagna elettorale aveva dichiarato che non c’era necessità di un ospedale nel centro di Roma, ormai spopolato, piuttosto il San Giacomo poteva essere riconvertito in una struttura socio sanitaria, senza specificare se pubblica o privata.
L’immobile attualmente è di proprietà al fondo immobiliare I3-Regione Lazio, che lo ha acquisito attraverso la corresponsione di 17.848.300 di euro di Invimit Sgr alla Regione. Per tutelarsi da una eventuale sconfitta giudiziaria, l’ente allora guidato da Nicola Zingaretti aveva deciso di prevedere nel contratto di cessione del bene un accantonamento di fondi in modo da poter ottemperare, alla restituzione del prezzo di vendita in caso di pronuncia negativa della Suprema Corte. Cosa che si è verificata. L’ospedale torna alla Regione che dovrà decidere cosa farne. È giunto il momento di prendere una decisione, che tenga conto della sentenza.
Immagine di copertina di Marco Ciaramella