ROMA
La città pubblica è in vendita, le case ci sono solo per chi può pagarle
L’Ater, azienda che la malagestione ha portato al dissesto, tenta di sanare i suoi bilanci mettendo in vendita il patrimonio e minaccia di lasciare senza casa migliaia di persone che lì abitano. Il Comune adegua al mercato i canoni di affitto dei suoi immobili. Si continuano intanto a cercare soluzioni, che non ci sono, per chi è destinato a essere sgomberato dalle case che occupa. Presidio il 14 novembre ore 11 alla sede Ater di Roma su Lungotevere Tor di Nona 1
Gli abitanti di via del Caravaggio sono in attesa di conoscere quale sarà il loro destino. Lo sgombero è stato sospeso fino a quando non sarà trovata per loro una nuova destinazione. La Prefettura vuole evitare che si ripeta quanto già avvenuto in altre occasioni, quando le famiglie sono state buttate in mezzo alla strada, senza offrire loro un’alternativa dignitosa. Anche Zingaretti, che ha incontrato la settimana scorsa i rappresentanti dei movimenti e dei sindacati, si è impegnato a chiedere di bloccare lo sgombero, fino a quando non si saranno trovate alternative per le 350 persone che lì abitano.
Per discutere delle soluzioni da adottare, il 7 novembre si è svolto un incontro in Campidoglio fra rappresentanti dei movimenti per il diritto all’abitare, la rete dei numeri pari, il sindacato Unione Inquilini e le istituzioni. A rappresentarle erano presenti il delegato alla sicurezza, l’assessora al Patrimonio e Politiche Abitative, un responsabile dell’assessorato alle Politiche sociali e il presidente dell’VIII municipio. Il punto all’ordine del giorno era predisporre un piano credibile che spinga la Prefettura a rinviare lo sgombero. Operazione non facile visto che, in mancanza di un numero adeguato di alloggi disponibili, resta solo il famigerato buono casa. Finora questo strumento si è dimostrato di difficile applicazione.
Non sono solo gli occupanti di via del Caravaggio a rischiare di restare senza casa, perché, come è stato raccontato nel corso di un’assemblea che si è svolta a Testaccio il 7 novembre, sono molti gli inquilini delle case dell’Ater e del Comune che sono sotto sfratto. Sono i cosiddetti occupanti senza titolo o chi ha accumulato morosità. In totale sono stati emessi dall’Ater 1800 decreti di rilascio che il Comune di Roma dovrà eseguire attraverso la polizia locale. Ha cominciato a farlo nel I e II municipio dove, non a caso, sono le case di maggior pregio.
Rischiano di essere cacciati anche gli abitanti delle case popolari che rientrano nel piano di vendita delle case Ater, avviato a seguito del decreto Lupi del 2014, finalizzato al piano di risanamento dell’azienda. La giunta regionale il 25 giugno scorso ha infatti approvato la vendita delle proprietà immobiliari Ater ubicate in zone di elevato pregio. Sono le zone centrali come Testaccio, San Saba, Celio, Trastevere, Esquilino, ma anche zone meno centrali. Sono quelle definite dalla delibera che «evidenziano requisiti di centralità in termini di presenza funzionale e di accessibilità ad attrezzature e servizi pubblici e privati di ogni ordine e grado, di servizi di trasporti urbani ed extraurbani, di collegamenti viari, di attrezzature scolastiche, sanitarie, sportive, commerciali e terziarie». Cioè zone dove alcune condizioni garantiscono qualità dell’abitare e da dove si ritiene debbano essere espulse le famiglie povere, per essere sostituite da abitanti in grado di sostenere i valori immobiliari di mercato. Si valuta che circa un terzo del patrimonio Ater sarà messo in vendita, 18 mila alloggi. Il ricavato servirà a costruirne di nuovi, naturalmente in zone di minor pregio, ma soprattutto a tentare di risanare il buco nel bilancio dell’azienda.
Il Comune ha deciso di seguire la stessa politica. Con l’approvazione della Delibera di Giunta n.133/18 vengono ridefiniti i canoni di affitto del patrimonio disponibile. Questi alloggi saranno affittati a canoni di libero mercato, attraverso un’asta pubblica! E se chi ora lì abita non potrà pagare i nuovi canoni dovrà cercarsi un’altra casa.
Le case sono diventate una merce preziosa per il mercato del turismo, soprattutto quelle in zone centrali, in quartieri trasformati a questo scopo e resi invivibili per le persone. La crescita dei valori immobiliari sta determinando l’espulsione degli abitanti che non sono in grado di sostenere il costo degli affitti e la difficoltà di abitare in quartieri destinati alla movida notturna, dove il commercio è tutto destinato a fornitura di cibo e bevande.
È drammatico che l’Ater e l’amministrazione comunale, invece di contrastare il fenomeno, ne diventino promotori. Quando parlano di immobili di pregio e pensano di utilizzarli non per quello che è il loro fine istituzionale, ma per fare cassa e tentare di risanare i loro bilanci dissestati diventano responsabili della trasformazione urbana e dell’espulsione degli abitanti. Il loro ruolo dovrebbe essere quello di arginare il fenomeno e non di incentivarlo per fare cassa. Quando dicono che utilizzeranno i soldi incassati per fare nuove case, indicano proprio quello che non si deve fare: costruire in quartieri sempre più lontani e abbandonare il centro all’utilizzo turistico. Difendere i diritti degli abitanti minacciati dalla vendita del patrimonio pubblico significa difendere la città di tutti e impedire quello che sta avvenendo: la privatizzazione di ogni spazio.
Per impedire la vendita del patrimonio pubblico, per chiedere la sanatoria per chi abita in quelle case avendone tutti i requisiti previsti anche se senza titolo, per scongiurare che il centro storico perda gli ultimi abitanti, per garantire il diritto a una casa dignitosa giovedì 14 novembre dalle ore 11 si terrà un presidio indetto dai movimenti per il diritto all’abitare sotto la sede ATER di Roma su Lungotevere Tor di Nona 1.