ITALIA
La città inclusiva muore a Corvetto insieme a Ramy
Operazioni di speculazione finanziaria sono in atto da dieci anni nelle aree che circondano il quartiere di Corvetto, mentre le condizioni di vita di chi abita nelle case di edilizia pubblica si fanno sempre più difficili. Il degrado programmato del quartiere finirà per espellere le fasce sociali più fragili
In questi giorni, dopo la drammatica morte di Ramy Elgaml, leggiamo parole che raccontano il Corvetto, quartiere nella zona sud-est di Milano, come una banlieue degradata. Il quartiere è nato con le prime realizzazioni di case popolari, organizzate in quattro isolati trapezoidali, fra il 1925 e il 1931, costruite per dare casa ai più «poveri e poverissimi» fra gli operai immigrati. Piazzale Ferrara, dove si trova il Mercato Comunale Coperto, è il cuore del quartiere, che nel dopoguerra è cresciuto ancora con altri interventi di edilizia pubblica: il quartiere Omero, il Gabrio Rosa, gli insediamenti INA Casa Barzoni e Montemartini, il quartiere comunale Barzoni. Quartieri di edilizia pubblica, come sempre accade, colpiti da stigma fin dalla loro nascita e nulla nel tempo è riuscito a capovolgere la narrazione tossica che era stata loro appiccicata addosso. Articoli di giornale, programmi televisivi, saggi non fanno altro che ribadire che sono luoghi maledetti, da evitare perché preda del “degrado” e della malavita che gestisce lo spaccio.
È attraverso il linguaggio usato dai mezzi di comunicazione, le loro retoriche, il loro racconto che si è costruita un’immagine urbana di Corvetto che servirà a giustificare l’espulsione di chi ci abita, come se fosse colpevole dell’abbandono in cui è stato lasciato.
Proviamo a raccontare anche altro. Corvetto non è estrema periferia, è a pochi chilometri da Porta Romana, una delle zone più cool di Milano, dove i prezzi delle case superano gli 8mila euro al metro quadro. Anche i prezzi all’interno del quartiere hanno visto un grande incremento, oggi per un bilocale di 60 metri quadri chiedono 349mila euro, quasi 6mila euro al metro quadro. Per tre locali a via Romilli si dovrebbero spendere 349mila euro, per quattro locali a via Bessarione ben 525mila euro. Piccoli proprietari che avvertono la trasformazione in atto e anticipano quello che avverrà a breve.
Una mappa ci racconta un quartiere a cavallo fra la città ricca e borghese e l’edilizia popolare, che si affaccia sul parco agricolo sud e sulle grandi trasformazioni delle aree dello scalo di Porta Romana, dove sta sorgendo il Villaggio Olimpico di Milano Cortina 2026. Per l’amministrazione rappresenta il grande progetto di «rigenerazione urbana dello Scalo di Porta Romana» e diventerà poi «un bene restituito alla comunità cittadina». Finiti i giochi attorno al parco centrale sorgeranno residenze, uffici, social housing, servizi privati e gli alloggi degli atleti e delle atlete saranno trasformati in studentati, naturalmente a “prezzi calmierati”.
Una grande operazione immobiliare che travolgerà quel territorio e le aree limitrofe, naturalmente ispirato a principi di sostenibilità, «con un progetto per qualità, dimensioni e finalità comparabile ai migliori interventi urbanistici a livello europeo». L’operazione finanziaria è raccontata dettagliatamente in Le nuove recinzioni (Carocci Editore, 2023, p. 32) da Lucia Tozzi.
Il processo di gentrificazione è iniziato in quel settore di Milano, l’area Ripamonti-Corvetto, nel 2015, quando in prossimità dello scalo ferroviario di Porta Romana gli edifici di una ex-distilleria sono stati trasformati su progetto di Rem Koolhaas nella sede della Fondazione Prada, con la sua torre di nove piani, di cui sei dedicati a spazi espositivi. Si è creato un nuovo polo della moda in cui hanno preso sede i grandi marchi di lusso della moda mondiale, rendendolo una delle zone più ambite ed esclusive di Milano. È definito come il nuovo regno di arte, moda e cultura. L’area è caratterizzata dall’apertura continua di nuovi scenografici showroom della moda lusso. Si trova a soli due chilometri in linea d’aria da piazza Duomo.
Sempre a sud di Porta Romana su un’area di 130.000 mq si estende Symbiosis intervento di trasformazione urbana di Covivio, che su un’area con vocazione industriale e produttiva realizza un nuovo polo urbano, un diluvio di cubature con destinazioni funzionali diverse: showroom, musei, università, centri di ricerca.
Al centro del Corvetto in piazzale Ferrara è stata realizzata la nuova Residenza universitaria “Marie Curie” del Politecnico di Milano. La struttura offre 213 i posti letto in 77 appartamenti ricavati nell’edificio di proprietà del Comune di Milano, che lo ha dato in concessione per trent’anni all’ateneo: i primi 130 universitari sono già arrivati. Il 60% dei posti è riservato a chi ha la borsa del “diritto allo studio“ (con una trattenuta di 2.600 euro); per gli altri – a seconda delle tipologie e dei servizi – le cifre variano dai 6mila ai quasi 8mila euro per undici mesi.
Un valore enorme è stato estratto da quel territorio, a fronte di un quartiere che risente delle profonde diseguaglianze fra chi vive la scintillante Milano e chi si sente emarginato. Gli abitanti delle case di edilizia pubblica vivono una situazione difficile. La povertà e la convivenza fra i nuovi abitanti e quelli storici non è sempre facile.
La diffusione dello spaccio e del consumo di sostanze colpisce l’intero quartiere. La questione abitativa continua a rappresentare un grande problema. Le case di edilizia pubblica, sia regionali che comunali, sembrano abbandonate a un degrado programmato, in attesa di coinvolgere le imprese private che decideranno come disporne, in cambio del loro intervento di riqualificazione. È infatti nei piani dell’amministrazione di affidare alloggi ERP ad aziende in grado di riqualificarli per affittarli ai propri dipendenti a canone concordato. Una forma di espulsione e sostituzione della popolazione di interi quartieri popolari.
A questo si aggiunge la fragilità delle politiche sociali, sostituite da interventi di piccola scala, spacciati per rigenerazione dal basso e per politiche di inclusione e rafforzamento di legami all’interno della comunità.
Si sperimentano i Patti di Collaborazione, promossi dal Comune, i progetti di rigenerazione agroforestale, l’urbanistica tattica con le sue piazze aperte, le aiuole curate e condivise, le panchine colorate. Tutto questo spacciato come operazioni di inclusione sociale. Mentre la povertà incalza intere generazioni di giovani, le vie del quartiere si popolano di numerose gallerie d’arte e spazi culturali nelle vecchie rimesse automobilistiche, garage, capannoni e fabbriche. La separazione fra le due realtà sembra allargarsi e diventare insanabile e, come già successo in altre aree, porterà all’espulsione dei più fragili, che oggi si ribellano alla morte ingiusta di uno di loro.
L’immagine di copertina è di Wikicommons
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