EUROPA
La Barcellona pre-referendum: tra repressione, conflitti istituzionali e risposte di piazza
Dalla capitale catalana: la cronaca, il quadro politico, la repressione, gli attori istituzionali e partitici, le mobilitazioni di piazza intorno all’indizione del referendum per l’indipendenza.
• Da Madrid a Barcellona: un normale governo autoritario
Negli ultimi giorni in Catalogna si è assistito alla messa in atto di misure repressive, tecniche e di polizia, per impedire il referendum del primo ottobre, in cui il popolo catalano dovrà prendere posizione sulla possibilità di costituire una repubblica indipendente.
Vorremmo mettere in ordine i fatti di cronaca più importanti che hanno portato a tutto ciò e delineare il quadro degli attori politici istituzionali e dei movimenti sociali scesi in piazza.
LA CRONACA
Il referendum “autorganizzato” dalla Generalitat catalana (il governo regionale), chiede se “Si vuole che la Catalogna sia uno stato indipendente in forma di repubblica”. Il referendum ha una solidissima legittimazione popolare in Catalogna [1], ed è stato dichiarato formalmente vincolante dal parlamento catalano [2]. Quest’ultima è la sostanziale differenza politica rispetto al precedente analoga consultazione del 9 novembre 2014. Il referendum non è però contemplato dalla costituzione spagnola, tanto che il parlamento madrileno non lo accetta nemmeno in senso consultivo. Dopo che il Tribunale Costituzionale ha accettato il ricorso del governo nazionale dichiarando illegale la proposta di voto catalana [3], il tema è stato escluso dall’agenda parlamentare del governo di Rajoy e trattato con le armi della burocrazia. Lo scontro a livello istituzionale si è palesato inizialmente con il diffidare i membri delle istituzioni catalane a impegnarsi in qualsiasi modo nell’organizzazione del voto referendario e con il divieto di spendere anche un solo euro per la consulta. Anche per questo, Rajoy una settimana fa ha potuto commissariare i bilanci della generalitat [4]. Il ricatto economico riprende in grande i provvedimenti contro la precedente amministrazione catalana: è notizia di oggi che Artur Mas, l’ex presidente catalano, sarà costretto a restituire “di persona” i 5 milioni spesi per la precedente consultazione [5].
La situazione è precipitata da mercoledì 20 settembre. Dalla prima mattinata la Guardia Civil (la polizia militare sotto il comando dei ministeri dell’interno e della difesa) inizia a sequestrare materiale destinato al referendum, come urne e schede elettorali. Ma soprattutto arresta 14 politici e funzionari del ministero delle finanze catalano [6]. In particolare c’é Josep Maria Jové, numero due del vicepresidente della comunità, membro del principale partito indipendentista di sinistra, E.R.C. [7]. Minacce velate di arresto pendono anche sulla testa di Puigdgemont, il presidente catalano, traghettatore del processo di indipendenza [8].
L’azione di Rajoy crea martiri ed eroi per la società catalana. Migliaia di persone scendono immediatamente in piazza sotto la sede del ministero, bloccando le strade centrali di Barcellona. Nel pomeriggio, viene impedito alla polizia spagnola l’ingresso nella sede della C.U.P.
Intanto arrivano al porto di Barcellona quattromila poliziotti solo nella giornata di mercoledì [9], stessa situazione si ripresenta nei giorni seguenti, tanto da lasciare il resto della Spagna scoperta [10].
Per finire, risale a sabato la decisione di assoggettare al ministro degli Interni i Mossos (la polizia catalana) [11], i quali hanno immediatamente dichiarato di voler disobbedire all’obbligo [12].
LO STATO D’ECCEZIONE
Attraverso questo tipo di azioni si delinea un vero e proprio stato d’eccezione. Ci sono detenzioni politiche, commissariamento economico, censure (di dibattiti e siti web) e militarizzazione del territorio. Tutto questo per bloccare una consultazione referendaria, dall’esito peraltro non scontato, su cui è stato imposto un veto totale: per il governo Rajoy non solo non si può fare, ma non si può nemmeno parlare di possibili alternative.
Il referendum è illegale, punto.
Non ci si trova di fronte un semplice uso della forza per sedare proteste di piazza, in continuità con la gestione della crisi di molti governi europei. Lo scontro è istituzionale, tra potere locale e potere centrale, con una relazione sempre più stretta tra giudiziario ed esecutivo. Il clima è molto teso la l’atto di forza istituzionale non ha precedenti della recente storia spagnola ed europea. Tutto ciò sta avvenendo ancora una volta con il tacito consenso delle istituzioni europee.
Infine, si ripresenta la subalternità dei socialisti del PSOE alla destra: i commissariamenti delle finanze e della polizia della Generalitat si avvicinano molto all’arma finale più potente in mano a Rajoy, l’articolo 155 della costituzione, che permette il commissariamento dell’intera Generalitat. Il suo uso richiederebbe un voto parlamentare, che ancora non c’è stato, ma il PSOE ha informalmente rinunciato al suo diritto di veto dando legittimità politica alla violenza del governo [13].
LE PROTESTE DI PIAZZA, I MOVIMENTI
Anche per questo la risposta di piazza è mossa da una domanda di democrazia e libertà di autodeterminazione che va ben oltre la mera questione separatista. L’imperativo è prima di tutto il diritto al referendum, il diritto a decidere, partecipando al referendum come atto di disobbedienza nei confronti dell’azione del governo spagnolo. Un passo importante che mette in crisi la costituzione del 1978, figlia della “transizione” pacifica ma normalizzata dal Franchismo, la cui ombra non è mai svanita [14].
La partecipazione alle mobilitazioni di questi giorni è altissima. Una partecipazione che, almeno durante il 20S, non ha riguardato solo Barcellona, ma anche Madrid e il resto delle principali città spagnole [15]. La composizione è ovviamente variegata e costellata di contraddizioni, dove al fianco di proclami contro la deriva reazionaria del Partito Popolare spagnolo, si accompagnano applausi alla polizia catalana, i Mossos catalani buoni contro la polizia di Stato cattiva. Ma è in ogni caso una composizione ampia e trasversale. Il livello di violenza in piazza, dove si sono registrati pochissimi fronteggiamenti e cariche della polizia, è forse mitigato per ora proprio dalla presenza di persone di tutte le età, estrazione sociale e politica, nonostante la pesantissima accusa di sedizione che pende sulle manifestazioni di quella giornata [16]. Anche gli anarchici libertari, che in Catalogna hanno una importante tradizione di massa e influenza nei discorsi dei movimenti si sono espressi a favore del referendum [17] seppur da sempre critici col discorso indipendentista di stampo più nazionalista.
Le pratiche sono molteplici, sempre pacifiche e partecipate, ma molto determinate, mai normalizzate. Dopo i blocchi del 20S, nei giorni successivi tocca alle università: il commissariamento fiscale impedisce il normale svolgimento delle attività di ricerca ed insegnamento [18] e nella UB (Università di Barcellona) il rettore dichiara la sospensione delle attività, gli studenti occupano la sede centrale e si convocano assemblee. Altra protesta eclatante, quella dei portuali che si rifiutano di assistere le navi che trasportano forze dell’ordine in arrivo da Madrid [19]. Molto in voga sono le caceroladas: ogni notte alle 22 in punto, per tutta la città, affacciati alle finestre, si percuotono pentole e padelle per una protesta inclusiva e di impatto.
La disobbedienza al veto di Rajoy cessa di essere uno slogan e prende forma. Nascono comitati di quartiere con due scopi ben precisi: pubblicizzare il referendum in maniera autonoma e difendere le strade dalla massiccia presenza militare e dai presidi dell’estrema destra nazi-fascista, che cavalca il discorso patriottico spagnolista.
Il movimento che prende forma, tuttavia, seppur estremamente efficace sul piano pratico cittadino, non è ancora dotato di una forza decisionale tale da incidere sulla dinamica degli eventi: il referendum – che resta ancora nelle mani dei leader istituzionali catalani – si farà o no? E in che forma?
È un quesito più che naturale se si considera non tanto l’indipendentismo in sé, quanto la sua trasposizione giuridico-istituzionale degli ultimi due anni (il cosiddetto proces, “processo”) un percorso assolutamente diretto dall’alto, che non solo teneva fuori movimenti e società civile, ma ne normava il potenziale conflittuale. “Indipendenza” è stata la parola d’ordine, ancor prima di immaginare il futuro della società catalana. In effetti, in questa retorica, il PP ha avuto gioco facile nell’ergersi a baluardo dell’unità di Spagna, senza ulteriori responsabilità politiche.
IL RUOLO DI UNIDOS PODEMOS
In una situazione del genere, dove la palla resta nelle mani di partiti e istituzioni, un ruolo strategico nell’evoluzione delle prossime giornate può ricoprirlo il tavolo convocato da Unidos Podemos a Saragozza [20], nel tentativo di trovare una soluzione alla questione catalana, alternativa al post-franchismo del Partito Popolare [21]. La proposta è quella di un referendum legittimo concordato con la Spagna. All’assemblea partecipano le “forze del cambio” spagnole e i partiti indipendentisti. Fondamentale dal punto di vista degli equilibri politici la presenza dei liberisti baschi del PNV (Partito Nazionalista Basco), che svolgono un ruolo importante nell’approvazione dei bilanci nel parlamento spagnolo. IL PNV ha già dichiarato che userà tutto il suo peso politico per contribuire a trovare una soluzione giusta alla questione catalana [22].
Questa riunione è certamente indebolita dall’atteggiamento del PSOE che non solo non vi partecipa, ma ha anche provato a boicottarla impedendo, attraverso i sui dirigenti locali, l’utilizzo dell’edificio in cui inizialmente si sarebbe svolta l’assemblea.
PROSPETTIVE
Indipendentemente da come andrà la prossima settimana (ci si aspetta un giro di vite per quanto riguarda la repressione), possiamo dire che ci troviamo di fronte ad un mutamento, probabilmente irreversibile, della scena politica spagnola. Spesso il PP e la destra catalana sono stati, in modo più o meno subdolo, complici nell’usare in modo strumentale il tema nazionalista per eclissare i temi sociali e, strategicamente, rendere impossibile un’alleanza a sinistra tra socialisti e forze del cambio, da sempre divisi sul tema dei localismi. Ora questo equilibrio è saltato, perché le due forze politiche sono entrate bruscamente in collisione.
L’altra novità è sicuramente data dal ritorno della partecipazione di massa, la più alta, almeno in Catalogna, dal periodo del 15M. È un fenomeno che porta sicuramente al crearsi di soggettività disposte al conflitto, a un percorso di mobilitazione che può andare oltre la data del referendum. Uno sciopero generale è stato indetto per il 3 ottobre [23]. Un insieme di potenzialità con cui anche le élite catalane dovranno confrontarsi e scontrarsi.
Nella Spagna post-15M, è questa la principale macro vertenza che può fare più male e delegittimare Rajoy.
Note e Referenze
[2] http://www.publico.es/politica/referendum-catalunya-celebrara-octubre-pregunta.html
[3] http://www.eldiario.es/politica/Tribunal-Constitucional-suspende-permite-referendum_0_684182313.html
[4] http://www.publico.es/politica/gobierno-interviene-cuentas-generalitat.html
[5] http://www.lavanguardia.com/politica/20170925/431550774522/mas-ortega-rigau-homs-tribunal-cuentas-9n.html
[7] Il 27 Settembre 2015 si sono svolte le ultime elezioni autonomiche che condussero alla vittoria della coalizione indipendentista che includeva i due principali partiti catalani, quello di centro-destra (PDCat, Partit Demòcrata Europeu Català) e quello di centro-sinistra (E.R.C., Esquerra Republicana Catalana). La coalizione gode dell’appoggio esterno, numericamente indispensabile, della C.U.P. (Candidatura Unitat Popular, partito-movimento di sinistra, municipalista).
[8] http://www.eldiario.es/politica/Maza-Puigdemont-malversacion-perseverando-desobediencia_0_690481109.html
[10] Mentre scriviamo si sta svolgendo a Zaragoza un’assemblea delle “forze politiche del cambio” finalizzate a dare una risposta alternativa alla questione catalana. Movimenti di estrema destra contestano quest’atto. A quanto pare non esistono forze sufficienti a garantire la sicurezza dell’assembla. Per questo si proibisce ad i suoi membri di salire, e malgrado ció la presidente della corte aragonse viene ferita con una bottigliata http://www.publico.es/politica/grupo-ultras-obliga-bloquear-puertas-asamblea-unidos.html
[13] https://www.elconfidencial.com/espana/2017-09-18/psoe-rebaja-rechazo-articulo-155-frenar-escalada-independentista_1445503/
[14] http://www.dinamopress.it/news/in-spagna-si-va-in-carcere-per-qualche-tweet-il-caso-cassandra-e-non-solo…
[15] http://www.publico.es/pages/mapa-convocatorias-protesta-detencion-14-cargos-generalitat.html
[16] http://www.eldiario.es/politica/Fiscalia-Audiencia-Nacional-Guardia-Civil_0_689431648.html
[19] http://elmon.cat/noticia/232566/estibadors-del-port-tarragona-rebellen-contra-madrid
[20] http://www.eldiario.es/politica/convocada-Unidos-Podemos-territorial-exclusiones_0_689432075.html
[21] http://www.eldiario.es/politica/DOCUMENTO-Manifiesto-libertad-fraternidad-convivencia_0_690131275.html
[23] http://www.eldiario.es/catalunya/politica/MINUTO-Diada_13_685361458_12294.html