DIRITTI
La banalità della “emergenza immigrazione”.
Con l’arrivo della primavera sono ricominciati gli sbarchi sulle coste siciliane: solo negli ultimi due giorni sono stati soccorsi circa 4 mila migranti dalle navi di Mare Nostrum. Un evento prevedibile non solo perché migliaia di persone [..] continuano a guardare l’Europa come speranza di futuro e con il “mare calmo” si presenta la loro unica occasione, ma anche a causa dell’instabilità politica di alcuni paesi della sponda sud del Mediterraneo. L’Europa dell’austerità e dei confini invalicabili continua a dichiarare guerra a questi esseri umani che una volta affrontato il mare si trovano ad affrontare come noi le contraddizioni delle democrazie occidentali e la ferocia della crisi economica.
La guerra civile in Siria e gli scontri armati in Libia mettono seriamente in crisi la politica europea di esternalizzazione dei confini. I nuovi governi libici non riescono a controllare il territorio e dunque il tentativo degli esecutivi europei di replicare gli accordi stretti anni prima con Gheddafi, non funziona da soluzione ed in questo senso possiamo anche tirare un sospiro di sollievo, considerando le torture e le ingiustizie subite dai migranti nei centri di detenzione nel deserto libico. Al tempo stesso, le immagini delle tragedie umane che si stanno consumando sul territorio siriano, costringono milioni di persone a spostarsi verso le aree confinanti. Ogni giorno carovane di profughi raggiungono le zone di frontiera, con l’obiettivo di mettersi al sicuro. Nei campi profughi sorti in Turchia, in Libano, in Giordania, molti siriani sperano di fuggire verso l’Europa.
Il quadro geopolitico appena accennato basta per comprendere come l’ aumento degli sbarchi in primavera fosse del tutto prevedibile. Eppure tutte le istituzioni sembrano esser state colte di sorpresa: le navi schierate dalla marina militare non sono sufficienti per salvare tutti i barconi in transito verso l’Italia; i centri di accoglienza in Sicilia sono già stracolmi, il sistema di accoglienza italiano non ha la capienza adeguata per ospitare l’elevato numero di arrivi. Dunque la soluzione sembra essere il lancio dell’ennesima emergenza immigrazione “eccezionale” che apre il campo ai consueti provvedimenti “eccezionali” per fronteggiare un problema tutt’altro che inatteso, spesso in barba al rispetto dei diritti umani.
Così almeno pensa di agire Alfano, che nei giorni scorsi ha dichiarato come “l’emergenza si fa sempre più grave, non c’è uno stop agli sbarchi”. Il ministro dell’Interno ha reso noto ai giornalisti un fantomatico rapporto dei servizi segreti che annuncia l’arrivo di mezzo milione di migranti, una “valanga umana” pronta ad imbarcarsi verso la Sicilia. Un’affermazione rivolta al governo italiano e all’Ue, per avere dal primo interventi rapidi, dal secondo fondi aggiuntivi per gestire il flusso.
Verrebbe da dire “siamo alle solite”. Lo spettro di un’improbabile invasione viene agitato per ricorrere a misure fuori dall’ordinario, ma sappiamo bene cosa comportano questi provvedimenti. Da più di venti anni, governi di differenti schieramenti agiscono in questo modo, con effetti a dir poco disastrosi. Lo stato di emergenza continua da una parte ha arricchito le vere e proprie lobby del settore, dall’altra ha costantemente calpestato i diritti dei migranti. Tutto ciò avviene senza approntare alcun miglioramento al sistema di accoglienza, la cui capienza è costantemente sotto-determinata, nonostante le misure sporadiche e comunque insufficienti come il recente rinforzo dello Sprar.
Il sistema dell’emergenza sembra funzionare in automatico, un circolo continuo che riproduce costantemente se stesso: strutture di accoglienza insufficienti-sbarchi-allarme invasione- emergenza e così via all’infinito.
Tuttavia, a ben vedere, si possono notare alcune differenze con le esperienze precedenti. L’emergenza è ormai diventata una banalità, ovvero non è più necessario che avvenga un fatto eclatante, almeno per l’opinione pubblica, per giustificare l’attuazione di un “piano emergenza” fuori controllo e privo di senso. Il ruolo che le autorità avevano assegnato all’isola di Lampedusa, come area di raccoglimento per i migranti in arrivo dall’Africa è stato ripartito tra alcuni paesi della costa siciliana. Lampedusa adesso è un fortino in mezzo al Mediterraneo, occupato per lo più dalle forze dell’ordine in tutte le sue articolazioni, dall’esercito fino alla guardia di finanza. Al suo posto adesso leggiamo sui giornali nomi di altri comuni: Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta. In realtà si tratta solo di porti dove non c’è alcuna struttura di accoglienza. I prefetti delle aree interessate hanno già chiesto l’aiuto della Protezione Civile. Finora la notizia, priva di stragi (sempre e solo grazie alla buona stella, non ad altro) non ha ancora propriamente “bucato lo schermo” mainstream. Scarseggiano le reazioni razziste della Lega Nord e le notizie degli sbarchi sono relegate all’interno dei quotidiani, con poca visibilità. Il “mostro” di Lampedusa pare scomparso, il simbolo dell’immaginaria “invasione dei clandestini” ha perso parte della sua funzione di allarme sociale.
Nelle prossime settimane la partita si giocherà negli aeroporti, nei CIE e nei porti dove i migranti che non avranno diritto all’accoglienza verranno spostati per essere rimpatriati e, chissà, forse per trovare la morte nei loro paesi o per ricominciare da zero e tentare un nuovo “viaggio della speranza”. Costruire un’Europa dei diritti e dell’accoglienza è un’urgenza. Anzi un’emergenza.