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EUROPA
Kagarlitsky: «Putin e l’élite russa sono sempre più isolati»
Un’intervista allo storico dissidente e attivista di sinistra russo per comprendere meglio la situazione interna al paese. «Il fallimento militare è ormai evidente e anche alcuni membri dell’apparato militare sono contrari alla guerra»
Il tanto atteso discorso di Putin durante il Giorno della Vittoria ha stupito molti: chi si aspettava la chiamata a una mobilitazione totale e la dichiarazione pubblica di “guerra” all’Ucraina (fin qui chiamata dal governo russo semplicemente “operazione speciale”), è rimasto disatteso; chi, d’altro canto, puntava su una de-escalation verbale che corrispondesse alla ricerca di trattative e negoziati sul campo allo stesso modo ha potuto scorgere ben pochi segnali in tal senso. Il presidente russo ha sostanzialmente ribadito posizioni e ragionamenti con cui ha giustificato inizialmente l’invasione dello stato confinante.
Ma la situazione in Russia rimane complessa e difficile da comprendere appieno. L’insuccesso militare è ormai evidente agli occhi dell’opinione pubblica, mentre i primi effetti delle sanzioni si ripercuotono nell’economia. L’opposizione alla guerra continua, nonostante la repressione, ma la maggior parte delle persone “pensa ad altro” e in tanti (circa 4 milioni, secondo le stime dell’Unhcr) hanno lasciato il paese. Ne abbiamo parlato con Boris Kagarlitsky, sociologo e teorico marxista (autore di The Thinking Reed: Intellectuals and the Soviet State From 1917 to the Present), attivista di sinistra e “dissidente” che per alcuni anni ha pagato col carcere la sua attività di opposizione politica durante l’Unione Sovietica e che, recentemente, è stato dichiarato “agente straniero” (un modo per aumentare la pressione nei suoi confronti).
Come valuti la situazione bellica in questo momento?
Io penso che ci sia un’incomprensione di fondo, soprattutto da parte dei media occidentali, rispetto alla vera natura di questa guerra. Spesso si è convinti che il regime di Putin – o in alcuni casi addirittura tutto il popolo russo – abbia delle ambizioni “imperiali” di ricostituire l’Unione Sovietica e di riportare sotto il proprio controllo tutte le nazioni confinanti. Ma dobbiamo tener presente alcuni dati: Putin governa ormai da vent’anni e ci sono stati momenti molto più favorevoli di quello presente per avviare un’invasione dell’Ucraina. Anche il 2014 rappresentava un’occasione significativa per conquistare una buona fetta del territorio ucraino: ricordiamo che in quel momento l’esercito di Kyiv era molto più debole di adesso e, inoltre, non c’era neanche un governo legittimo a cui questo esercito avrebbe obbedito. Eppure Putin non avviò nessuna invasione, ma si “limitò” ad annettere la Crimea sulla spinta sia della pressione della stessa popolazione della penisola che delle proprie élites militari che erano favorevoli a un’operazione di questo tipo.
Da un punto di vista ufficiale, l’annessione della Crimea fu giustificata come un’operazione per prevenire lo scoppio di una guerra simile a quella del Donbass, che infatti nel caso della penisola sarebbe stata molto più difficile da portare avanti col modello della “guerra per procura” messo invece in campo nelle repubbliche indipendenti. Questo, secondo me, prova che Putin non avesse delle ambizioni di conquista territoriale più ampia rispetto all’Ucraina. Certo, bisogna tener presente anche altri elementi fra cui la spinta delle grandi aziende capitalistiche del paese per avere sotto controllo le risorse ucraine, le quali aziende si trovano – com’è normale nei meccanismi capitalistici – in competizione con i loro concorrenti dell’ovest.
In ogni caso, anche quest’ultimo elemento non giustifica e spiega le ragioni dell’invasione del 24 febbraio. Io sono convinto che questa guerra non abbia nulla a che fare con la politica estera. Al contrario, le ragioni ultime riguardano le nostre vicende interne: la società russa si trova in uno stato di profonda crisi e la popolarità di Putin era davvero molto bassa. Parlo del “sostegno reale” al Presidente, non quello che viene mostrato in tanti sondaggi che sono assolutamente pilotati. Durante le elezioni di settembre, il partito presidenziale ha perso in maniera rovinosa e per quello ha dovuto ricorrere a brogli pesantissimi ed evidenti. Ci sono sempre brogli alle elezioni russe, ma stavolta l’entità era tale che tante persone si sono indignate. Pure la partecipazione al voto è stata molto bassa. In più la situazione economica è molto difficile. Non dimentichiamoci infine di un ultimo punto: nella primavera del 2021, si era già sviluppata una crisi militare ai confini con l’Ucraina, eppure neanche in quel momento venne avviata un’invasione.
Quindi, perché proprio ora?
Perché è la situazione interna alla Russia a essersi fortemente deteriorata e pertanto, io credo, il regime di Putin ha voluto mettere in campo il piano di una “piccola guerra vittoriosa” (маленькая победоносная война). Questo spiegherebbe come mai non ci fosse alcun “piano b” e come mai gli alti le alte sfere militari non riescono a dar conto in maniera soddisfacente delle ragioni di questa guerra. Non smettono di contraddirsi, e cambiano in continuazione dichiarazioni, obiettivi, ecc. Il piano insomma era quello di ottenere una vittoria militare nel più breve tempo possibile, generare un entusiasmo di massa e rinvigorire così il consenso per Putin.
Quello che sarebbe successo dopo non aveva molto importanza: semplicemente si pensava di trovare qualcuno che accettasse di formare un governo fantoccio a Kyiv e lasciarlo lì a risolvere i problemi creati dall’invasione. Ma il punto importante è che non c’era un piano di lungo termine riguardo all’Ucraina. E questo in qualche modo spiega bene anche il fallimento conclamato dell’invasione: hanno preso in buona sostanza un piano militare preparato per le circostanze del 2014, ma l’hanno messo in atto con otto anni di ritardo, in tutt’altro contesto.
Come dicevo: in questo momento l’Ucraina possiede un governo legittimo (un governo di destra populista) e un esercito ben preparato. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno aiutato Kyiv ad addestrare le proprie forze armate negli ultimi otto anni, anzi in particolare della Gran Bretagna: le tattiche di guerra che stiamo vedendo rimandano molto di più a quest’ultima, con un forte uso delle unità mobili per contrastare un esercito più grande. Ma prendiamo anche la questione del Donbass: nel momento in cui sono state fondate, nel 2014, le Repubbliche Popolari godevano di un reale supporto della popolazione e rappresentavano un progetto politico che riscuoteva anche un certo consenso all’interno della stessa Ucraina. Tuttavia, la gestione putiniana di questi territori è stata un disastro e ha eroso qualsiasi tipo di sostegno, arrivando addirittura a uccidere alcuni leader indipendentisti.
Non sembra una situazione semplice per il leader russo…
Putin e il suo entourage si sono trovati impantanati in una guerra di lunga durata, che non hanno possibilità di vincere dato anche il forte supporto dato dall’Occidente alle forze armate ucraine. In più, il grado di sostegno all’operazione speciale interno alla società russa non sembra corrispondere a quello mostrato dai sondaggi. Sono stato in diverse città da quando è scoppiata la guerra, e non ho visto chissà quale entusiasmo da parte della popolazione. D’altra parte, non c’è neanche un’opposizione così forte. La maggior parte delle persone in Russia, al momento, mi pare che anzi provi proprio a rimuovere la questione, a non pensare in alcun modo alla guerra.
Circa quattro milioni hanno lasciato il paese, e questo ha a che fare con la condizione di basso morale che sta creando la guerra: non c’è nessun orizzonte di speranza, nessuna idea di futuro… È un’emigrazione che ha natura indirettamente politica, potremmo dire. Intanto, le sanzioni stanno davvero distruggendo l’economia anche se ancora non si sente appieno. I dirigenti delle grandi aziende lo capiscono e sono disperati, ma la gente comune non se ne accorge più di tanto: ci sono ancora tante scorte di materiale e prodotti disponibili. Il punto è capire che cosa succederà quando queste scorte finiranno. Altro elemento interessante: i prezzi stanno salendo, ma si tratta di un processo che già era iniziato prima dell’invasione quindi non viene mentalmente associato alla guerra.
Intanto, anche quella parte di opinione pubblica più patriottica e di destra – che ha supportato l’invasione – sta iniziando a irritarsi per quello che succede sul campo: i fallimenti militari non vengono chiaramente visti di buon occhio e stanno iniziando a criticare il governo per aver avuto la responsabilità di aver iniziato una guerra che non era in grado di vincere. Anche una personalità come Igor Strelkov [field commander di milizia popolare народное ополчение in Dontsk durante la guerra di 2014., ndr] sta rilasciando dichiarazioni molto dure riguardo all’operazione speciale.
Ecco che le élites russe si trovano fra due fuochi, perché stanno perdendo pure il sostegno di quelle forze che inizialmente erano molto a favore della guerra. Non dimentichiamoci che comunque non si tratta di una situazione nuova nella storia: qualcosa di simile è successo durante la Prima Guerra Mondiale, durante la guerra russo-giapponese e la Prima Guerra Mondiale, ma anche in America durante la guerra in Vietnam.
Anche gli apparati di potere si stanno spostando su posizione contrarie alle guerra?
Gli oligarchi e i dirigenti d’azienda vogliono la pace. I loro affari sono tremendamente danneggiati da questa guerra. Mi capita di avere incontri con dirigenti e uomini d’affari e sono davvero in uno stato di panico. Ma, apparentemente, anche molte figure interne all’apparato militare sono paradossalmente “pro-pace”, perché stanno iniziando a capire che non possono vincere oltre al fatto che si rendono conto che ci vorranno anni per ricostruire e ricompattare l’esercito.
Chi è ancora manifestamente a favore della guerra? Le alte sfere della burocrazia e del governo, per cominciare. Sono corrotti e hanno per ora ottengono guadagni da quanto sta succedendo. E iniziano a essere spaventati dalle altre figure di potere che invece iniziano a essere contro l’invasione: come dicevo, gli oligarchi e l’apparato militare. Si sentono spaventati e chiusi in un angolo, ma proprio per questo vorrebbero prolungare la guerra all’infinito.
Così come vuole prolungarla la “macchina della propaganda”. Quando parlo di “macchina della propaganda” in Russia parlo di una vera e propria industria, uno dei maggiori business del paese: lavorare in questo “settore” ti permette di fare profitti quasi uguali a quelli del settore petrolifero. E in questo caso non interessa neanche tanto se si vince o si perde, interessa che ci siano disastri e tragedie: più disastri e più tragedie significano più soldi. Un vero e proprio “partito della guerra”.
Per Putin il problema è rappresentato dal fatto che sa, una volta terminata la guerra, dovrà rispondere di quanto è accaduto sia a livello interno che a livello internazionale. Per questo, come un po’ tutto il suo entourage, è interessato a prolungare la guerra: anche se perde posizioni, può comunque presentarla come un’operazione di protezione delle persone che vivono in quei territori dall’attacco ucraino.
Il fatto è che non sembra esserci una forza che sia in grado di fermare Putin, al momento. Si vocifera di un possibile colpo di stato, ma si tratta appunto solo di voci difficili da verificare. Allo stesso tempo, la resistenza popolare non ha la capacità di ribaltare il governo. Ma c’è da dire che l’opposizione dal basso è ancora viva e sta crescendo e non è stata spezzata dalla repressione.
Come si sta muovendo la sinistra? Ci sono contatti fra sinistra ucraina e sinistra russa?
Partiamo dall’Ucraina. La sinistra ucraina in questo momento si trova in una situazione di difficoltà. In generale, forze e partiti di sinistra in Ucraina vengono accusati di essere pro-Putin, nonostante molte di queste forze e di questi partiti di fatto abbiano pubblicamente condannato l’invasione. Se sei un attivista di sinistra, rischi di essere fisicamente attaccato dalle forze di sicurezza. Ma ci sono anche tanti attivisti che si sono uniti alle forze di unità di difesa territoriale, magari anche come forma di auto-protezione. A ogni modo, dalla Russia stiamo mantenendo i contatti e stiamo cercando di attivare forme di collaborazione.
Il problema è intendersi su quale sia il nemico comune, perché va detto che ci sono alcuni con posizioni di equidistanza fra lo stato russo e lo stato ucraino: insistono sugli aspetti negativi del governo ucraino e leggono questa guerra come uno scontro fra due imperialismi, per quanto uno sia evidentemente più piccolo dell’altro. Non sono d’accordo, nonostante non abbia alcuna simpatia per il governo e per lo stato ucraino, ma è chiaro che la guerra è stata iniziata da Putin. Nel 2014, io sostenevo le iniziali rivolte a Lugansk e Donestk perché si trattavano di rivolte popolari, perlopiù pacifiche, e condannavo la conseguente repressione del governo ucraino. Ma ora il contesto è differente.
Quindi, il contesto è certamente più complicato rispetto a come lo presentano i media mainstream ed è bene ricordare il forte grado di repressione che subiscono gli attivisti di sinistra in Russia: ci sono persone arrestate durante i primi giorni di guerra delle quali non sappiamo nulla. Ciononostante, non si può accettare nessuna equiparazione fra le responsabilità ucraine e russe rispetto alla guerra.
Nel contesto russo, d’altra parte, ci sono stati anche settori della sinistra parlamentare come Russia Unita che hanno assunto posizioni “social-scioviniste”, per usare un termine di Lenin. Nel Partito Comunista le cose sono un po’ più complicate, perché la leadership del partito è “pro-guerra” mentre la stragrande maggioranza della base è assolutamente contraria. Come Russia Unita, si erano messi a espellere i propri membri contrari alla guerra ma hanno smesso perché sarebbero finiti a non avere più un partito.
Dobbiamo spiegare che la opposizione ufficiale nella Duma e la sua leadership sono controllati dallo stesso governo. Esiste pero l’opposizione non-parlamentare indipendente anche socialista e comunista.
Al di fuori di queste dinamiche, attivisti e attiviste che si oppongono alla guerra si stanno riunendo e discutendo in un gruppo Telegram che si chiama невойна (“No alla guerra”), in cui si possono trovare le posizioni che sta assumendo la sinistra russa: ritiro delle truppe, referendum nei territori contestati, ecc. Il problema è come mettere in pratica queste posizioni senza avere un vero cambio politico nel nostro paese. Al momento la situazione è terribile, per quanto pure il potere di Putin non può durare per sempre. È importante però che la sinistra occidentale faccia distinzione fra il governo e il popolo russo. C’è molta propaganda che dipinge tutti le persone russe come imperialiste, ma non è così.
Immagine di copertina di Mana Kaasik. Woman holding a poster “Stop Putin” at the demonstration in support of Ukraine at the Tartu Town Hall Square in February 26th 2022. Fonte wikimedia commons
Immagine nell’articolo di Vyacheslav Argenberg da commons.wikimedia.org