ROMA

Jojo, la bellezza della lotta

Jojo ha attraversato, da protagonista, molte stagioni di movimento, con uno stile inconfondibile. Entusiasta, attento, premuroso, ha avuto un raro talento nel mettere in moto l’intelligenza collettiva e coltivarla con sapienza.

Michel Foucault, nella prefazione alla traduzione americana de «L’Anti-Edipo» di Gilles Deleuze e Félix Guattari, invita a non credere che «si debba esser tristi per essere dei militanti, anche quando la cosa che si combatte è abominevole». Josef – Jojo per un’ampissima cerchia di attivistə e amicə – è stato l’incarnazione di questo monito. Ha attraversato, da protagonista, molte stagioni di movimento, con uno stile inconfondibile. Entusiasta, attento, premuroso, ha avuto un raro talento nel mettere in moto l’intelligenza collettiva e coltivarla con sapienza.

L’esperimento da candidato incandidabile alla carica di sindacə ha avuto ampissima risonanza, anche fuori Roma. Negli anni più recenti Jojo ha proseguito, senza sosta, nella creazione di collettivi, reti, spazi di discussione, mobilitazioni. Con l’esplosione globale, nel 2020, delle mobilitazioni contro il razzismo strutturale, è stato tra lə promotorə delle esperienze Black lives matter a Roma e in Italia. 

Aveva la capacità di scovare tracce nuove da esplorare, linguaggi inediti da mettere a verificare, inconsuete soggettività da coinvolgere. Nella sua traiettoria, la posta in gioco non è mai stata la mera testimonianza di quanto il razzismo sia uno dei pilastri intorno ai quali è organizzata la società: per Jojo era indispensabile individuare, attraverso il costante dialogo aperto con una moltitudine di attivistə di almeno tre generazioni, un’ipotesi di intervento politico di ampia portata e dargli corpo. 

La presenza di Jojo è stata, per moltissimi anni, un toccasana per le dinamiche assembleari in cui si immergeva. Accogliente e complice, specializzato nel dare risalto ai punti di convergenza e alle possibili traiettorie comuni, allergico al protagonismo fine a sé stesso e ai rancori incrociati: ha avuto uno speciale talento nel far funzionare la discussione collettiva e la messa in rete di soggettività tra loro distanti.

Aveva l’abitudine di prediligere le lunghe telefonate ai messaggi whatsapp: è sintomatico di quanto, per Jojo, fosse indispensabile percepire una connessione profonda con le persone con le quali interloquiva. Non aveva comunicazioni da consegnare, ma coltivava l’incessante necessità di costruire, in maniera dialogica, un discorso e un sapere che fosse a metà tra lui e l’interlocutorə.

È  stato anni luce lontano dallo sconfittismo, dalle remissività e dalla rinuncia. Archiviate rapidamente esperienze vittoriose e sconfitte, Jojo è stato di volta in volta una fucina di proposte originali, presentate a volte in punta di piedi, altre volte con strabordante passione.

La sua intensa traiettoria di attivismo e di vita ricorda, per certi versi, quella di Gert dal Pozzo, protagonista di Q, il romanzo storico di Luther Blissett (in seguito Wu Ming). Come Gert, Jojo ha attraversato spazi e tempi diversi formulando, ogni volta che è stato necessario, ipotesi politiche nuove. Si è immerso nelle più diversificate esperienze di lotta, nella consapevolezza che «ricominciare da capo non significa tornare indietro».