MONDO

Istanbul ha un sindaco, per il momento

In attesa della sentenza delle Corte Suprema Ekrem Imamoğlu, candidato dell’opposizione, è stato nominato primo cittadino della città. Un risultato difficile da accettare per Erdoğan

La contesa su Istanbul è finita: dopo 17 giorni di ricorsi, accuse, riconteggi, ispezioni della polizia le chiavi della città sono state consegnate a Ekrem Imamoğlu, il candidato della coalizione di opposizione. Almeno per il momento, perché la Suprema corte elettorale, la stessa che ha convalidato il risultato, allo stesso tempo dichiara di non avere ancora preso una decisione sul ricorso presentato dal Partito di governo, il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di Erdoğan per annullare e ripete le elezioni nella città: se dovesse essere accolto, il mandato che Imamoğlu ha appena preso in consegna varrebbe carta straccia.

Comunque sia il nuovo sindaco ha tenuto un toccante discorso di insediamento davanti a decine di migliaia di persone: ha salutato turchi, curdi , armeni, greci e tutto il popolo e ha ribadito di voler difendere i diritti di tutti, a partire dai giovani, dalle donne e dalle minoranze. Si tratta di una piccola rivoluzione per l’intensa megalopoli turca: dopo 25 anni di governo filoislamico e conservatore, prende le redini il partito laico e repubblicano, con un sindaco giovane, dinamico, carismatico che contrappone l’ “essere gentile” all’aggressività degli esponenti di governo.

Erdoğan continua a far fatica ad accettare questo risultato e ne ha diverse ragioni. In primis sono stati i due mandati da sindaco di Istanbul a consacrarlo sulla scena politica : la sua amministrazione energica, efficiente, pervasiva aveva lasciato il segno e un buon ricordo negli abitanti, che gli riconoscono di aver affrontato problemi cronici della città e aver migliorato la vita in molti quartieri. Una perdita pesante anche in termini di sostegno economico, essendo la città che contribuisce a un terzo dell’economia del paese e dove risiedono i principali investitori e finanziatori dei partiti. Un osso che Erdoğan non è disposto a mollare facilmente.

Ma le controversie sul voto amministrativo non si sono limitate a Istanbul. Lontano dai riflettori, diversi altri sindaci stanno combattendo per ottenere l’incarico che il risultato elettorale gli ha conferito. Appartengono tutti a Partito democratico dei popoli (HDP), l’opposizione di sinistra filocurda, che nel sud est del paese ha inflitto un altro colpo al governo. Nonostante una stato di quasi occupazione di molti territori, con la presenza di forze armate e commissari governativi che avevano preso il posto di più di 100 sindaci curdi legittimamente eletti nelle amministrative precedenti, in quest’ultima tornata elettorale la maggior parte delle municipalità governate dai commissari sono tornate nelle mani dell’HDP.

Una vittoria che probabilmente sarebbe stata ancora più diffusa se fossero stati accolti i ricorsi dell’HDP su alcuni municipi dove ha prevalso per un pelo la coalizione di governo e che è minata dalla sospensione decisa dalla Suprema corte elettorale di 7 di loro, perché parte dei 50mila funzionari durante lo stato di emergenza post-golpe erano stati allontanati dal loro incarico pubblico. Una decisione del tutto politica che ha sollevato molte manifestazioni di protesta e dà idea della fragilità della democrazia turca.