approfondimenti
EUROPA
Instabilità in Moldavia: intervista a Vitalie Sprinceana
Un dialogo con Vitalie Sprinceana, sociologo e attivista politico moldavo, per comprendere quel che sta avvenendo in questo paese dell’Est Europa in relazione alla guerra in Ucraina e alle notizie sulle tensioni interne
Inanzitutto vorremo che ci aiutassi a conoscere meglio il tuo paese. Qual è stata la situazione in Moldavia dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, in particolare in riferimento alla regione della Transnistria? Ci sono stati cambiamenti significativi dopo l’invasione russa dell’Ucraina?
Non sono un nostalgico, ma ritengo che la storia della Moldavia dopo la caduta dell’URSS sia una storia triste. Parliamo di un preciso processo che ha portato a un profondo sottosviluppo del Paese, in una forma simile a quella descritta per l’Africa da Walter Rodney nel suo libro How Europe Underdeveloped Africa. Non sto dicendo che ci sia stato un preciso agente di questo sottosviluppo ma che c’è stato un costante deterioramento dell’economia accompagnato da grandi flussi emigratori e da un crollo negli standard di vita. La storia della Moldavia dopo il crollo dell’URSS è un caso esemplare di un processo di costante deterioramento della vita sociale, politica e culturale che ha riguardato molti paesi dell’ex-blocco sovietico. Per intenderci, negli ultimi 33 anni la Moldavia non ha mai più raggiunto i valori di PIL pro capite che aveva raggiunto negli ultimi anni di esistenza dell’URSS.
Il caso della Transnistria è molto interessante, per certi aspetti rappresenta un continuo richiamo a quel che succedde nell’epoca sovietica. È interessante notare che ad esempio molti giovani non abbiano idea di cosa sia stata l’URSS, di cosa sia la Transnistria o del perché sia sulle mappe. Credono semplicemente che sia un’anomalia, un’entità separatista creata dalla Russia, esattamente come racconta il discorso pubblico dominante. Questo è solo parzialmente vero, dato che il problema della Transnistria è emerso in prima battuta negli ultimi anni della perestroika a causa dell’errata gestione di varie vicende. Ci fu infatti un’emersione di un forte nazionalismo nell’ex-Repubblica Sovietica di Moldavia che creò non poche ansie a Tiraspol (capitale della Transnistria). A questo conseguì un ciclo di provocazioni e condanne reciproche che portò al risultato che tutti conosciamo. Lo studioso dei paesi post sovietici Keith Harrington riporta come nel 1990 ci fossero grandi tensioni in tutta la Moldavia. Eppure solo in Transnistria queste tensioni portarono a un conflitto a causa dell’ incapacità delle autorità moldave nel gestire la situazione. Ovviamente ci furono anche le interferenze della Russia che si collocarono in un quadro già molto teso ma ciò non toglie le responsabilità delle istituzioni e il ruolo del nazionalismo moldavo. Tutto questo oggi è negato nel discorso pubblico e la Transnistria viene presentata come qualcosa che “è accaduto” alla Moldavia e sul quale non c’è alcuna responsabilità.
L’invasione russa dell’Ucraina ha drammaticamente peggiorato la situazione. Nel corso degli anni la Transnistria era diventata una regione molto pacifica, i leader locali avevano capito di trovarsi ormai stretti tra Moldavia e Ucraina e di dover dunque tenere la testa bassa. Persino nelle prime fasi della guerra, tennero questo atteggiamento. Poi, quando la guerra si è avvicinata al confine transnistriano, in diversi hanno pensato che la Transnistria sarebbe in qualche modo intervenuta percependo un avvicinamento della Russia. Ma questo non è accaduto e i leader della regione dal primo giorno del conflitto hanno chiuso i confini e stanno tentando di restare pacifici e mantenere un dialogo pacifico con la Moldavia. Vari incidenti di dubbia origine hanno reso difficile questo dialogo. In Transnistria si accusano i servizi segreti ucraini di essere dietro questi incidenti. Altri dicono ci siano altri attori in campo, interessati a un deterioramento dei rapporti tra Moldavia e Transnistria. Quel che è certo è che la Transnistria è sempre al centro delle dichiarazioni delle autorità ucraine che affermano di poter aiutare la Moldavia a risolvere “il problema” militarmente ma finora le autorità moldave non hanno ceduto a queste pressioni e continuano a sostenere che l’unica via da percorrere sia quella della pace.
Abbiamo letto delle dimissioni del governo della Prima Ministra Natalia Gavrilita nel mezzo di una crisi legata a pressioni russe sul prezzo dell’energia e a manifestazioni “pro-Russia”. Sembra comunque che il partito “pro-UE” sia ancora in grado di governare. Qual è la situazione nello scontro tra “pro-russi” e “pro-europei”? Pensi sia possibile un cambiamento della costituzione moldava che stabilisce la neutralità e uno spostamento del paese verso l’UE e la NATO? Quali sarebbero le conseguenze sociali di una tale decisione?
Credo che l’utilizzo di etichette come “pro-Russia” “pro-UE” sia errato. È vero che alcuni partiti si dichiarano vicini alla Russia e altri vicini all’Europa ma in ogni caso non conosciamo fino in fondo la loro strategia. In Moldavia c’è un grande dibattito su cosa significhino la Russia e l’Europa per il Paese. Il partito europeista attualmente al governo ha vinto con un’ampia maggioranza nel 2021 e si trova attualmente in una situazione paradossale. Gode infatti di bassissima popolarità nel Paese ma di un’altissima popolarità all’estero. Questo ha portato molti a pensare che il governo quindi sopravviva unicamente per il supporto che riceve dall’UE, che ha ad esempio aiutato molto la Moldavia con finanziamenti al fine di rendere sopportabile l’innalzamento dei costi dell’energia, fatto inedito dato che si tratta della prima volta che l’UE fornisce così tanto denaro, cosa mai vista coi governi precedenti. La stessa Presidente Maya Sandu è molto sotto i riflettori, avendo tenuto diversi discorsi in compagnia di importanti leader occidentali, Biden compreso, ed è già previsto che intervenga a un importante meeting di leader europei a giugno. La situazione è quindi paradossale e il governo si tiene in piedi più per il supporto politico ed economico dall’estero che per la sua popolarità in Moldavia.
Ci sono molte proteste “pro-Russia” nel paese ma in molti pensano che siano finalizzate a non far scoppiare un reale malcontento sociale. Sono proteste molto pacifiche, niente di paragonabile a quel che vediamo in Francia. Personalmente non credo che queste proteste siano del tutto finalizzate a contenere il malcontento sociale ma è quel che concretamente avviene. Del resto, il discorso pubblico sulla neutralità è cambiato radicalmente e drammaticamente. All’inizio della guerra il governo stava genuinamente sostenendo la posizione di neutralità, ritenendola la miglior garanzia per la sicurezza del Paese. Poi, quando la guerra è proseguita e gli esiti sono diventati incerti, il discorso pubblico è cambiato. Attualmente il governo non sembra aver intenzione di cambiare la Costituzione che sancisce la neutralità ma il leit-motiv è diventato quello per cui pur rimanendo la Moldavia neutrale, sia comunque necessario comportarsi come se non lo fosse. In questo senso, la Moldavia ha preso parte alle sanzioni alla Russia e sta stringendo vari contratti per l’acquisto di armamenti. Siamo in una situazione paradossale di formale neutralità ma di concreto avvicinamento all’UE ed alla NATO, se non su un piano già militare, sicuramente sul piano politico. Questo sviluppo è molto problematico perché la Moldavia dovrebbe piuttosto usare la sua posizione per cercare di mediare nel conflitto, anche alla luce delle radici culturali e della storia comune con Ucraina e Russia e del fatto che la Moldavia non ha mai spedito armamenti alle due fazioni, fornendo invece un significativo aiuto umanitario. Il discorso pubblico è diventato molto militarista, le spese militari sono molto aumentate e c’è un’ansia sociale diffusa. Questo paradosso deriva direttamente dal fatto che mai il concetto di “neutralità” in Moldavia è stato esplicitato positivamente. È sempre stata piuttosto intesa come il non stare “né con la Russia né con la NATO” e mai come una posizione attiva di rifiuto degli schieramenti e di azione in favore della pace e del dialogo, in associazione con altri paesi “non schierati”. Questa accezione negativa ha reso quella della neutralità una posizione debole.
Al di la della questione della Transnistria, qual è l’atteggiamento dei moldavi rispetto all’invasione russa dell’Ucraina? In Italia diverse notizie riportano che il governo russo voglia destabilizzare ulteriormente il paese sia con nuove manifestazioni ma anche con una qualche sorta di azione militare, diretta o indiretta. Pensi ciò sia possibile?
Le voci riguardanti un’intenzione della Russia di aprire una sorta di “corridoio” verso la Transnistria si sono rincorse fin dai primi giorni della guerra, mentre gli ucraini hanno più volte affermato di poter aiutare la Moldavia col “problema della Transnistria” senza particolari problemi per la Moldavia stessa, essendo dotati dell’adeguata esperienza militare. Queste continue voci hanno in qualche modo normalizzato la sensazione che nulla può esser dato per scontato, diffondendo ansia sociale e preoccupazione per un allargamento del conflitto alla Moldavia. I moldavi sono divisi rispetto alla guerra. Alcuni giustificano la guerra, non perché ritengano Putin un bravo ragazzo ma per varie altre ragioni. Ad esempio. c’è un’idea diffusa per cui l’URSS non sia crollata per ragioni endogene ma a causa delle interferenze occidentali e di conseguenza chi ha perso tutto col crollo dell’URSS vede la guerra come una vendetta, una sorta di lezione agli USA e all’Occidente a prescindere dal fatto che a essere bombardati siano gli ucraini. Non sto dicendo che chi appoggia l’invasione sia nel giusto ma che dietro questa posizione ci sono varie motivazioni profonde, anche di ordine personale. Molti moldavi ad esempio sono emigrati a vivere e lavorare in Russia e sentono quel paese come parte della propria identità. Molti moldavi sono tutt’ora bloccati in Russia. Dall’altro lato anche chi condanna la guerra lo fa per ragioni diverse. Andiamo dalla russofobia al nazionalismo moldavo ma anche alla semplice idea che la guerra sia un orrore. Di fatto la società è spaccata in due. È una situazione complessa e delicata che andrebbe maneggiata con cura, dato che questa guerra è arrivata in un momento di grande fragilità per la Moldavia in cui ci sarebbe stato bisogno di dialogo e distensione per curare le ferite e guarire la società.
La guerra ha invece radicalizzato molte persone. I gruppi più rappresentati dai media condannano l’invasione russa ma c’è in generale un odio sociale diffuso e molti gruppi che invece sostengono l’invasione. Il rischio è che il Paese ne esca destabilizzato non tanto sulla linea di divisione tra favorevoli e contrari all’invasione quanto su altre linee quali quelle della lingua, della visione del passato e soprattutto sul piano economico. In Moldavia molte persone sono povere e tendono a interpretare in chiave culturale molti dei problemi economici.
Non credo tuttavia che la Russia voglia destabilizzare il governo moldavo. Avesse voluto farlo, avrebbe potuto utilizzare molti mezzi ma credo che la Russia abbia problemi decisamente più importanti della Moldavia. Inoltre credo non si sarebbe affidata al partito dell’oligarca Ilan Shor, che attualmente si sta nascondendo in Israele. in precedenza era ricercato dalle stesse autorità russe e che ora viene descritto come il miglior amico della Russia stessa. Questa storia semplicemente non sta in piedi.
Quindi non credo il governo russo stia direttamente tentando di destabilizzare la Moldavia, quel che sta accadendo nel Paese è più dovuto a fattori endogeni alla società moldava, inclusa la diffusa russofobia e il tentativo del governo di dipingere le opposizioni come subordinate alla Russia.
Quali sono le posizioni della sinistra radicale moldava su questa situazione? Anche in Moldavia la sinistra non ha una posizione univoca ma è divisa su diverse posizioni nei confronti della guerra?
Nella sinistra moldava ci sono le stesse divisioni che ci sono nella sinistra occidentale. Partiamo dal presupposto che la sinistra moldava non gode di grande forma. Ci sono vari partiti che si dicono di sinistra ma la sinistra radicale è principalmente rappresentata da alcuni attivisti e circuiti culturali. Ci sono gruppi della sinistra molto ortodossi come il partito socialista che in qualche modo stanno condannando l’Ucraina e che sostengono implicitamente la Russia sulla base del fatto che il conflitto sarebbe la conseguenza della pressione esercitata dalla NATO sui confini russi e che questo avrebbe forzato Putin a sentirsi minacciato ed attaccare. Questo è in parte vero ma è parimenti chiaro che ci sono altre soluzioni al di la di quella militare. Altri gruppi di sinistra radicale sono profondamente pro-NATO e pro-EU e spesso invocano un maggior coinvolgimento della NATO stessa nel conflitto. Anche in questo caso, è comprensibile appoggiare l’Ucraina ma nel discorso di questi gruppi l’appoggio militare occidentale è l’unico mezzo per far sì che domani l’Ucraina possa realmente trattare con la Russia e in qualche modo contribuisce a tenere al sicuro anche la Moldavia e l’Europa in generale. Altri gruppi si dichiarano pacifisti e sono contro la guerra per principio. Questa è anche la mia posizione dato che ritengo che bisogni ricercare la pace con ogni mezzo. dato che l’aumento delle forniture militare e dei soggetti indirettamente coinvolti nel conflitto ha reso la guerra qualcosa di ben più grande di un conflitto locale.
Ritengo che occorra utilizzare ogni strada a disposizione per arrivare alla pace, agendo sul piano morale, politico e della solidarietà. Dovremmo tentare di tenere in piedi i ponti sia con l’Ucraina che con la Russia perché un domani questi paesi saranno comunque nostri vicini, dovremo comunque interagire con loro e comunque cercare un modo di curare le ferite della guerra. Arriverà il momento di cercare il perdono e di darlo. Questa posizione è ovviamente minoritaria, siamo accusati di essere ingenui, di non capire come funziona il mondo per quanto siamo invece convinti di capirlo bene.
Tutte le posizioni hanno le loro debolezze e i loro punti di forza e rispecchiano una situazione di fragilità globale della sinistra non solo moldava che non riesce a sviluppare una posizione comune, è frammentata e si dota di strumenti inefficaci per affrontare la situazione. Manca ad esempio qualsiasi livello di solidarietà tra lavoratori russi ed ucraini e anche all’interno dei due stessi paesi. Ad esempio, in Russia molte fabbriche di armi stanno lavorando a pieno regime e in qualche modo rispondono al problema della disoccupazione in alcuni territori dove le persone sono felici per questo. È un esempio marginale ma che spiega le difficoltà nel costruire reti di solidarietà.
Dall’altro lato non funziona neanche attestarsi all’appello morale. Infatti questa è una guerra di per sé assurda perché non c’è alcuna significativa differenza religiosa o culturale tra Ucraina e Russia, ma questo non la rende meno reale. Allo stesso tempo sembra non ci sia alcun modo di fermare la guerra ma credo che il supporto militare non sia l’unico mezzo possibile. L’occidente avrebbe per esempio dovuto rilasciare le informazioni relative ai conti di Putin e del suo entourage nelle varie banche per rendere chiaro alla popolazione russa quanto siano stati ingannati e derubati da coloro che invece affermano di voler salvare la Russia dalla civiltà occidentale, salvo poi essere profondamente calati nel sistema finanziario occidentale. Ma nulla di questo è stato fatto, per ovvie ragioni. Non credo siano state tentate tutte le strade. Tutte le sinistre, compresa quella moldava, stanno cercando una qualche soluzione magica quando invece la pace va costruita passo dopo passo. Noi ad esempio siamo molto impegnati nel fornire aiuto umanitario ai rifugiati e stiamo tentando di combattere i discorsi d’odio che dividono russi e ucraini e che fanno ricadere sulla popolazione russa la responsabilità morale dell’invasione di Putin.
Immagine di copertina dal blog Reiseblog von lars
Cartine geografiche da Wiki Commons