ROMA
Il Sap per il Pratone di Torre Spaccata: da 58 a 15 ettari di parco
È pubblico lo Schema di Assetto Preliminare (SAP) della Centralità Urbana di Torre Spaccata. Un piano che prevede un progetto urbano che andrà a cementificare un parco di 58 ettari salvandone solo 15 di ettari che rimarrannò “verdi”
Da alcuni giorni, circola pubblicamente lo Schema di Assetto Preliminare della Centralità Urbana di Torre Spaccata. Il documento, nella sua versione work in progress datata al 22 giugno 2022, è stato realizzato da Nemesi, studio romano di architettura, per conto di CdP Immobiliare e Cinecittà Spa.
Il SAP è lo strumento previsto dal Piano Regolatore del 2008[1] per avviare o istruire (a seconda che il proponente sia un soggetto pubblico o privato), la procedura di Progetto Urbano, necessaria per la progettazione delle “Centralità Urbana”. Nella logica dell’epoca, rispondente al modello dell’urbanistica dominante, le centralità dovevano essere nuovi poli della riorganizzazione urbana periferica che avrebbero permesso di superare il concetto di città monocentrica attraverso «iniezioni di funzioni forti» e garantendo «l’innesco dall’alto di processi di riqualificazione». Tuttavia, delle 18 Centralità previste, le poche che sono state realizzate hanno investito nella costruzione di agglomerati residenziali, senza preoccuparsi dell’attivazione dei servizi pubblici. Sono ormai anni che il modello delle Centralità urbane è considerato inattuale.
Prima di entrare nel merito del contenuto, ci sorge un dubbio a livello procedurale: per la formazione del SAP, le Norme Tecniche di Attuazione del PRG stabiliscono che «il soggetto titolare dell’iniziativa procede a una consultazione preventiva dei proprietari, dei Municipi, di soggetti rappresentativi della comunità locale, di soggetti imprenditoriali interessati all’investimento, di Enti o amministrazioni a vario titolo competenti».
Ma in quale momento il SAP è stato presentato all’attenzione della comunità locale? È possibile che un documento prodotto più di un anno fa non sia ancora stato sottoposto all’attenzione dei consiglieri municipali? Gli stessi consiglieri che la scorsa settimana hanno discusso e bocciato la delibera in consiglio, non solo senza mai proporre un incontro con la comunità nei tre mesi intercorsi tra la chiusura della raccolta firme a oggi, ma anche rifiutandosi di esprimersi in merito alle nostre richieste di tutela del Pratone, sostenendo di non aver ancora consultato il progetto.
Ed è proprio consultando il progetto e analizzando le quasi 100 pagine del SAP, che emergono quelle contraddizioni che come Comitato per il Pratone di Torre Spaccata denunciammo anche da prima che diventassero ufficiali gli interessi di Cinecittà sull’area.
Purtroppo, oggi le previsioni del SAP confermano e addirittura peggiorano la sorte che temevamo per il Pratone: non si tratta di un progetto di interesse culturale, ma di un’edificazione massiva che satura quasi interamente il quadrante, fatta in nome della rendita urbana, irrispettosa del territorio, dei cittadini che lo abitano e della biodiversità che si è sviluppata all’interno. Il SAP descrive un piano per l’ennesima speculazione edilizia, in parte finanziata pubblicamente e nascosta dietro i principi di sostenibilità del PNRR, dietro l’importanza dello sviluppo industriale del cinema italiano e la retorica sulla riqualificazione delle periferie.
Proviamo a far emergere alcuni dettagli:
Attraverso schemi planimetrici definiti, vengono confermati i passaggi di proprietà e la frammentazione dell’area: CdP Immobiliare consegnerà nelle mani di Cinecittà Spa 31 dei 58 ettari del Pratone per la realizzazione di quattro teatri da 1000 m₂ di superficie, 4 teatri da 1500 m₂ e backlot sui restanti 15 ha. Un muro invalicabile, dal costo di 2.500.000 M€, delimiterà l’area di Cinecittà rendendola inaccessibile alla cittadinanza, che oggi nonostante tutto vive e attraversa il Pratone in tutta la sua ampiezza.
Altri 27 ettari[3] di Pratone, verso via Palmiro Togliatti, verranno dedicati alla realizzazione della “Centralità Urbana Torre Spaccata”. A fronte di un ampio ricorso all’edilizia privata, fatta di nuove residenze, studentati privati e hotel per il settore turistico, il SAP prevede che una quota parte di SUL Pubblica venga utilizzata per «la realizzazione di strutture attrattive legate al mondo della cultura, del cinema, dell’ entertainment e della formazione tali da caratterizzare la Centralità come la “cittadella del cinema e della cultura audiovisiva”».
L’unica parte che verrà risparmiata è un lenzuolo di 15 ettari (forse 18) che l’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia a fine anno presentava come “grande parco“ da restituire alla cittadinanza. “Grande parco” che millantava per colmare uno dei quattro famosi “buchi neri” di Roma, senza sottolineare ovviamente che di fatto a oggi gli ettari di verde, selvatico, inedificato e permeabile sono 58.
Oltre a problemi di calcolo, è curioso notare come lo stesso Assessore che ha sempre ritenuto impossibile pensare a una variante di PRG per la realizzazione di un parco (tutto parco, come spesso ripetiamo), ora appoggia e si spertica per un SAP che propone proprio una variante del PRG per la costruzione di un intero quartiere.
La presa in giro continua parlando di archeologia e paesaggio: sono anni che il Comitato richiede per l’area del Pratone i vincoli ritenuti necessari dagli esperti. Vincoli mai apposti dalla Soprintendenza di Stato, nonostante la richiesta avanzata già dal 2006 dal compianto dott. Stefano Musco; nonostante la pubblicazione edita nel 2008 e curata da Patrizia Gioia e Rita Volpe, le archeologhe che diressero gli scavi; nonostante le richieste avanzate da una rete di singoli cittadini e associazioni, tra cui Italia Nostra e WWF Roma e area metropolitana. Vincoli che, solo contando l’area di interesse archeologico, avrebbero dovuto coprire in modo diretto e indiretto una superficie di circa 16 ettari, più o meno quanto il SAP vuole trasformare in un Parco. Tale “parco” è stato definito nel SAP “Parco lineare delle Ville Romane”, fondendo forse con un certo sadismo il nome del nostro comitato con quello di un’altra importante vertenza ambientale, il “Parco Lineare Roma Est”.
Chiaramente, tutto ciò avviene subdolamente: da un lato gioca sulle necessità di intrattenimento dei cittadini che abitano un quartiere dormitorio come il nostro e dall’altro propone soluzioni edulcorate, attrattive e pericolose come un “parchetto” risicato, una cittadella del cinema che difficilmente sarà accessibile al pubblico, o un grande multisala in un periodo storico in cui è evidente la crisi delle sale cinematografiche.
Non è il primo caso di ipocrisia nascosta dietro la costruzione ex novo di grandi poli turistici o attrattori a scala internazionale calati sul territorio e narrati come “miglioramento di servizi pubblici locali”. E come spesso accade, l’elenco di edifici pubblici abbandonati e in disuso che potrebbero essere utilizzati per tali servizi sarebbe lungo: all’interno del solo quartiere di Torre Spaccata (e ricordiamo che il Pratone confina anche con Lamaro, Piscine di Torre spaccata, Don Bosco e Cinecittà est) troviamo un Teatro ristrutturato ma non in funzione, un distretto sanitario che opera a ranghi ridotti, un asilo chiuso, un mercato pubblico non ufficialmente attivo ma almeno fatto sopravvivere da un’esperienza di autogestione che lo ha restituito alla cittadinanza.
Sul piano della mobilità, il progetto taglia quello che attualmente è suolo permeabile costruendo nuove arterie stradali. Laddove vengono inserite piste ciclabili, come nel caso di via Pelizzi e di via Fancelli, l’opera viene fatta con un ampliamento della sezione stradale di 7,5 metri, nonostante ormai a scala globale si sottolinei l’importanza di ridurre lo spazio dedicato al trasporto su gomma, riadattando le sezioni esistenti. Il quartiere ha bisogno di mobilità alternativa con una struttura capillare di piste ciclabili utilizzabili nel quotidiano, non grandi ciclovie per fare giri turistici.
Il progetto in fondo è solo la risposta concreta a una politica che a parole prende in giro lə cittadinə: a richiesta di coerenza rispetto a un programma elettorale che ha promosso in tutti i modi “consumo di suolo zero”, ci è stato risposto che “per nuovo consumo di suolo” si intendeva solo quello non già pianificato. Ovvero quello che da piano è pianificato è come se fosse già costruito.
Tutto ciò che conta è sulla carta e se il corridoio ecologico, che il Pratone è già in grado di garantire senza alcun intervento dell’essere umano, non è riconosciuto come tale da un Piano Regolatore vecchio di 15 anni, allora di fatto l’area può ancora essere considerata “un vuoto da riempire”.
E’ un’interpretazione di “consumo di suolo” in contraddizione persino con le parole di Mattarella, che ha recentemente parlato della necessità di «un radicale ripensamento dei fondamenti dei nostri sistemi di vita, di quelli economici e di quelli produttivi»,sostenendo che «non ci si può cullare nell’illusione di perseguire prima gli obiettivi di sviluppo economico per poi affrontare in un secondo momento le problematiche ambientali».Forse sfiduciato dalla classe politica, ha anche lui sostenuto che «da una spinta popolare, da una crescita di consapevolezza diffusa può venire un contributo decisivo anche all’azione degli Stati».
Eppure, a noi nulla sono valsi i tentativi di dimostrare come, nel rispetto dell’importanza culturale del settore cinematografico, tale progetto potesse essere realizzato lavorando sull’esistente, andando a riqualificare terreni già impermeabilizzati dalla presenza di edificato che abbonda nel nostro quadrante.
Ancora una volta viene confermata la scissione sempre più ampia tra rinnovate visioni green e quella (co)scienza che sta chiedendo disperatamente di porre un limite all’azione umana e alla visione antropocentrica che sta velocemente consumando il pianeta: lo stanno facendo lə studentə delle università occupate in tutta Europa chiedendo una conversione totale rispetto ai consumi di combustibile fossile; lə attivistə che per le loro azioni per il cambiamento climatico vanno incontro a pene sempre più restrittive; collettivi che con ampiezza di sguardo mettono in relazione gli sfruttamenti tutti, della terra, dei corpi, del lavoro, dei territori; cittadinə che si battono per vertenze territoriali locali, come la SNIA che nuovamente rischia di veder scomparire la biodiversità nata spontaneamente intorno al lago, questa volta per la costruzione di un autoporto o come il Parco di Pietralata che rischia di essere fagocitato dal nuovo stadio della Roma.
Nell’indifferenza generale delle istituzioni territoriali, la pillola della Centralità nel caso del Pratone è stata addolcita dal rilancio dell’industria cinematografica, finanziato in parte dai fondi del PNRR, che per sostenibilità edulcorata sta ormai diventando famoso.
Oltre alle falle che fin qui abbiamo cercato di far emergere, che sicuramente rispondono a una visione alternativa della città, a nulla sembrano servire ulteriori segnali di stento per un progetto anacronistico e folle. A nulla, infatti, sembrerebbero essere valsi i dubbi della Corte dei Conti, sulla reale capacità di Cinecittà Spa di completare l’investimento entro i termini stabiliti dall’UE (giugno 2026). Le difficoltà sorte nella negoziazione hanno ritardato una trattativa che doveva concludersi entro dicembre 2022 e ancora annaspa dopo la decisione di CdP Immobiliare di non entrare nella compagine societaria degli Studios ma di vendere l’area. Non come monito sono state recepite le dichiarazioni dell’AD Nicola Maccanico, che più di un anno fa sottolineava che sarebbe stato necessario reperire sul mercato dei capitali ulteriori (che ora sappiamo ammontare almeno a 97.907.448 M€) per la completa realizzazione del progetto.
In ogni caso,noi continueremo a lottare contro questo progetto, contro l’impermeabilizzazione e lo sfruttamento del territorio e del Pratone, ribadendo ora e sempre un messaggio semplice e inequivocabile.
IL PRATONE R-ESISTE: BASTA CEMENTO!
[1] Art.15, comma 3, Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale di Roma
[3] Nella PROPOSTA la ST per Cinecittà cresce diventando 310.674 mq; CDPI invece avrebbe 163.852 mq di ST, gli altri privati 68.758 mq di ST. Sono indicate negli elaborati grafici, le aree in cessione al pubblico, a standard verde e standard parcheggi pubblici, le aree in cessione per SUL pubblica ed eventualmente quelle in cessione come extra standard. Nella PROPOSTA a Cinecittà rimangono 238.083 mq di SF, e a CDPI rimangono 34.450 mq di SF, mentre agli altri privati rimangono 30.214 mq di SF. Nella PROPOSTA il pubblico ha una SF di 14.199 mq di SF per realizzare la SUL. Nella PROPOSTA, in accordo con Cinecittà, si è ipotizzato di aggiungere ai 36.600 mq di Sul per gli Studios, 10.000 mq ulteriori per la realizzazione di un multisala Imax e di una Food Court. In questa ipotesi quindi non sarà necessario andare in variante al PRG.
Immagine di copertina da pagina Fb Comitato Pratone di Torre Spaccata – per il Parco delle Ville Romane