ROMA
Il Parco dell’Appia Antica è un affare fra privati
Lo Stato e la Regione Lazio abbandonano il Parco dell’Appia Antica nelle mani di privati, non esercitando il loro diritto di prelazione nella vendita promossa dall’Istituto Gerini. Il destino di 30 ettari e molti manufatti ricadenti in una delle aree più amate del mondo è affidato alla speculazione immobiliare, come è avvenuto negli ultimi settant’anni
L’Istituto Gerini, una Fondazione ecclesiastica amministrata dai Salesiani, ha venduto edifici e terreni di sua proprietà ricadenti all’interno del Parco dell’Appia Antica a un gruppo di privati per sei milioni di euro. Ricostruiamo la lunga e travagliata storia del parco.
L’idea di un grande parco archeologico che parta dal Foro Romano e si estenda nell’area dell’Appia Antica è un’idea che risale all’epoca napoleonica. Ogni artista nell’800 inserisce Roma e il suo agro nel Grand Tour, colpiti dal fascino delle rovine degli acquedotti, dai ritrovamenti archeologici, dalla natura intatta, punteggiata di pochi casali, con le greggi che scendevano a valle per la transumanza. La poesia delle rovine è stata raccontata da Goethe, che persino dalle paludi che si incontrano scendendo a sud, rimane affascinato. La campagna romana appare fra sublime e tragico, affascina e incanta l’arte.
Quando Roma diventa Capitale d’Italia è Rodolfo Lanciani a riprendere la proposta di creare un parco, proponendo l’esproprio di una parte dell’area posseduta dai Torlonia dove si trovano il Ninfeo di Egeria e il Bosco Sacro. Ma non avviene nulla, fino al 1918 quando si realizza la passeggiata archeologica, un parco tra il circo Massimo e le Terme di Caracalla.
Il nuovo piano regolatore del 1931 definisce l’area dell‘Appia “Grande Parco” e destina a “Zona di rispetto” una fascia di territorio compresa tra via Tuscolana e Ardeatina., ma la via Appia viene asfaltata fino al bivio per Ciampino.
Nel 1949 viene approvato un piano particolareggiato che dà il via a un’alluvione di cemento che sommerge un’area compresa tra l’Appia Nuova e via Appia Pignatelli. Non solo le costruzioni di case, ma anche delle strade sconvolge quell’area. Il raccordo anulare taglia in due l’Appia Antica, ma il nuovo piano regolatore che si sta preparando prevede altre nove strade che attraversano la via.
Nel 1953 Antonio Cederna denuncia il progetto della Società Generale Immobiliare che prevede la costruzione di un quartiere di alta classe tra i ruderi della Villa dei Quintili. Inizia una lunga battaglia per la difesa dell’area minacciata dalla costruzione di ville e dai progetti che si preparano. Nonostante l’impegno di Cederna e tanti altri l’invasione edilizia continua.
Nell’articolo I gangsters dell’Appia pubblicato su “Il Mondo” Cederna scriveva: «La lotta per la salvaguardia dei valori storico-naturali del nostro paese è la lotta stessa per l’affermazione della nostra dignità di cittadini, la lotta per il progresso e la coscienza civica contro la provocazione permanente di pochi privilegiati onnipotenti. La via Appia andava salvata religiosamente perché da secoli gli uomini di talento di tutto il mondo l’avevano amata, descritta, dipinta, cantata, trasformandola in realtà fantastica, in momento dello spirito, creando un’opera d’arte di una opera d’arte: la via Appia era intoccabile, come l’Acropoli di Atene».
Per trent’anni continua il braccio di ferro fra le amministrazioni statali e comunali e i proprietari delle aree che non intendono rinunciare ai loro terreni e alle cubature che vogliono realizzare.
È il Sindaco Giulio Argan nel 1979 a riprendere la proposta di creare un grande Parco Archeologico nel centro di Roma. Il parco si collegherà con quello dell‘Appia Antica. Ci vogliono altri dieci anni, però, perché la Regione Lazio istituisca il Parco regionale dell’Appia Antica. Le aree di proprietà pubblica sono tuttora una percentuale inconsistente in relazione agli oltre 2500 ettari di proprietà privata: circa 50 ettari sono dello Stato e 140 ettari circa al Comune di Roma, tra Caffarella, complesso di Massenzio al III miglio e pochissimo altro. Solo 190 ettari sono pubblici a fronte di 2500 ancora in mano a privati!
Le prescrizioni di inedificabilità sono rimaste invariate, ma si sono moltiplicate le costruzioni abusive, legittimate dalle leggi sui condoni edilizi con procedure che hanno escluso i pareri delle Soprintendenze di Stato.
Alcune delle edificazioni abusive sono state demolite, ma per la maggior parte di esse è stata presentata domanda di condono e questo ha bloccato le demolizioni.
In questi giorni è divenuta pubblica la notizia della vendita dei beni dell’Istituto Gerini, il quale a ottobre del 2022 aveva notificato all’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica la volontà di vendere 40 ettari di terreni e edifici. Era obbligato a farlo in quanto la Regione ha diritto di prelazione in caso di vendita di un bene ricadente nel perimetro del parco. Questo diritto non è stato esercitato, nonostante fosse una buona occasione per ampliare la proprietà pubblica dell’area.
Cosa succederà adesso? Ce lo chiediamo noi, ma soprattutto se lo chiede la Onlus Ciampacavallo che da trent’anni svolge su parte di quei terreni un’attività sociale nei confronti di persone con grave disabilità.
Giancarlo Righini, assessore regionale al bilancio e alle politiche agricole, intervistato da Roma Today ha confermato che il Ministero della cultura ha deciso di porre un vincolo su 10 ettari del parco dell’Appia Antica. Questo consentirebbe di esercitare una prelazione su quelle aree, all’interno delle quali si trova anche Ciampacavallo. Per i restanti 30 ettari di parco, se non si troverà il modo di acquisirli, resta il pericolo di vederli preda della voracità della speculazione immobiliare.