MONDO
Il Libano scende in piazza. Che succede nel paese dei cedri?
La fine del mese di agosto ha visto l’accendersi di un forte movimento di protesta in Libano. In migliaia sono scesi in piazza a Beirut per protestare contro il mancato intervento delle autorità nello smaltimento dei rifiuti, allo stesso tempo contestando anche la corruzione e l’immobilità della classe politica del paese. Di seguito l’intervista ad Elia El Khazen, 29 anni, attivista del “Socialist Forum” di Beirut.
Quali sono i motivi che hanno portato recentemente tante persone a manifestare a Beirut? Come è nata la protesta che scoppiata nella capitale del Libano? Quali gli slogan ed i claims di chi è sceso in strada a far sentire la sua voce?
Dalla fine del mese di luglio, si stanno verificando proteste in Libano contro il fallimento del governo, per concordare un nuovo contratto per lo smaltimento dei rifiuti e il conseguente accumulo di rifiuti per strada . Alcune di queste proteste hanno avuto luogo spontaneamente nei quartieri più poveri, dove a partire dal 1998, il governo ha designato che la spazzatura di Beirut e del Monte Libano fosse destinata in una discarica a sud di Beirut (Naameh), e alcune proteste sono state organizzate dagli attivisti dei social media utilizzando l’hashtag ‘YouStink’ – “Puzzate”. Le manifestazioni hanno raggiunto uno dei punti più alti della storia contemporanea nella giornata di sabato 29 agosto, con decine di migliaia di persone – alcune stime dicono fino a 100.000 – convergenti per protestare contro entrambi i poli della classe dirigente. Il 29 agosto si è anche contestata, tra le altre cose, la violenza di stato che si è verificata in un modo senza precedenti nella manifestazione del 22 agosto e nelle altre proteste seguenti. Le richieste dei manifestanti variano tra il comunicato ufficiale degli organizzatori del movimento “YouStink” che chiedono un programma riformista esigendo impegni di responsabilità sul tema della repressione di stato e reclamando le dimissioni sia del ministro dell’ambiente e della sicurezza interna; inoltre viene richiesto il decentramento del riciclaggio dei rifiuti da parte del comune di Beirut e la richiesta di elezioni parlamentari. Le richieste delle parti della società più radicali e rivoluzionarie fanno leva lotte di carattere sociale per abbattare il regime nel suo complesso, richiamandosi all’idea della costituzione di comitati popolari ovunque per rovesciare l’attuale regime settario. Questi movimenti più radicali chiedono anche la creazione di una società laica e statale, lo scioglimento del parlamento, elezioni immediate sulla base di una non settaria proporzionale rappresentanza.
Qual è stato il livello di repressione di questa protesta da parte delle forze dell’ordine?
Il 22 agosto, la polizia antisommossa ed i soldati hanno usato i manganelli, cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e anche proiettili veri contro migliaia di manifestanti che si erano riuniti nel centro di Beirut. La retorica che ha preceduto questa oppressione da parte dello Stato era quella avviata dagli organizzatori di “YouStink”, i quali all’inizio delle proteste avevano etichettato una considerevole porzione di altri manifestanti come “infiltrati” e “provocatori”: questo ha dato carta bianca a qualsiasi repressione che sarebbe seguita. Fortunatamente la maggior parte dei manifestanti ha riggettato l’etichetta di “infiltrati” e contrapposto il tentativo di dividere il movimento tra quello di un “pacifico” corteo della società civile in piazza Martyr e quello degli “infiltrati violenti” nella piazza Riad el Solh, gridando slogan come “siamo TUTTI infiltrati, non abbiamo bisogno di attivisti benpensanti per etichettarci “- indossando queste parole sulle magliette e dipingendole sui muri. Per quanto riguarda i numeri della repressione, più di 24 persone sono ancora detenute, 7 dei quali sono minorenni…
Il Libano è situate nel cuore del medio – oriente, confinante con la Siria ed Israele. Qual è stata l’influenza della crisi Siriana? Quali i rapporti con Israele oggi?
Libano è stata enormemente influenzata dai suoi vicini ed è a sua volta restituito il favore. In primo luogo, Israele ha invaso il Libano innumerevoli volte da quando quest’ultimo ha proclamato l’indipendenza, creando pretesti per invasioni vuoti e senza senso, commettendo genocidi e bombardando molti villaggi e città, distruggendo le infrastrutture ed uccidendo i civili. L’aggressione di Israele del 2006 è stato uno degli ultimi esempi di continue violazioni di Israele che ha interessato gran parte delle infrastrutture e la capacità di stare in piedi sulle proprie gambe del Libano, questo senza togliere la presenza nel paese di una classe politica corrotta, nei suoi due poli, che ha governato Libano dalla fine della guerra civile. Due poli politici che hanno fallito miseramente nel fornire il più fondamentali dei servizi alle persone che risiedono in Libano, al contrario entrambi i poli hanno presieduto la continuazione delle politiche neoliberiste e la protezione perpetua del settore bancario che detiene oltre il 60 % del debito pubblico. Per quanto riguarda il regime siriano, è stato intrinsecamente legato alla classe dirigente libanese sin dalla sua occupazione del Libano nel 1976. Con l’inizio della rivoluzione siriana nel 2011, Hezbollah è stato coinvolto nel salvataggio del regime siriano al fine di evitare che collassasse completamente. Dal 2012 questo a sua volta ha polarizzato la scena politica in Libano e fatto si da mettere la difesa del regime come unica ragion d’essere di Hezbollah, politica perseguita dalla sconfitta contro Israele nel 2006. Con l’escalation delle politiche neoliberiste negli ultimi anni attraverso le privatizzazioni ed i tagli sulle prestazioni dei lavoratori, molte sezioni della popolazione libanese usate per supportare Hezbollah stanno mettendo in discussione la loro fedeltà e riconsiderano se vale ancora la pena e se è ancora una priorità che i loro figli della classe operaia sono inviati a morire in Siria inutilmente mentre la loro classe dirigente sta al caldo nelle loro case, mentre la popolazione ha una molto limitata accesso ad acqua, elettricità e altri servizi di base. Il 29 agosto la manifestazione ha visto il più grande afflusso di settori della classe operaia che soffrono di più dalla crisi gestione dei rifiuti e altre crisi da entrambi i sobborghi di Beirut e nelle aree rurali con organizzazioni locali alle loro prime fasi. Nella parte Siriana i profughi sono quelli che stanno scoprendo il più il peso della crisi della gestione dei rifiuti e altre crisi socio-economiche, ma sono purtroppo esclusi da qualsiasi protesta o manifestazione per i loro diritti più elementari, dato che lo stato libanese ha fatto si da negare loro sia fisicamente che ideologicamente ogni possibilità di organizzazione collettiva o di sindacalizzazione.
Cos’è il Forum Socialista? Quali le sue prospettive politiche?
Il Forum Socialista è un’organizzazione socialista rivoluzionaria in Libano. E’ emerso tra i due gruppi di sinistra radicale nel 2010. Ma ciascuno di questi gruppi ha una storia: uno di loro è iniziato nel 2000 e l’altra nel 1970. Fondamentalmente nel Forum Socialista abbiamo due pubblicazioni. Uno di loro è un quotidiano una piattaforma online quotidiana di nome “Al-Man –Hour”. L’altro è una rivista periodica araba che viene pubblicata due volte l’anno come un libro, prodotta da gruppi proveniente da Egitto, Siria, Tunisia, Marocco e Iraq. Il suo nome è “Thawra Daima” e si traduce in “Rivoluzione permanente”, un motto trozkista. I nostri gruppi hanno tenuto posizioni di sostegno alle rivolte arabe e le rivolte in tutto il mondo. Vediamo che la situazione attuale richiede una posizione che faccia da bussola nella realtà sulla questione della resistenza al capitalismo e la resistenza contro la dittatura, insieme con e per la democrazia progressista. Il forum Socialista è anche un ente fondatore del “Shaab Al youreed”, movimento formato in seguito alla protesta del 22 agosto scorso prima citata. Questo movimento raggruppa studenti, femministe radicali, attivisti di sinistra ed indipendenti sotto la bandiera di un movimento e si propone di elevare la discussione politica a una visione più strutturale della crisi in corso, facendo un collegamento di altre lotte tra loro. La nostra strategia è quella di andare verso la formazione di un partito politico, un partito rivoluzionario in Libano.