OPINIONI

Il gas di Putin

Rinunciare al gas Russo dovrebbe essere la via percorribile per contribuire alla fine del conflitto e al contempo avviare la transizione ecologica. Questo comporterebbe un sacrificio iniziale da parte di tutte e tutti, che forse vale la pena fare

C’è un solo modo per mettere davvero in difficoltà Putin e la sua macchina di morte: smettere subito di comprare il suo gas. Dice: le economie europee (quelle tedesca, austriaca e italiana in particolare) non reggerebbero l’urto. Può essere.

Ma se davvero quella in Ucraina è una possibile anticamera di una guerra generale, e se gli orrori di Bucha sono solo la punta di un iceberg, allora fermare Putin è di capitale importanza e molto urgente, e quindi i paesi europei devono necessariamente affrontare situazioni molto dure, sapere e far sapere che continuare (consumi e produzione, Pil e inflazione) come prima della guerra non è possibile.

Che dobbiamo tutti attrezzarci a un periodo “especial”, come si chiamava a Cuba nei primi anni Ottanta quello in cui gli Stati uniti cercarono di spezzare la vita nell’isola. Ora siamo ai primi di aprile e i serbatoi di gas sono pieni, dice il governo, abbiamo riserve almeno fino all’autunno.

Non so come potrebbero fare i tedeschi, anche se i Verdi al governo a Berlino qualche idea devono averla per forza. Qui in Italia abbiamo il sole, la maggiore fonte di energia possibile.

Dunque è possibile pianificare almeno un paio di mutamenti profondi del nostro consumo di energia, che però richiedono non uno stile da consiglio di amministrazione, quale è quello di Mario Draghi (che in un tempo come questo mostra tutta la sua fatica ad essere un vero motivatore, un comunicatore all’altezza, il suo linguaggio da bancario di alto profilo non è efficace nel mobilitare cittadini e comunità), ma una vera campagna di informazione e convinzione.

Prima di tutto bisognerebbe esplicitamente smetterla con la “crescita”, in questo caso del consumo di energia, contro le pressioni incessanti di Eni ed Enel, i veri giganti dell’economia italiana, e contraddicendo Confindustria, che pretende i soldi, molti soldi, perché le imprese tappino i buchi di bilancio e continuino a fare quel che hanno fin qui fatto, tale e quale.

Una campagna per il risparmio, dotata dei mezzi per diminuire il consumo delle case coibentando i muri e i tetti e dotandole di fotovoltaico e pannelli solari (che son due cose diverse, anche se “Repubblica”, a dimostrazione dell’ignoranza sul tema ha più volte confuso i “pannelli” con il fotovoltaico).

Lo stesso, il risparmio, vale per le aziende: forse per distrazione, uno dei tgRai qualche tempo fa ha raccontato di una fabbrica metalmeccanica, mi pare in Veneto, che ha azzerato il consumo energetico rifacendo i muri esterni e mettendo sotto il pavimento un sistema di riscaldamento alimentato dal fotovoltaico.

Nel mondo ci sono esempi giganteschi, come il mega-capannone di Amazon, in California, che riesce perfino a vendere energia dopo aver soddisfatto i suoi bisogni. Quanto si potrebbe risparmiare di energia, e di gas, investendo case e fabbriche in questo modo, di qui all’inverno?

Poi ci sono le fonti pulite, fotovoltaico ed eolico, che il governo intende come “centrali” dell’uno o dell’altro.

Ma se il fotovoltaico fosse distribuito, diffuso, ovunque, e se l’eolico fosse studiato, caso per caso, in modo da non distruggere il panorama (esistono anche impianti eolici che non sono gigantesche pale, ma tubi verticali a misura di singolo edificio in cui il vento fa ruotare delle spirali, certo meno visibili perfino di una torre di antenne della telefonia).

Il ministro Cingolani insiste sul fatto che bisognerebbe zittire i “professionisti del no”, cioè coloro che si oppongono a mega-distese di fotovoltaico a danno dell’agricoltura (di terre agricole pure avremo bisogno, se finiranno il grano ucraino e russo), e tra i riottosi ci sono le Sovrintendenze ai beni culturali, incluso il paesaggio, Regioni e comuni, cioè i legittimi interessi dei cittadini.

È proprio l’idea di “centrali” a essere sbagliata: è un relitto dell’epoca, primi anni Sessanta, quando in nome del più moderno petrolio che l’Agip di Mattei aveva procurato all’Italia e con la nascita dell’Enel, che furono dismesse e distrutte le fonti di energia dell’idroelettrico, che pure aveva creato mostri come il Vajont ma che erano, specie sulle Alpi, piccole turbine seminate ovunque, a scala delle comunità. Si potrebbero ripristinare, con tecnologie migliori del passato, molte di queste turbine, per rifare dell’idroelettrico una gamba solida della produzione di energia.

Il problema è che le “centrali” sono i progetti delle grandi imprese, cui certo conviene ricoprire ettari ed ettari di fotovoltaico, tutto insieme, piuttosto che studiare caso per caso (e casa per casa) cosa sia meglio fare. È l’economia di scala, che nel caso dell’energia non è più tanto economica e non è alla scala dei bisogni effettivi, sociali e ambientali.

Infine, ci sono i gasdotti non russi e ci sono i rigassificatori. Anni fa, quando Pierluigi Bersani era ministro dell’industria, venne proposta la creazione di tredici rigassificatori, e l’opposizione ambientale e sociale li ridusse ai tre attualmente esistenti e il mio giornale di allora, “Carta”, mise in copertina la faccia di Bersani con il titolo: “Ministro fossile”).

Mai che un telegiornale abbia spiegato davvero come funziona un rigassificatore: vengono costruiti in mezzo al mare perché sono potenzialmente delle bombe enormi (e lo stesso vale per le centinaia di navi di quel tipo che dovrebbero invadere il Mediterraneo), dato che travasare un gas liquido a bassissima temperatura per farlo ridiventare gassoso è un’operazione molto difficile e molto rischiosa; ma, in più, per rigassificare e riscaldare questo gas liquido questi impianti usano l’acqua di mare, che dunque viene fortemente raffreddata, ammazzando così i pesci e l’ecosistema in generale. Dunque, meno ce ne sono e meglio è.

È possibile che nel giro di un anno, tra misure radicali di risparmio e fotovoltaico ed eolico onnipresenti ma discreti, si possa compensare l’assenza del gas russo, basta volerlo e impegnarcisi coinvolgendo i cittadini.

Ai quali andrebbe comunicato che, se vogliamo mettere fine a stragi, fosse comuni, omicidi di massa, questo è il mezzo migliore, impedire che Putin, come si è scritto, incassi un miliardo di euro al giorno.

E alla sinistra, agli ambientalisti e ai pacifisti direi, io che non sono nessuno, che questa è una campagna in cui ci si può impegnare tutti insieme, perché, come ha scritto Augusto Illuminati su Dinamopress.it (cito a memoria),«io ero contrario a fornire armi agli ucraini, ma non mi scandalizzo se qualcuno dice il contrario», perché, conclude, abbiamo tutti un sacco da fare.

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