ITALIA

Il G7 sull’Ambiente a Torino si chiude tra repressione e accordi farsa

Numerose manifestazioni attraversano per giorni la città blindata durante i giorni del vertice. Nel frattempo i ministri giungono ad un accordo di impegno sul carbone totalmente inadeguato rispetto alla gravità dell’emergenza climatica.

Si è concluso in una Torino altamente militarizzata e blindata il G7 “Clima, Ambiente, Energia”, il primo di una serie di vertici che avranno luogo in diversi angoli del nostro paese fino all’incontro finale in Puglia, a giugno.

Alla reggia di Venaria, i ministri delle economie più potenti al mondo avevano un principale punto all’ordine del giorno: il phase out (la fuoriuscita completa) dal carbone. Rispetto a questo obiettivo il nostro paese – sempre tra i più arretrati in temi di impegni ambientali – è invece stato promotore. Questo si spiega con due semplici ragioni, non siamo produttori ma “solo” consumatori e la strategia industriale di Enel dal 2014 è finalizzata a una lenta e progressiva cessazione dell’utilizzo della risorsa nelle sue centrali – le più numerose sul territorio nazionale.

L’accordo è arrivato ed è stato celebrato in pompa magna: i ministri hanno decretato di terminare l’utilizzo della risorsa in una fascia temporale tra il 2030 e il 2035. Si è giunti alla decisione nonostante le reticenze di paesi produttori, come Giappone e Germania. Infatti nella “verde” Germania vi sono tutt’oggi numerosi siti di estrazione di carbone, come Luzerath, dove poco più di un anno fa il movimento ecologista europeo combatté una tenace battaglia contro l’espansione della miniera.

Per comprendere quanto sia moderata la decisione di fuoriuscire nel 2035, basti notare che tra il 2015 e il 2023 i paesi del G7 sono passati dal produrre il 29% della loro energia tramite carbone a produrne il 16%, cioè l’hanno dimezzata.

Mancano 11 anni al 2035, è lecito supporre che, pure senza l’impegno preso a Torino, per quella data non si sarebbe più prodotta energia bruciando carbone.

Va ricordato invece che questo impegno non genera alcun vincolo rispetto alle aziende dei paesi del G7 che investono in carbone all’estero. Un esempio su tutti, visto che il vertice era nel capoluogo piemontese, è Banca Intesa. Secondo i dati di Recommon, solo nel 2023 la banca torinese ha fatto registrare 8,6 miliardi di investimenti a progetti legati al fossile e 7,5 miliardi di dollari in investimenti, incluso, appunto, il carbone.

Phase out” dal carbone non vuol dire decarbonizzazione, ossia fuoriuscita da tutti i combustibili fossili che emettono di gas climalteranti come co2 e metano. La decarbonizzazione, nelle intenzioni dei ministri del G7 è piuttosto lontana, anzi, in un passaggio non pubblicizzato del comunicato finale, il G7 torinese dice che «nelle circostanze eccezionali dell’uscita dalla nostra dipendenza dall’energia russa, investimenti pubblici nel settore del gas possono essere considerati una risposta temporanea appropriata». Il gas fossile infatti è il combustibile in crescita nel mercato e la strategia di molte aziende è di convertire le centrali da carbone a gas, come Enel stessa ha fatto a Fusina (Venezia) e Brindisi.

Il gas fossile contiene sopratutto metano, il quale si è calcolato che nei primi 20 anni di immissione nell’atmosfera ha un potere climalterante di 89 volte superiore a quello della co2, pertanto non permette nessuna transizione ecologica, con buona pace di chi continua a scriverlo nei media mainstream.

A Torino il movimento ecologista si è fatto sentire in vario modo. Le proteste sono iniziate già giovedì 25 aprile, a quattro giorni dall’inizio del vertice, con mobilitazioni e azioni di protesta contro i cantieri della TAV in Valsusa che si sono susseguite fino a sabato 27. Il 26 aprile si svolgeva l’assemblea generale degli azionisti di Banca Intesa ed Extinction Rebellion ha invaso per protesta il pianterreno del suo grattacielo che svetta su tutta Torino, quasi a metafora del potere che la banca esercita sulla città.

Domenica 28 aprile invece un grande corteo aperto da uno striscione “Voi 7, noi 99%” ha percorso la città ed è arrivato a bloccare la tangenziale, bruciando simbolicamente i volti dei ministri che si sarebbero incontrati il giorno successivo alla Reggia di Venaria.

Lunedì mattina poi, sempre Extinction Rebellion è riuscita a violare la zona rossa, salendo con climbers sul tetto della facoltà di Biologia e aprendo un banner “The king is naked, G7 is a scam” (Il re è nudo, il G7 è una presa in giro). «È il secondo giorno di G7, diverse aree di Torino e Venaria sono completamente blindate per ospitare i ministri dei sette governi che più hanno contribuito storicamente all’aggravarsi della crisi ecoclimatica, a discapito delle nazioni che vivono oggi gli effetti peggiori», riporta Bruno, una delle persone sul tetto. «Eppure, nessuno dei paesi del G7 è a oggi in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030. I governi sono nudi di fronte all’evidenza, questo vertice è una presa in giro».

Sempre lunedì, ma in serata, un corteo cittadino promosso da collettivi studenteschi è arrivato fino al limite della zona rossa, a volto scoperto e mani nude intonando slogan, ma è subito stato caricato ripetutamente e duramente dalle forze dell’ordine, con gas lacrimogeni e idranti: una pratica che sta diventando ormai quasi una costante da parte del Ministero dell’Interno.

Se il G7 ha rivisto una certa vitalità incoraggiante da parte del movimento ecologista, desta invece preoccupazione la difficoltà di riuscire a incidere rispetto al piano delle decisioni politiche. Sconcerta infatti constatare che nonostante l’emergenza climatica si stia manifestando ovunque in modo violento e accelerato, la reazione della politica sia pressoché nulla e completamente inadeguata alla gravità della situazione. L’Italia in questo fa da capofila, con un ministro dell’ambiente apertamente negazionista e una presidente del consiglio che reitera costantemente la sua ostilità verso l’attivismo ecologista e che ha approvato leggi apposite per fermare le mobilitazioni di Ultima Generazione.

Dopo le elezioni di giugno, i partiti europei con lo stesso posizionamento di Fratelli d’Italia potrebbero avere ancora più potere in Europa.

Foto di copertina di Extinction Rebellion

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