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Il Fascismo Mainstream e la pervasività del ciclo reazionario
L’avvento delle nuove destre e la loro capacità di adattarsi e trarre beneficio dalla situazione politica corrente, ma anche un’analisi di fase che non manca di evidenziare i limiti della sinistra: questo e molto altro nel libro di Valerio Renzi (Fascismo Mainstream, Fandango) che ci aiuta a chiederci una volta di più cosa bisogna fare in un periodo di lenta e dolorosa ritirata
Chi si aspetta un libro sul fascismo rimarrà forse deluso da Fascismo mainstream di Valerio Renzi, uscito la scorsa settimana per Fandango. Il libro del giornalista romano – lo diciamo, full disclosure, viene proprio da queste pagine e ora lavora a “Fanpage” – è infatti molto di più di un libro su come il fascismo sia diventato mainstream. Piuttosto, molto più ambiziosamente, è un libro sulla fase politica che siamo vivendo, che spazia ad ampio raggio storicamente e geograficamente e che ha una tesi forte: che in questa fase la destra populista, autoritaria, nazionalista non ha solo guadagnato spazio, arrivando al governo o dominando nei sondaggi, ma è anche riuscita a imporre i propri temi nel dibattito pubblico.
Questo è successo – in Italia – grazie a una lunga fase di uscita da una posizione di subalternità non solo politica ma anche culturale, ma anche – non solo in Italia – grazie alla pacifica convivenza e anzi muto beneficio di (neo)fascismo e neoliberismo. Non più quindi, come nel dopoguerra, in (presunta) antitesi, ma anzi sempre più a braccetto.
Resterà deluso anche chi si aspetta un libro che parla delle vicende militanti dell’estrema destra italiana e romana, di cui pure l’autore è esperto. Non che non ci sia nel libro, ma rimane in sottofondo. Chi scrive auspica comunque che questo libro Renzi lo scriva, ma concorda con l’autore nel pensare che non sia importante solo monitorare gruppi, fare la lista delle dolorose e tragiche aggressioni, ricostruire le biografie di fascisti più o meno famosi. Serve qualcosa di più, un progetto più ampio e strutturato, un’analisi più generale per capire perché il fascismo è diventato mainstream.
Infine, resteranno delusi anche gli speranzosi, quelli che non hanno capito quanto difficile e complessa è la fase politicale, sociale, economica che stiamo vivendo. Questa è la conclusione del libro, per niente ottimistica: «cosa accadrà se non vinceranno i movimenti progressisti per la giustizia sociale e climatica? Se lo spazio vivibile sulla terrà sarà drasticamente ridotto? […] le idee tenute in circolazione dal Fascismo Mainstream potrebbero tronare utili per giustificare e armare nuovi stermini, fornendo l’infrastruttura ideologica alla sopravvivenza dei privilegiati» (p. 168).
Che è un po’ la risposta a una delle domande che apre il libro: «il radicale cambiamento del mondo che conosciamo avrà come esito un’oscura distopia autoritaria?» (p. 7). È possibile, ci dice Renzi, se non vinceranno i movimenti progressisti – che non sono di certo in eccellente salute in diversi paesi del mondo.
Immagine da Wikipedia
LA TRASVERSALITÀ DELL’IDEOLOGIA FASCISTA
I segni di questa costante presenza del fascismo, dei suoi eredi, e di filiazioni di tipo diverse sono del resto tutto intorno a noi. Dall’assalto alla sede nazionale della Cgil, e proprio qui su “Dinamo” lo storico John Foot ci ha ricordato che no, non è il fascismo del 1921, ma è sicuramente una forma di fascismo; all’estrema destra statunitense sempre più sdoganata, armata e pericolosa: è della scorsa settimana l’assoluzione di Kyle Rittenhouse, che uccise in piazza due antifascisti, per legittima difesa, e non sono passati così tanti anni da Charlottesville; passando per un antisemitismo vivo e vegeto, come spiega Renzi in un capitolo dedicato, parlando per esempio dell’assurda crociata contro Soros. Un quadro globale, che passa anche dall’India dell’autoritario Modi, che rende il fascismo «un piano B in latenza» (p. 84).
La questione non sta tanto nel dirsi fascisti, ma quanto alcune idee siano ormai saldamente penetrati nell’humus culturale e politico italiano. Per cui può sembrare paradossale ma è in fondo perfettamente coerente come Giorgia Meloni, che di certo non viene dalle file del Pci, si sgoli a spiegare che no, loro mica sono fascisti. La parola fa ancora paura, come fanno ancora paura i simboli e le bandiere, tanti concetti meno: «le idee contenute in quel nocciolo ideologico sono divenute trasversali, hanno tracimato dai libelli di piccole case editrici militanti finendo per entrare negli show della politica disintermediata, nutrendo le retrovie delle armate di troll pronte a scatenare shit storm di odio sulla rete, flirtando con il buon senso reazionario venduto al grande pubblico televisivo» (pp. 88-89). Senza rinnegare nulla, solo compiendo un’accurata opera di cosmesi, mantenendo salde le radici ma presentandosi con più accettabili doppiopetto.
E quindi «il Fascismo Mainstream è l’impianto discorsivo che si sta imponendo sulla scena politica globale […] Questo Fascismo Mainstream usa temi e caratteri dei fascismi storici (quanto del nazismo) reinvestendoli dentro un impianto discorsivo definito post-ideologico, rendendo l’ipotesi di un Nuovo Fascismo possibile mantenendo in circolazione le idee del vecchio» (p. 89).
Queste idee, quindi, vanno prese sul serio, come fa Renzi tornando al pensatore Julius Evola o al libro tanto amato dai militanti neofascisti di varie generazioni Il campo dei santi di Jean Raspail. Per troppo tempo infatti, per tantissime persone (specie nella sinistra moderata) i fascisti sono stati derubricati a folklore, a buzzurri «privi di idee» (p. 9).
LA RELIGIONE ANTIFASCISTA DI STATO
Se i fascismi avanzano, e perché qualcos’altro retrocede. Già nel 2019, Renzi presentò, accuratamente e adeguatamente, un concetto che riprende nel libro: il tramonto della Religione Antifascista dello Stato, quell’insieme «di discorsi, idee, simboli, liturgie che hanno ancorato la nascita o il consolidamento delle democrazie liberali dopo la Seconda guerra mondiale» (p. 31). Un «credo laico Antifascista» che aveva tenuto in «uno stato di minorità morale e politica i movimenti con una filiazione diretta con il fascismo e nazismo» (ivi). Che però, attenzione, non sono mai davvero scomparsi, e anzi sono stati in grado di trasformarsi lentamente, adattandosi e cogliendo le opportune occasioni. Su questo Renzi è molto chiaro: «la retorica Antifascista di Stato [ha] perso ogni credibilità ed [è] ormai un ferro vecchio inutilizzabile» (p. 33).
Su questo in Italia si combattete e si è combattuta negli ultimi anni una battaglia sulla memoria storica. La nascita del Giorno del Ricordo, ma anche di altri giorni memoriali incluso quello de facto apertamente anticomunista che commemora la caduta del muro di Berlino, riscrivono il pantheon memoriale della nazione, finendo per comprendere, giustificare, se non promuovere il fascismo – su questo, fa bene a ricordarlo Renzi, ebbe un ruolo chiave il postcomunista Luciano Violante con il suo sdoganamento dei ragazzi di Salò.
Anche se sono passati oltre settanta anni è ancora a quegli anni del dopoguerra che bisogna tornare per capire le battaglie memoriali di oggi, e i tentativi di mettere a tacere chi si oppone a quella che ormai è la vulgata mainstream su foibe e comunisti cattivoni.
Del resto, è innegabile che qualche problemuccio le democrazie nate dopo la Seconda guerra mondiale ce l’abbiano, che le formule di oltre settanta anni fa scricchiolino e dobbiamo cominciare a farci i conti per evitare – come sta evidentemente succedendo – di venir sopraffatti dagli eventi senza la forza di produrre una diversa idea di futuro.
Immagine da Wikimedia Commons
IL CICLO REAZIONARIO
Si può vedere il Fascismo Mainstream, come fa lo stesso Renzi, come una parte di quello che Alberto De Nicola ha chiamato nel febbraio 2018 il ciclo reazionario. De Nicola notava come «se il fascismo è il rovescio della soppressione sistematica delle alternative di vita, non ci sono “fronti” popolari, democratici o costituzionali che reggano, né l’antifascismo militante potrà da solo invertire la rotta: c’è il bisogno di reinventare dei movimenti di massa in grado di politicizzare la vita […] Nella stessa misura con cui il ciclo politico reazionario tenderà a radicalizzarsi, le linee di frattura si approfondiranno». Sono passati ormai quasi quattro anni da quel testo, anni densi e in parte pandemici, da quel ciclo non solo non siamo ancora usciti, ma si è effettivamente acuito e radicalizzato.
Malgrado illusioni e speranze, le piccole cosmesi e le interpretazioni che non tengono conto della lunga durata degli eventi: per fare un solo esempio, il fatto che Trump non sia più Presidente degli Stati Uniti è senz’altro positivo, ma l’influenza che il trumpismo ha lasciato nella società statunitense va ben oltre chi sia il commander in chief.
Siamo dunque dentro in un ciclo reazionario che non sembra avere fine e a cui non sembriamo essere in grado di proporre narrazioni alternative. Su questo dobbiamo serenamente ammettere che i fascisti, almeno alcuni, hanno capito meglio come trasformarsi: «il Nuovo Fascismo si è definitivamente scrollato di dosso ogni reducismo e la nostalgia come sentimento predominate, un sentimento che ha preso ad albergare invece tra le file della sinistra contemporanea» (p. 88). Vale la pena chiedersi se questo reducismo e nostalgia che imperversano a sinistra non siano anche lenti deformanti che ci impediscono di fare i conti con le nostre sconfitte e provare a invertire il ciclo reazionario.
Fascismo Mainstream viene presentato oggi, giovedì 25 novembre alle 19, al Brancaleone di Roma. Ne discutono con l’autore Guido Caldiron e Luca Peretti, modera Giorgia Sallusti.
Immagine di copertina da Wikimedia Commons