ROMA

Marta D'Avanzo

Il diritto alla residenza è in standby. Spin Time si accampa in attesa di risposte

Stamattina il Primo Municipio di Roma si è svegliato con una nuova tendopoli alle porte dell’anagrafe. Settanta famiglie di Spin Time attendono l’attuazione della deroga all’articolo 5 del decreto Lupi-Renzi che gli ha negato per dieci anni la residenza. Il picchetto continua finchè non ci saranno risposte

Un tappeto di tende ha picchettato l’entrata dell’anagrafe in via Luigi Petroselli e non sono intenzionati ad andarsene finché Sindaco, Prefetto e Presidente del Primo Municipio non li incontreranno «per mettere un punto a un limbo burocratico che costringe 70 famiglie nell’invisibilità», si legge sul comunicato di La Bella Lotta. Le 150 persone in questione abitano a Spin Time, storica occupazione capitolina in via di S. Croce in Gerusalemme, ed è oltre un anno che attendono la registrazione all’anagrafe a seguito della deroga al Decreto Renzi-Lupi. «Ancora a oggi nel 2024, ci sentiamo vite da scarto, penalizzati perché per necessità viviamo in un edificio occupato», riporta una delle abitanti che mostra un cartello sul quale si legge di L. che attende risposta per la sua residenza dal 3 luglio 2023, data della richiesta.

Era il 2014 quando il governo Renzi approvò la Legge 80 conosciuta come “Piano Lupi”.  Una legge indirizzata ad aggravare le condizioni di precari, disoccupati, poveri e migranti. In particolare l’Articolo 5 del Decreto verte sulla residenza, negandola a chi occupa. In Italia e a Roma specialmente sono molti gli stabili occupati per far fronte al disagio abitativo a cui le amministrazioni non sono ancora riuscite a trovare soluzione, definendo a più riprese negli anni il fenomeno emergenziale e proponendo come soluzione l’istituzione di una norma che restringe l’accesso al welfare. Senza residenza non è possibile effettuare l’allaccio alle utenze, richiedere l’assegnazione del medico di base o pediatra, iscrivere lə bambinə ad asilo nido, materna e alle mense oltre a complicare l’accesso ai buoni libri, infine senza residenza non è possibile richiedere i permessi di soggiorno e votare alle elezioni. Una legge retroattiva, che revoca così la residenza, con tutti gli accessi ai servizi che ne derivano, anche a chi l’aveva già ottenuta.

Dopo dieci anni e numerose battaglie guidate dai movimenti per il diritto all’abitare, la legge non è ancora stata abrogata, ma nel 2022 grazie alla campagna “Batti il 5” e critiche di numerosə giuristə che hanno sottolineato i problemi di illegittimità della norma, il sindaco Gualtieri deroga all’articolo per i “meritevoli di tutela” quindi: minori e over 65, persone con disabilità, persone con reddito inferiore a 21.190 euro (tetto per l’accesso all’edilizia pubblica nel Lazio) e famiglie in carico ai servizi sociali.

Formalmente la richiesta di iscrizione all’anagrafe per molte, seppur non tutte, le persone con residenza in occupazione è applicabile negli uffici dedicati o tramite i portali online sul territorio capitolino, ma il Primo Municipio sembra opponga resistenza: «L’attesa media per un alloggio popolare è di 16 anni, come è possibile che ancora vi stupite che le persone occupino e rivendichino tutto ciò che è legato a un diritto all’abitare dignitoso», spiega una delle attiviste di Spin Time.

La residenza, che non è un merito, ma un diritto fondamentale rimane a oggi negata a moltə. I movimenti per il diritto all’abitare scendono in piazza a più riprese da ormai dieci anni per richiedere l’abrogazione della legge, il 10 Aprile hanno occupato il cantiere della metro C a piazza Venezia, oggi si accampano. Una revoca che chiede di essere inserita nel piano casa approvato a fine 2023, che mette le basi per far fronte al problema abitativo, ma non basta, perché il diritto all’abitare non è solo mattone, ma porta con se le rivendicazioni di una vita dignitosa e dei diritti negati illecitamente, dalla libertà di movimento alla sanità pubblica, al reddito e il lavoro, per i diritti civili e l’ambiente.

Il mattone è ormai di facile accesso lì dove l’amministrazione intravede possibilità di speculazione, affidando così a privati la destinazione d’uso, che non è di certo sociale. Per chi ha bisogno di un tetto sulla testa, o lotta per un welfare comunitario c’è sempre qualche postilla da rivedere, qualche compromesso da trovare, come per la delibera 104 o la deroga della legge 80, accordi che non tutelano i diritti di tutte le persone, ma si inseriscono in un sistema di premi e punizioni a seconda dei funzionari in carico e dell’utente che ne chiede adempimento. Questo è lo scenario di una città che si sta preparando per un Giubileo, che ostenta come baluardi i principi di inclusione, accoglienza e solidarietà.

Tutte le foto di Marta D’Avanzo

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