DIRITTI
Le idee chiare di Madalina
Madalina è un’attivista dei Blocchi Precari Metropolitani: ha ricevuto una notifica di espulsione dall’Italia per cinque anni perché ha partecipato a molte manifestazioni. Una vicenda che fa indignare e rabbrividire
Madalina ha ricevuto una notifica di espulsione dall’Italia, il prefetto le ha ordinato di lasciare il paese per cinque anni. Lei è un’attivista di BPM (Blocchi Precari Metropolitani) in prima fila nelle battaglie per il diritto all’abitare. Nonostante la sua vita e i suoi affetti siano a Roma, le istituzioni italiane hanno deciso che deve andar via. Il motivo? Non è socialmente integrata. Un pretesto, chiaramente, lo scopo è solo punitivo. Il messaggio è chiaro: per i migranti che protestano e si ribellano non c’è spazio. Nell’epoca delle leggi razziali e dell’apartheid vogliono negare ai migranti anche le libertà fondamentali come quella di espressione politica. Madalina, però, ha le idee chiare e non vuole arrendersi. La sua forza è la grande solidarietà che ha ricevuto in questi giorni. Il prossimo primo febbraio all’occupazione abitativa di Casal Boccone si terrà un’assemblea in suo sostegno «per chiunque si senta Madalina».
Madalina ci spieghi cos’è successo?
Il 15 di gennaio sono stata invitata a presentarmi dai Carabinieri ritirare una notifica, sono andata e lì ho ricevuto il foglio, un provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza non imperativi. Entro 30 giorni dovrei lasciare il territorio italiano e non potrei tornare prima di 5 anni. Nelle motivazioni c’era scritto che io rappresento un pericolo pubblico per cui dovrei essere allontanata
Quali reati hai commesso per ricevere questo provvedimento?
Ho partecipato alle manifestazioni insieme ai movimenti per il diritto alla casa e ai sindacati che ci appoggiavano. Alla fine tutte le denunce riguardano l’attività sociale. Dicono che in questi anni facendo queste manifestazioni non sono riuscita a integrarmi socialmente. Ho denunce per manifestazioni non autorizzata per i cortei che abbiamo fatto con i Si Cobas e le altre sigle che spesso erano in piazza con noi. Ma non sono mai stata condannata né sono andata a processo. Ho solo delle multe amministrative. In quei momenti non sono stata l’unica denunciata ma secondo me sono stata colpita da questo provvedimento perché sono un’attivista straniera, e per questo non hanno aspettato che si arrivasse al processo né tanto meno alla condanna. Al momento, infatti, non ho ricevuto nessuna condanna. Alla fine dei conti sinceramente le uniche sanzioni che ho subito sono le multe per il biglietto perché ogni tanto non avevo il biglietto e i controllori mi hanno beccata. Ma aldilà di questo non ho un cavolo né per la mia vita personale né per l’attivismo perché ancora non ho subito nessun processo e perciò non possiamo parlare di condanne
Perché secondo te hanno preso questo provvedimento?
Perché stanno attuando delle misure repressive contro gli attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare. È un fatto ovvio. Hanno provato con Paolo, Luca, poi Luciano e tanti altri compagni che sono stati colpiti da altri provvedimenti. Sorveglianza speciale, foglio di via dal territorio romano. Nel mio caso essendo straniera ma comunitaria hanno pensato bene di non aspettare, c’era il rischio concreto che i reati potessero finire in prescrizione o magari che il processo non si fosse mai tenuto. Mi stanno dando resistenza aggravata per qualche picchetto antisfratto in cui abbiamo provato a fare di tutto per le famiglie che si sono trovate senza soluzioni alternative. E alla fine si sono dovute appoggiare nelle occupazioni altrimenti sarebbero rimaste per strada.
Qual è la tua posizione legale in Italia?
Ho residenza, tessera sanitaria, la disoccupazione, pagavo le tasse. Ho una vita normale con un lavoro precario e di merda, sono una persona che tutti i giorni si impegna per chiedere diritti. Insomma nulla di così tanto criminale
Non si sono stati altri casi simili?
Al momento no, neanche nel resto d’Italia. Nel mio caso si tratta di motivi specificamente non imperativi quindi loro dichiarano che non sono pericolosa ma non sono integrata socialmente. Non ha proprio un senso. Questo ci ha colto di sorpresa perché per altre cose danno un foglio di via o per quelli senza dimora hanno fatto delle multe. Perché non pensano che sono poveri e non hanno un reddito ma multano pure loro. Anche quella è una forma di repressione contro la povertà e anche per questo che ci stiamo battendo.
Ti accusano di non esserti integrata, ma cos’è l’integrazione per te?
Ma nemmeno loro lo sanno… almeno io sono molto lucida con le mie idee, so quello che voglio. Loro no. Loro ogni giorno cambiano. Ieri parlavamo di Renzi e di Gentiloni che ci hanno fatto dei danni, anche grazie a loro stiamo soffrendo. Oggi parliamo di questi che ci governano, loro cambiano le idee e i pensieri invece noi abbiamo delle idee chiare. Madalina ha le idee chiare. Quindi io sono più ché integrata.
Qual è la tua storia, come hai iniziato la tua esperienza nella lotta per la casa?
Da 10 anni sto lottando proprio per queste problematiche. Prima vivevo in un campo rom. Mio padre era rom e mia madre rumena. La mia prima abitazione in Italia era in un campo rom. Tramite un amico, siccome avevo deciso di rimanere in Italia mi sono iscritta a scuola per studiare italiano. Il mio obiettivo era studiare e trovare lavoro. Una persona che incontrai mi raccontò che quello era un modo di integrarmi, non volevo rimanere nel campo dove non mi sentivo a mio agio
Possiamo chiederti in quale campo vivevi?
Il campo si trovava sulla Palmiro Togliatti, vicino la fermata del treno e dopo due mesi è stato sgomberato, così ho conosciuto i movimenti. In quel periodo stavamo combattendo contro la repressione delle famiglie rom. Anche oggi si dice che sono tutti ladri, ma nessuno li aiuta nell’integrazione. Allora nel campo c’erano tanti bambini che andavano a scuola. Così ho provato in tutti i modi a fare riconoscere quelle famiglie sul territorio italiano, affinché avessero un’integrazione e dei diritti. Da lì ho iniziato una battaglia per i diritti e da quel tempo fino a oggi ho studiato, ho preso la licenza media e mi sono iscritta al liceo. Ho frequentato anche il corso come operatore socio-sanitario. Purtroppo non ho mai concluso gli studi, il giorno dell’esame un’occupazione è stata sgomberata e io ho scelto di stare vicino a quelle famiglie. Così ho perso l’esame. Per riprendere gli studi avrei dovevo pagare di nuovo. Ma non avendo un lavoro ho rinunciato. Poi ho trovato lavoro in una cooperativa di pulizie. Fino ad aprile scorso avevo un lavoro, seppur precario avevo comunque un’entrata mensile. Poi la cooperativa ha chiuso e siamo entrati tutti in disoccupazione.
Quali reazioni ci sono state al tuo provvedimento di allontanamento?
Con il loro attacco volevano spaventare gli attivisti stranieri. Invece in questo momento si sono avvicinati tutti. Non solo dove vivo ma anche nelle altre città hanno capito il segnale di repressione. Non stanno attaccando solo Madalina ma attaccano la vita di un’attivista. Può essere un punto di partenza per il governo contro gli altri attivisti stranieri. Per questo il provvedimento non deve passare. Perché potrebbe essere un precedente pericoloso, potrebbe diventare uno strumento di repressione contro chi fa attivismo, contro chi sta nelle lotte. Sono passati tanti governi e ognuno con la sua idea ma le persone rimangono comunque a combattere perché è un diritto. Per questo si trova anche una comprensione da parte delle persone perché chiunque si identifica con Madalina. Questo è il messaggio. Chiunque sta lottando in piazza si può identificare con Madalina perché in quanto straniera rischia l’espulsione. Questi provvedimenti sono veramente infami
Quali sono i prossimi passaggi?
Il primo febbraio stiamo organizzando un’assemblea pubblica a Casal Boccone alle 5 di pomeriggio per chiunque si senta Madalina. La solidarietà si fa sempre più forte e voglio ancora andare fino alla fine, non possiamo lasciarli passare, ma non tanto per Madalina ma per il futuro, per quello che può accadere al prossimo.