EUROPA
«Siamo in guerra». Klementyna Suchanow parla della Polonia in lotta per l’aborto
«Proveranno ad arrestarci, ma ormai siamo troppe a scendere in strada e protestare». L’attivista e ricercatrice, fra le leader delle proteste per il diritto all’aborto in Polonia, fa il punto sulle mobilitazioni che coinvolgono migliaia e migliaia di polacche
In Polonia, la Corte costituzionale ha stabilito che l’aborto sulla base di difetti congeniti e malformazioni fetali, anche incurabili, è incompatibile con la Costituzione. Ora l’interruzione di gravidanza sarà possibile solo in caso di violenza sessuale, incesto o rischio per la vita della donna.
Le proteste contro questa decisione vanno avanti senza sosta da quasi un mese. Ancora una volta, lo Sciopero nazionale delle donne (Ogólnopolski Strajk Kobiet) organizza cortei, blocchi stradali e sit-in in tutta la Polonia, affiancato da studenti, movimenti LGBT, personale sanitario, disabili e sindacati. Da Varsavia a Danzica, passando per Wrocław, Cracovia e tante altre città, migliaia di persone sfilano per le strade e il Paese è in fermento.
Il 30 ottobre, 100 mila polacche e polacchi hanno infatti manifestato a Varsavia per protestare contro la decisione della Corte costituzionale e per contestare il governo, accusato di aver influenzato la decisione della Corte. Mercoledì sera i manifestanti hanno cercato di bloccare il Sejm, la camera bassa, ma sono stati respinti dalla polizia. Le forze dell’ordine hanno circondato e identificato i manifestanti, usando in più occasioni gas lacrimogeni e spray urticante. Anche alcuni parlamentari dell’opposizione sono rimasti coinvolti negli incidenti. La polizia ha arrestato 20 persone e multato un centinaio di dimostranti per violazione delle norme anti-covid.
Per comprendere meglio la situazione, abbiamo incontrato Klementyna Suchanow, scrittrice, ricercatrice e attivista dello Sciopero nazionale delle donne.
Cosa sta succedendo in Polonia e come stanno andando le proteste?
Stiamo bloccando tutto e sta andando benissimo. Migliaia di donne, tantissimi giovani ma anche molti uomini protestano ogni giorno. Insegnanti, tassisti, motociclisti e tanti professionisti stanno appoggiando la nostra protesta. In realtà ci sono tutti, anche gli agricoltori e i loro trattori. Il fatto nuovo è rappresentato dalla presenza del personale medico e questo ci fa piacere, perché negli anni precedenti non avevano mai esternato le loro opinioni pubblicamente. È una protesta con persone di tutte le età e di ogni estrazione sociale, ma sicuramente l’impatto più grande è quello dei giovani. Però anche i veterani dell’insurrezione di Varsavia sono dalla nostra parte, per dire. Siamo felici.
Avete anche pubblicato un manifesto di rivendicazioni. Quali sono le vostre richieste?
Sicuramente il diritto all’aborto costituisce la richiesta centrale. La sentenza della Corte Costituzionale è scandalosa, ma ce lo aspettavamo e continueremo a combattere per i nostri diritti come abbiamo fatto negli ultimi quattro anni. Le persone però ci chiedono anche di migliorare il sistema educativo, sanitario e giudiziario, l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola, il rispetto dei diritti Lgbt, una Corte costituzionale indipendente, sostegno ad anziani e disabili e tanto altro. Stiamo raccogliendo tutte le richieste e poi ne discuteremo, abbiamo bisogno di persone competenti. Ci stiamo preparando perché i polacchi non ne possono più di questo governo. Non me l’aspettavo. ma se è questo che gridano a gran voce in tutta la Polonia, possiamo farcela. A noi questo governo non piace e siamo contente di guidare le proteste.
Cosa c’è di diverso rispetto alle proteste del 2016?
Nel 2016, le manifestazioni riguardavano esclusivamente per i diritti delle donne, mentre ora c’è molto di più. C’è molta rabbia nelle strade, anche da parte di chi prima non aveva mai partecipato. Le persone manifestano da una settimana, occupano le piazze e lo fanno in maniera autonoma. Noi, come donne dell’Osk, proponiamo quando e cosa fare, ma alla fine è la gente che decide e lo sta facendo in maniera molto creativa.
Il governo vi attacca e ha chiesto ai “veri patrioti” di difendere la Polonia, soprattutto le chiese…
È una questione puramente politica. Il governo è composto da persone che corrono dietro ai soldi e vogliono fermarci. Stanno diventando ridicoli con le loro dichiarazioni, perché più provano a fare i cattivi e più ci fanno ridere. Non capiscono cosa sta succedendo in Polonia e noi proviamo a sfruttare i loro errori. Chiedere aiuto agli ultranazionalisti è una cosa di “stile russo”, vogliono trasformare il Paese in uno Stato autoritario. Noi non vogliamo la violenza e chiediamo di non rispondere a nessuna provocazione. Ma probabilmente ce ne sarà, è inevitabile in questo momento.
È una protesta rabbiosa, anche nel linguaggio: “vaffanculo PiS!”, “Kaczyński, fuori dalle palle” e tanto altro ancora. Come siete arrivate a questa scelta?
Questo è il momento di usare un linguaggio volgare, dunque usiamo insulti e parolacce. C’è stato il momento per il dialogo e per il confronto. Ma non c’è mai stata una risposta da parte del governo, mai spazio per discutere. Per quanto tempo dobbiamo cercare di parlare se dall’altra parte non ci ascoltano? Quando hai a che fare con gente di questo tipo, devi usare il linguaggio giusto. Non siamo disperate, siamo solo determinate e c’è molta rabbia. Ne abbiamo accumulata troppa negli ultimi anni.
Le proteste si sono svolte anche fuori e dentro gli edifici religiosi. In alcuni casi, i manifestanti hanno vandalizzato le chiese. Non avete paura di perdere il sostegno delle persone?
No, penso sia l’esatto contrario. Stiamo guadagnando molto più consenso perché la gente è arrabbiata con la Chiesa polacca per tanti motivi. Le loro posizioni sono chiaramente influenzate da interessi economici e affari sporchi. Le persone l’hanno capito, e quindi vogliono esprimere il loro dissenso così. Abbiamo organizzato queste azioni ma non abbiamo incoraggiato alcun atto vandalico, non ne vogliamo. Però è tempo che la Chiesa capisca che sta perdendo la fiducia della gente ed è per questo che chiediamo la separazione tra Stato e Chiesa, è meglio per tutti. La società è pronta.
Per quanto tempo continuerete a protestare?
Non lo so, non ho avuto nemmeno il tempo di pensarci. Ovviamente proveranno ad arrestarci ma ormai siamo migliaia e c’è chi prenderà il nostro posto. Non scompariremo, non possono fermarci. Siamo pronte: to jest wojna, questa è una guerra.
Il ministro della giustizia Ziobro vuole incriminarvi perché state mettendo a rischio da salute delle persone, considerando la crisi pandemica. Avete paura?
No, non mi interessa. Facciano quello che vogliono.