ROMA
Una grande opera a due passi da Roma: l’allargamento dell’aeroporto di Fiumicino
In vista del 23 marzo abbiamo intervistato il comitato Fuoripista in merito al progetto per allargare lo scalo Leonardo Da Vinci. Una opera costosissima e inutile, in cui si gioca una partita di speculazione finanziaria, fondiari ed edilizia
Il 23 marzo a Roma si scende in piazza contro le grandi opere e per il clima. L’appuntamento, lanciato a novembre scorso e poi a fine gennaio, sta progressivamente crescendo, sono già più di 100 i bus organizzati che da tutta Italia arriveranno nella capitale. Come Dinamopress seguiremo da vicino il corteo e in questa settimana continueremo gli approfondimenti sulla tematica.
Partiamo da una possibile grande opera che riguarda da vicino chi vive nella capitale e della quale finora si è parlato ancora poco.
Dal 2012 interessi molteplici hanno fatto partire un progetto per un allargamento (o meglio un raddoppio) dello scalo aeroportuale di Fiumicino. Abbiamo chiesto a Massimiliano, del comitato Fuoripista, di raccontarci in breve quale impatto avrebbe questa grande opera, gli interessi nascosti dietro ad essa e quali sono i margini per impedirne la realizzazione.
Ci puoi spiegare quale sarebbe l’impatto della realizzazione del progetto per il nuovo aeroporto a Fiumicino?
L’impatto coinvolge 1300 ettari di terreno con la possibilità di cubare 2metri cubi per metro quadrato, i terreni si trovano in gran parte nella Riserva Naturale Statale del Litorale romano e coinvolgerebbe negli espropri circa 300 famiglie fra abitazioni e propri terreni agricoli per quanto riguarda l’area perimetrale dello scalo. A questo vanno aggiunte le opere attorno all’area che sconvolgerebbero il territorio, strade, opere di bonifica, altre edificazioni. Vi sarebbe anche un consistente impatto su realtà archeologiche di grande importanza.
L’esistenza della Riserva Naturale è stata riconosciuta, all’atto della presentazione del progetto consistenti nelle prime opere, anche da Enac (l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) e Adr (la Società che gestisce gli aeroporti di Roma) come il limite principale alla realizzazione dell’opera. Hanno pertanto esplicitato la necessità, a loro parere di stabilire un percorso (cioè una nuova procedura amministrativa) che, in collaborazione con le diverse istituzioni, porti al superamento del limite determinato dalla riserva.
In che fase di avanzamento è il progetto?
Il 30 marzo del 2017 Enac e Adr hanno presentato il progetto al Ministero dell’Ambiente e recentemente Enac ha avuto un incontro con la Commissione della VIA/VAS che lo deve esaminare e approvare. Finora tale Commissione ha confermato che l’aeroporto non si può realizzare perché impatta con la Riserva, in particolare con la zona 1 che è totalmente inedificabile. Enac ha chiesto allora 10 mesi di sospensiva per trovare la possibilità di avere un varco nel Piano di Gestione della Riserva (che deve essere approvato a breve con decreto), che permetta di superare questo ostacolo.
A tale riguardo per ora Regione Lazio e Presidenza del Consiglio e lo stesso Ministero dei Trasporti hanno confermato l’impossibilità di realizzare il raddoppio tenuto conto del vincolo posto dalla Riserva. Se la Commissione mantiene questa posizione, nonostante le forti pressioni degli interessati, il progetto avrà serie difficoltà per essere approvato.
Quali sono le giustificazioni ufficiali di un’opera simile? L’aumento del traffico aereo?
Enac e Adr hanno presentato tutta la documentazione a giustificazione dell’opera, includendola nel contratto di programma sottoscritto il 21 dicembre 2012. Nelle tabelle hanno forzato i conteggi sulle necessità dell’aeroporto facendo sempre il conto sul numero di passeggeri anziché su quello di movimenti possibili. Per “movimenti” si intende decollo e atterraggio di un velivolo. Per giustificare l’opera hanno previsto un aumento considerevole di passeggeri e hanno tenuto sempre basso il numero di passeggeri per aereo, contando 108 passeggeri medi per volo. In altri paesi europei normalmente si contano 150 o 160 passeggeri medi ad aereo. Con questo calcolo falsato hanno voluto giustificare la necessità dell’opera.
Abbiamo contestato il tutto, presentato un piano alternativo presentato ed esposto alla Società AdR, nei diversi ministeri interessati, in Regione e al Comune di Fiumicino che lo ha fatto proprio. e non ci è mai stato stata fatto nessuna critica a riguardo. In questo nostro piano alternativo abbiamo dimostrato che, mantenendo l’area perimetrale attuale, hanno ancora 180 ettari di territorio che possono utilizzare per altri terminal.
Al momento la capacità dell’attuale aeroporto è di 90 movimenti l’ora. Nelle ore di punta ogni giorno si fanno 60 movimenti l’ora. Quindi c’è un margine ancora di 30 movimenti l’ora. Se nell’aeroporto attuale si realizzassero le infrastrutture come abbiamo proposto noi nel piano alternativo, si potrebbe arrivare fino a 125 movimenti l’ora, quindi si potrebbe raddoppiare i movimenti senza aumentare il perimetro dello scalo. Dove sta allora l’urgenza di raddoppiarlo?
E allora perché vogliono costruirlo?
Sotto a questa operazione ci sono una serie di interessi edilizi speculativi, fondisri e finanziari.
950 ettari dei 1300 ettari dove si dovrebbe costruire il nuovo aeroporto sono della famiglia Benetton che è proprietaria della Maccarese Spa (una società di produzione agricola e casearia – ndr). La stessa famiglia Benetton però controlla anche AdR, la società degli aeroporti romani, al 98%. Pertanto l’aeroporto permetterebbe un flusso di denaro tra una controllata e l’altra della stessa famiglia. Inoltre nel contratto di programma è scritto che chi andrà all’esproprio delle terre con contrattazione anche diretta è la stessa Adr: giocano tutti in famiglia.
Con il progetto in mano approvato, secondo alcuni studi economici la Società AdR assumerebbe un valore variabile fra i 3,2 e 4 miliardi. Dai giornali economici abbiamo appreso che l’intenzione era di vendere le nuove azioni in giro per il mondo in 4 tranches per un valore di 800 milioni cadauna. Una tranche era per loro, le altre nel mercato. I contatti con gli eventuali acquirenti sembrerebbero sospesi.
Va ricordato poi che l’opera verrebbe realizzata interamente con l’aumento delle tasse d’imbarco. Già dal 2012, quando è stato sottoscritto il contratto di programma, è stato definito un aumento medio di 10 euro, aggiornabile anno per anno secondo degli indici definiti nel contratto di programma. Il valore complessivo dell’opera, includendo lavori di ammodernamento della attuali infrastrutture e i lavori per il raddoppio, ammonta a 12,5 miliardi di euro.
Nello stesso tempo, le opere all’esterno, calcolate intorno ai 7 miliardi sarebbero a carico della fiscalità generale.
La Società di gestione, per contratto, si preoccupa solo del perimetro nel progetto futuro. Abbiamo esaminato i bilanci dal 2012 al 2016: in quattro anni di aumento delle tasse d’imbarco hanno già fatto un utile netto di 800 milioni di euro, quindi i 10 euro erano molto superiori alle loro necessità e sono stati in gran parte trasformati in dividendi.