ROMA

Senza spazio non c’è respiro. Gli spazi femministi in piazza a Roma

A Roma in centinaia in piazza de Campidoglio per difendere la città femminista e gli spazi delle donne sotto attacco, nessuna risposta da parte della Sindaca Raggi che sfugge ad ogni incontro mentre scoppia lo scandalo intercettazioni

Durante le giornate di Verona, Non Una di Meno ha lanciato una settimana di mobilitazione per gli spazi femministi e dopo le iniziative di Bologna, Napoli, Pavia e Mantova, anche Roma oggi è scesa in piazza per difendere e costruire una città femminista. Sono due gli spazi direttamente sotto attacco in città: la casa delle donne Lucha Y Siesta e la storica Casa Internazionale delle Donne, ma come si legge sul comunicato di lancio della piazza: «Siamo in piazza per ogni casa delle donne sotto minaccia, per ogni casa rifugio mai aperta e ogni centro anti-violenza in balia di una scadenza, per ogni spazio femminista possibile».

La casa delle donne Lucha y Siesta è nata l’8 marzo del 2008 e fornisce accoglienza e sostegno ai percorsi di autonomia e uscita dalla violenza per donne e bambine/i in difficoltà. Lucha y Siesta è un progetto ibrido, una casa rifugio, una casa di semiautonomia e un centro antiviolenza con uno sportello di accoglienza, in questi 10 anni di attività ha sostenuto circa 1.105 donne e 300 minori, come si può leggere sul loro dossier. Oggi la metà dei posti letto per donne vittime di violenza della città di Roma sono a Lucha y Siesta.

Lo stabile, di proprietà dell’Atac, è stato inserito nel concordato firmato dalla municipalizzata tra quelli da mettere all’asta per sanare il debito accumulato dall’azienda in anni di mala gestione. Come ci spiega Michela di Lucha y Siesta: «Da dicembre, mese in cui è arrivata la lettera di Atac, siamo ancora in attesa che si costituisca un tavolo di trattativa. Noi siamo disponibili a prendere in considerazione diverse possibilità per lo stabile, ma non siamo considerate un interlocutore valido con il quale parlare da parte delle istituzioni coinvolte». La storia di Lucha y Siesta ci spiega come si possano costruire spazi comuni con servizi ben gestiti, gratuiti e di qualità, in netta contrapposizione al modello Atac, un servizio pubblico gestito in modo privatistico, corrotto e clientelare.

La Casa Internazionale delle Donne è uno spazio storico dei movimenti femministi romani. Nel 1987, dopo lo sfratto dall’edificio in via del Governo Vecchio, venne occupata una parte dello stabile del Buon Pastore, un ex reclusorio femminile a Trastevere, e iniziò una lunga contrattazione con il comune per strappare la casa. Alla metà degli anni ’90 la Giunta Rutelli deliberò l’assegnazione, ma solo nel 2001, dopo lunghi lavori, venne istituito il consorzio della Casa Internazionale delle Donne e consegnate le chiavi.

Dopo che la delibera 140 aveva messo sotto attacco il patrimonio disponibile dato in gestione e utilizzato da associazioni e centri sociali, è partito l’attacco alla Casa Internazionale. Così, nell’agosto del 2018, il comune di Roma ha revocato la convenzione alla Casa (in scadenza nel 2021), in maniera unilaterale e senza alcuna reale spiegazione. Da allora si è aperto una campagna “La casa siamo tutte” e una raccolta fondi per raccogliere 300.000 euro «per chiudere in modo equo e sostenibile il contenzioso che ne mette a rischio l’esistenza». Come ci spiega Maria della Casa Internazionale: «siamo in attesa, abbiamo consegnato la nostra proposta per pagare 300mila euro e chiudere per sempre il contenzioso, ma nessuno ci ha mai risposto».

I cartelli e gli slogan della piazza raccontano come dovrebbero esistere spazi femministi e case delle donne in ogni quartiere di questa città, non chiudere quelli esistenti. Serena di Non una di meno Roma afferma: «La giunta non ha alcuna progettualità sull’utilizzo del patrimonio, l’unica cosa che fa è proseguire l’operazione partita con la delibera 140 di smantellamento delle città pubblica e solidale, causando dei danni gravissimi alla città. Questi sono spazi dove si costruisce il tessuto sociale urbano. Dopo fatti come quelli di Tor Bella Monica, non si può pensare di chiudere un centro antiviolenza a Cinecittà».

La piazza ha espresso la volontà di incontrare la Sindaca ma nessun risposta è stata data in merito. È stato anche richiesto di entrare ad assistere all’assemblea capitolina in corso, ma le forze dell’ordine si sono schierate per non far passare nessuna donna, nonostante le assemblee istituzionali dovrebbero essere pubbliche. Nel frattempo arrivavano le notizie delle nuove intercettazioni della Sindaca Raggi e lo spettro di un nuovo commissariamento per il Comune. Se il silenzio istituzionale è assordante, la piazza di Non Una di Meno ha risposto con una musica rumorosa e gioiosa che non ha nessuna intenzione di smettere di suonare.