EUROPA
Francia. Il premier che parla con i re defunti
Ennesima manovra macroniana per imporre un premier di minoranza: stavolta tocca a Bayrou, uomo per molte stagioni, buon amico di Cazeneuve, quindi utile per tentare di spaccare il NFP sul fragile margine socialista
È venerdì pomeriggio e sulle scale di Matignon si sta effettuando il passaggio di consegne da Michel Barnier al suo coetaneo François Bayrou, ex-democristiano e macronista del primo minuto. Una delle nostre ipotesi della settimana scorsa (ne parlavamo qui). È cronaca politica. Potrebbe essere anche la sintesi di una seduta psicoanalitica. Perché quello che sta succedendo è un vero e proprio delirio storico-mondiale all’altezza di quello del presidente Schreber, analizzato da Sigmund Freud e ripreso da Gilles Deleuze e Félix Guattari nel loro Anti-Edipo. L’unica differenza è che mentre «il presidente Schereber ha i raggi del cielo nel culo», François Bayrou parla con Enrico IV, re francese deceduto nel 1610. E non è uno scherzo. «Uno dei soli amici che ho avuto nella mia vita e uno dei soli ad avermi dato una mano», ha spiegato il neo-Primo ministro. E così conferma l’incipit del primo volume di Capitalismo e schizofrenia: «state certi», scrivevano Deleuze e Guattari, «che funziona; il presidente Schreber sente qualcosa, produce qualcosa, e può farne la teoria». Del resto, Bayrou non aveva dedicato una monografia al suo amico immaginario nel 1994 (Le roi libre)?
Nessuno aveva capito fino a oggi che Bayrou ha iniziato a delirare da allora. Trent’anni gloriosi di delirio. Quello con il quale parla più volentieri nei momenti più intimi e in quelli più importanti. Ora questo problema clinico riguarda l’intero paese. La Francia, paese di filosofi e psicoanalisti, dovrà prepararsi a mettere la sua classe dirigente sul divano.
Pur di non riconoscere la vittoria del Nouveau Front populaire e di perseverare nella sua politica economica neoliberale, il Presidente che delira più di tutti ha nominato un premier letteralmente schizofrenico. Che a 73 anni parla con un re-cavaliere, con tutto il corteo di cavalli, spade e morti violente. Però si potrebbe pure capire, alla fine si tratta di un un uomo-ombra dai mille volti: democristiano e macronista, ma anche pianificatore e traditore, ricattatore e conciliatore. Il tutto allo stesso momento. C’è da diventare pazzi effettivamente. Lui, Bayrou, è tutto contento. Anzi giubila, perché forse capisce di non star delirando da solo: «la data [del suo insediamento, ndr] calza a pennello, il 13 dicembre è il compleanno di Enrico IV».
Il pianificatore
François Bayrou resta un democristiano. Franco tiratore della coalizione di centrodestra alle presidenziali del 2012 quando, dopo aver appoggiato al primo turno Nicolas Sarkozy (Partito Repubblicano), dichiarò il suo sostegno a François Hollande (Partito Socialista) al secondo turno. Così anche nel 2017 quando ritirò la sua candidatura per appoggiare Emmanuel Macron. Ne guadagnò il ministero della Giustizia, ma solo per un mese e quattro giorni: l’avventura si interruppe a causa di un’inchiesta giudiziaria che lo vide indagato per appropriazione indebita di denaro pubblico avvenuta nell’ambito di falsi contratti di lavoro al Parlamento europeo per quadri del suo partito MoDem. Insomma, lo stesso reato che vede ora indagati alcuni quadri del Rassemblement national, tra cui Marine Le Pen e Jordan Bardella. Un ricorso in appello è previsto a febbraio – questa potrebbe essere una data, a lungo termine, per la caduta dell’ennesimo governo non eletto dal popolo francese.
Calmate le acque, Macron lo nominò alto commissario alla Pianificazione economica nel 2020. Un’istituzione scivolata nell’ombra a partire dal contrattacco neoliberale degli anni ’90, la Pianificazione economica è stata progressivamente svuotata di prerogative, distribuite fra diversi nuovi enti come France stratégie.
Con la nomina di Bayrou, l’istituzione è uscita dall’oscurità e ha riguadagnato degli spazi sulla stampa nazionale. Ma sempre con il dubbio: che fanno Bayrou e i suoi? Fondamentalmente scrivevano note, subito smentite da diverse agenzie ed enti statali. La sostanza la spiegò lo stesso Bayrou due anni fa a Le Monde : «lavoriamo in rete; il nostro lavoro è incontrare gli interlocutori pertinenti e di aprire delle porte». Tradotto: Bayrou è uno dei pezzi essenziali della sussunzione dello Stato alla macchina da guerra capitalista, svolgendo il ruolo di cinghia di trasmissione tra politica budgetaria e consigli di gabinetto.
È così che Bayrou e i suoi hanno servito varie pezze d’appoggio per le politiche più violente ed inegalitarie, come la riforma delle pensioni. In quest’occasione, il neo-Primo ministro aveva calcolato addirittura 30 miliardi di debito pubblico generati dalle pensioni, dando così l’unica motivazione economica a supporto della riforma. Un’inchiesta di Alternatives économiques, collettivo di economist*, ha mostrato più la fantasia dell’autore che la veridicità dei “calcoli”.
Insoddisfatto, Bayrou è ritornato proprio questi giorni sul dossier affermando che il debito pubblico è da considerarsi «moralmente insopportabile». Ma queste parole non sono bastate per evitare il declassamento della Francia al ranking Aa3 dell’agenzia Moody’s. Gli analisti dell’agenza statunitense di rating prevedono una stagnazione del debito pubblico sui 6, 3 punti ne 2025 e un alleggerimento al 5,2% per il 2027. Le previsioni del governo Barnier sono così pienamente contraddette: prevedevano un deficit pubblico al 5% per il 2025 e il raggiungimento della soglia europea del 3% per il 2029.
Ricattare e conciliare
È significativa la maniera in cui il «traditore», come lo chiamano i Repubblicani, è riuscito a ottenere la sua nomina. Venerdì mattina viene contattato da Macron per essere il secondo in un governo diretto dal macronissimo Roland Lescure. Bayrou avrebbe rilanciato: o il Primo ministro è Bernard Cazeneuve (ex-PS su posizioni radicalmente anti-Insoumis) o si fa senza di me. Ricordiamo che quest’estate il nome dell’ex-socialista era stato respinto con fermezza da Macron. La risposta di Bayrou significa infatti che con lui come Primo ministro, il governo avrebbe l’appoggio dei socialisti scontenti del Nouveau Front populaire. Dopo essere stato ministro dell’ultimo governo sotto la presidenza di Hollande, Cazeneuve lasciò il PS proprio in rottura con la precedente all’alleanza con la France Insoumise. Ora che l’ex-segretario socialista è ritornato in sella e fra le file del Partito, il blocco Bayrou-Cazeneuve potrebbe nuovamente riportare il PS dentro la maxi-area del neoliberalismo francese spaccando la fragilissima alleanza di sinistra.
Bayrou ne parlava da settembre: «il futuro ci obbligherà ad assomigliarci», ecco il suo intervento di chiusura della scuola politica di MoDem, a cui era invitato l’amico Cazeneuve. Potrebbe riuscirci grazie a una coalizione larga spalmata su una maggioranza a due livelli e tre aree: l’esecutivo sarà macronista e repubblicano, con riconferma di alcuni nomi del governo Barnier (tra cui il razzista disinibito Bruno Retailleau, pericolosamente riconfermabile suo ministero degli Interni).
Il PS e l’RN ne saranno fuori, perché i socialisti entrerebbero a condizione di avere un Primo ministro di sinistra mentre l’RN ha bisogno di stare all’opposizione per puntare alle prossime elezioni, legislative e presidenziali. Ma entrambi ne costituiranno il secondo livello, dando entrambi il loro appoggio esterno.
Ci sono alcune condizioni. I socialisti hanno chiesto, seguiti dai Comunisti e dai Verdi, di non applicare il comma 3 dell’articolo 49 della Costituzione e quindi di sottomettere qualunque manovra alla discussione parlamentare. La strategia è di usare il parlamentarismo per far passare almeno qualche punto del programma del Nouveau Front populaire. Gli insoumis invece presenteranno immediatamente una mozione di sfiducia. C’è da aggiungere che il futuro del Nouveau Front populaire è appeso alle manovre dei Verdi, che oscillano tra la strategia parlamentarista dei Socialisti e l’approfondimento della crisi difeso dagli Insoumis. «Se è per mantenere gli stessi, come Bruno Retailleau agli Interni, per non far nulla sulle pensioni, l’ecologia, la giustizia fiscale», ha dichiarato la segretaria dei Verdi Marine Tondelier, «non vedo altre alternative che votare una nuova sfiducia». L’ipotesi è quindi che la prima mozione di sfiducia depositata dagli Insoumis sarà formale, perché volta strategicamente a far scoprire le carte alle singole forze del NFP, mentre sarà l’uso del comma 3 dell’articolo 49 che potrebbe scatenare una nuova sfiducia, questa volta effettiva.
Immagine di copertina: Ilaria Turini
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