ITALIA

Firenze, nono giorno di resistenza dal tetto di viale Corsica 81: intervista a un’attivista

Sgomberi e sfratti sono al centro del dibattito italiano, mentre a Roma si sfila tra le strade a Firenze si resiste sui tetti per dire basta e proporre nuove forme di socialità e rivendicare una casa per tuttə

Sullo striscione calato dal tetto di viale Corsica 81 si legge «Non per noi, ma per tuttə». Il 15 marzo, a Firenze, è stata sgomberata un’occupazione abitativa che durava da nove anni. Gli/le attivistə si sono mobilitatə per riprendersi lo spazio. Nei giorni successivi allo sgombero, diversi cortei hanno attraversato la città e molte occupazioni hanno segnalato lo stato di abbandono a cui sono condannati gli spazi.

Il 5 aprile lo stabile è stato ripreso dai membri del collettivo che da 9 giorni stanno resistendo sul tetto con il sostegno di un presidio permanente sulla strada di fronte al centro sociale.

La scelta del Comune di sgomberare questo spazio è stata fortemente contestata dal quartiere Rifredi. Negli anni questa occupazione è diventata, oltre che una dimora per più di venti persone, un luogo di convergenza dove i cittadini costruiscono solide alternative alla gentrificazione imposta sul territorio.

Attraverso gli eventi culturali, la creazione di un’area cani autogestita e molte altre attività Corsica 81 è diventata una comune dove si sperimenta un altro modo di vivere, che funge da punto di riferimento per l’organizzazione delle lotte più svariate, da quelle transfemministe a quelle di difesa per il diritto all’abitare.

La determinazione e la convergenza dei movimenti sociali di Firenze non si sta fermando: nonostante lo sgombero della comune tra Corsica e Arcovata, nella notte tra il 12 e il 13 aprile è nata anche una nuova occupazione.

In via Ponte di Mezzo 32 è nato un nuovo spazio, in cui confluiranno le vertenze del quartiere e che permetteranno di continuare la lotta sul territorio. Nel pomeriggio, coloro che hanno resistito per nove giorni sul tetto di Corsica 81 scenderanno per raggiungere la collettività nel nuovo spazio.

A. ha raccontato a Dinamopress le ultime settimane di mobilitazione.

Quando e come è nata l’esperienza di Corsica 81?

L’occupazione Corsica nasce il 19 novembre 2012, da un gruppo di ragazzə, tra i 19 e i 24 anni, provenienti per lo più dal ciclo di lotte dell’onda e da alcune famiglie che erano state sfrattate nei mesi precedenti all’occupazione dello stabile. La composizione era mista, poichè la componente giovanile del gruppo già dal maggio 2011 aveva iniziato a interfacciarsi con il movimento di lotta per la casa.

La nostra corrente, una volta che si è incontrata con questo movimento, ha iniziato a esserne fortemente influenzata seguendo dei percorsi soprattutto sulla difesa degli spazi dagli sfratti. Il nostro interesse all’epoca era quello di sviluppare progetti che fossero autogestioni funzionanti, mantenendo una reale interfaccia con le lotte in ambito della difesa anti-sfratto.

Quindi, viale Corsica nasce da un gruppo di due famiglie e circa una quindicina di attivisti più giovani.  È uno stabile disposto su tre piani: il piano terra è adibito a centro sociale dove si trova il bar, la serigrafia e altri progetti come la biblioteca e laboratori artistici; sopra c’è la casa dove ci sono spazi comuni come il salone e la cucina, nonostante le famiglie avessero anche degli spazi privati per loro.  È diventata uno squat integralmente dal 2014, mentre la maggior parte dei compagni di viale Corsica si erano discostati dal movimento di lotta per la casa, essendosi ormai quasi estinto. 

Com’è avvenuto lo sgombero? Qual è la situazione da allora e, nello specifico, come procede la resistenza che alcun attivistə stanno facendo sul tetto dello squat?

Lo sgombero è avvenuto tramite un subdolo sotterfugio della questura che si è presentata alla porta di casa di una persona sotto sfratto, difesa dal comitato anti-sfratto “Blocco”. Questa persona, il cui sfratto era previsto il 23 marzo, si è trovata alla porta le forze dell’ordine la mattina del 15 marzo che volevano eseguire anticipatamente lo sfratto.

I compagni e le compagne del “Blocco” sono accorsi per difenderla, e da lì è arrivata notizia che un altro contingente della polizia – ben più grande –  si era presentato per sgomberare lo spazio in viale Corsica, militarizzando non solo la via ma tutto lo spazio circostante.

Fortunatamente, una persona era rimasta all’interno dello spazio ed è riuscita a salire sul tetto dove e rimasta fino a sera. Come pratica del collettivo, noi di solito difendiamo le occupazioni principalmente dal tetto per allungare le operazioni di sgombero e tenere alta la tensione. Questa è una strategia che la questura conosce bene e sapeva pure che lo squat era barricato, elemento che ha permesso all’attivista di arrivare da solo sul tetto, da dove è sceso solo in serata, permettendo di portare a termine lo sgombero.

Ci sono state due manifestazioni, una mattutina e una serale, piuttosto partecipate. Infatti, si è notata da subito una discreta voglia di interessarsi e di rispondere in maniera compatta da parte di tutti coloro che sono venuti alle mobilitazioni.

L’occupazione è rimasta presidiata da schieramenti di celere fino al corteo di sabato 19 marzo. Corteo decisamente conflittuale rispetto agli standard fiorentini che ha segnato un passaggio molto importante a livello cittadino perché è stato attaccato pesantemente dalla polizia sin da subito con lacrimogeni e continue cariche.

La cosa importante è che una resistenza così forte della piazza è stata condivisa a livello cittadino, essendo quindi legittimata maggiormente perché non riguardava più solo i compagni e le compagne di Corsica, ma la collettiva necessità di dare una risposta forte a uno sgombero di uno spazio storico che è stato un fulcro di tantissime lotte e spazi di discussione, un punto di ritrovo per la nostra generazione. 

C’è stata molta solidarietà tra gli abitanti, almeno sulla questione mediatica verso la giunta comunale e verso le istituzioni rispetto alla scelta dello sgombero. L’immobile è sotto sequestro da quando è occupato per cui non sanno bene che farsene, non hanno progettualità. Semplicemente vogliono metterlo all’asta, che si chiuderà con un nulla di fatto. Per questo motivo, per il quartiere lo sgombero è sembrato insensato.

 Questo fino al 5 aprile, quando è avvenuta la rioccupazione dello spazio da parte di alcunə compagnə che immaginandosi un’immediata risposta repressiva da parte della questura (che agisce in maniera estremamente rapida negli ultimi mesi), sono entratə già pronti per resistere all’interno.

Infatti, oggi che ti parlo, sono al nono giorno di resistenza sul tetto e da allora questo ha creato una fortissima mobilitazione. Sebbene ci fosse stata una risposta più classica allo sgombero, questa presa di posizione anche molto coraggiosa ha trovato un entusiasmo incredibile da parte degli attivisti e non. La caparbietà e la coerenza stanno pagando con la serietà con cui si sta partecipando, il clima del presidio permanente che si è creato nelle strade adiacenti allo spazio è fenomenale: esso è diventato una mobilitazione popolare e radicale allo stesso tempo, in continuità anche con lo scontro che è avvenuto nei giorni precedenti.

Questo va a confermare la tesi che sosteniamo da diverso tempo: cioè che il conflitto e la comunicabilità di una mobilitazione non sono necessariamente in contrapposizione ma che in determinati momenti possono andare molto in sintonia.

Da una settimana a questa parte, il presidio è l’unico luogo d’incontro nel quartiere perché è sempre aperto a chiunque lo voglia attraversare. In questo momento, la paura è passata in secondo piano. E’ quasi un mese che, dallo sgombero, siamo nelle strade con manifestazioni, presidi, picchetti anti-sfratto, avvicinando nuove persone nel frattempo. Il presidio è sempre più nutrito con attività culturali che solitamente si farebbero all’interno del centro sociale.

Qual è la posizione delle istituzioni? Stanno cercando di costruire un dialogo con voi?

Firenze non ha politiche sociali di apertura da moltissimi anni e, dacché mi ricordo, circa dal 2008, non le ha avute. Infatti, è una prerogativa del PD fiorentino, essere allineato con le peggiori politiche repressive. È una città che è stata totalmente dedicata al turismo e su questo non ci sono mai stati margini di apertura.

Come, per esempio, nel caso della Polveriera, spazio occupato da circa sei anni dagli universitarə vicino a una mensa in centro città, che è da diversi anni sotto sgombero. Ha tentato un processo partecipativo secondo delle aperture effettuate dal Azienda regionale per il diritto allo studio regionale in Toscana (DSU). Questa cosa non è mai andata in porto.

Tuttavia, il rapporto con le istituzioni noi non lo abbiamo mai cercato nell’ambito di viale Corsica, mentre semmai nell’ambito di Blocco già di più per forzare l’apertura del bando di assegnazione delle case popolari, o comunque per necessità burocratiche evidenti. Sulla situazione attuale, non si stanno esprimendo granché, soprattutto perché c’è la parte rionale del quartiere, quella più vicina all’occupazione, che ci sostiene apertamente,  grazie a un’estrema cura nei rapporti instaurati con il quartiere che è sempre stata messa in campo.

La nostra pratica, infatti, è sempre stata quella di autorganizzarci in ogni ambito della vita, attraverso il mutuo aiuto per creare realtà migliori in cui non si è più soli. E questo il quartiere lo sa bene, mettendo all’angolo le posizioni del Comune e della questura.

Come stanno venendo trasformati i quartieri della città di Firenze? Al contrario, attraverso il vostro spazio, che tipo di quartiere sentite di star costruendo?

Firenze già dagli anni ‘80 ha subito, a livello di trasformazione urbana, un’espulsione dal centro storico, che è totalmente completata tranne una piccola parte del quartiere di Sant’Ambrogio – Santa Croce.

Più recentemente, sta avvenendo una forte trasformazione legata al turismo e tutta la logistica legata a quest’ultimo (in particolare i mezzi pubblici: per esempio, in via Rifredi è stata lavorata una nuova linea negli ultimi tre anni; questo ha modificato definitivamente il quartiere).

Questi processi hanno reso, tra gli altri, Rifredi un quartiere piuttosto costoso; è in atto una rapida trasformazione per cui ora ci sono moltissimi Airbnb, perché, grazie al nuovo tram si è a dieci minuti dal centro.

Noi, per esempio, scommettiamo che vorrebbero trasformare viale Corsica in un albergo. D’altro canto, tutto questo si accompagna a politiche repressive, anche poco celate come le zone rosse nelle piazze del centro o in alcune zone considerate di “degrado”. C’è un forte attacco da parte del comune alla socialità libera e non vincolata al consumo.

Le nostre lotte, infatti, hanno sempre riguardato un senso più ampio dell’abitare, riprendendoci le piazze, difendendo gli abitanti dagli sfratti e mobilitandoci contro ordinanze liberticide. Noi ai concetti di “degrado” e di “decoro” abbiamo anteposto il concetto di cura e questa cosa ha pagato molto.

In particolare ci siamo presi cura dell’ultimo tratto di viale Corsica, dove eravamo ubicati, in primis, con l’area cani autogestita che è nata tra il 2013 e il 2014. Essa è un forte segnale di riappropriazione e di autogestione del quartiere.

È nelle battaglie comuni con il quartiere che ci siamo fatti riconoscere e abbiamo creato un legame forte con gli abitanti di quella zona: incontrandoci nei picchetti, conoscendoci personalmente siamo riusciti a socializzare. Non solo abbiamo condiviso con loro le ragioni della Comune e della vita che abbiamo scelto di perseguire, ma ci siamo anche confrontati su quelle che sono le prospettive di giovani provenienti dalla provincia in una città come Firenze.

Come si stanno comportando le forze dell’ordine? Come state reagendo alla repressione?

Dalla mattina dello sgombero, in cui hanno fatto un’operazione piuttosto massiccia, le forze dell’ordine hanno provato a ostentare una finta tranquillità per non agitare troppo la situazione. Pur essendo molti, hanno avuto un approccio molto meno pressante.

Sono stati molto più aggressivi al corteo auto-difeso di [sabato 19 marzo, ndr], in cui comunque sono stati attaccati degli obiettivi come la banca in piazza Dalmazia; infatti, rientrando poi con la mobilitazione verso viale Corsica, la polizia ha attaccato con duri scontri i partecipanti, non permettendo al corteo di sciogliersi per un’ulteriore ora e mezza. Le persone arrestate durante la manifestazione sono state poste inizialmente ai domiciliari e ora hanno l’obbligo di firma, mentre una ha il divieto di dimora. Hanno avuto un processo per direttissima di cui la prossima udienza sarà a maggio; nel frattempo, dicono che sia in corso un’indagine.

Rispetto alla rioccupazione sono intervenuti subito anche se con meno uomini del solito. Con coloro che stanno presidiando lo spazio dal tetto sono stati molto aggressivi con minacce e tentativi di dissuaderli dal continuare. In strada, per i primi giorni pur essendo tesi hanno avuto l’ordine di non caricare il presidio per cui non possono fare molto a riguardo. Il presidio permanente ha rotto l’accerchiamento e il controllo della polizia, liberando molte vie circostanti che hanno permesso al quartiere di esprimersi in diverse forme come passeggiate, attacchinaggi e sanzionamenti alla sede del PD.

In generale, sentiamo che i vari momenti di lotta sono costellati da atti repressivi come fogli di via, richieste di sorveglianza speciale, processi e molto altro. Il nostro atteggiamento rispetto a una repressione che cerca di fermare le lotte è abbastanza chiaro: con intelligenza, si cerca di non retrocedere troppo sulla presenza e sulla pratica perché pensiamo che questi anni di pressione sui percorsi di lotta possano abbatterci, mentre la lotta è la chiave che sul lungo periodo riuscirà a smantellare gli apparati repressivi messi in campo.

Come pensate di continuare la vostra esperienza?

Il futuro della nostra collettività e nel quartiere Rifredi, sia per una nostra esigenza che per i legami che si sono costruiti con gli abitanti di viale Corsica. Vogliamo continuare la trasformazione di questo quartiere nell’ottica dei rapporti umani e del mutuo appoggio. Il nostro futuro è lì, ma anche altrove: la nostra collettività si è espansa, arrivando a nuovi territori e nuovi percorsi che però creano una fiducia e un’amicizia allargata. Siamo convinti che alle crisi si può rispondere con reti di solidarietà e con l’autorganizzazione. Per questo motivo, non abbiamo intenzione di fermarci.

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