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Filippine: la violenza continua, uccisa un’altra attivista

Il paese, profondamente segnato dopo quasi 5 anni di governo di Rodrigo Duterte, assiste all’omicidio politico di Zara Alvarez, una attivista per i diritti umani

Non c’è pace per chi difende diritti umani e ambientali nelle Filippine, si è consumato il 17 agosto un altro omicidio politico nel paese duramente provato dall’autoritarismo e dalla militarizzazione del presidente Rodrigo Duterte. Zara Alvarez è stata uccisa con sei colpi di pistola alla testa da un individuo in motocicletta, mentre rientrava a casa dopo aver comprato del cibo per la cena. Zara era una insegnante di 39 anni e una attivista per i diritti umani, della terra e sindacali della organizzazione Karatapan e portava avanti la sua battaglia da anni nell’isola di Negros.

Zara difendeva i contadini del luogo che sono sottoposti ad abusi, violenze, minacce e omicidi da parte dell’esercito perché accusati di essere vicini alla guerriglia. Nel 2019 aveva denunciato alla procura le nuove uccisioni di contadini da parte dell’esercito, esponendosi ulteriormente, ma il sistema giudiziario non le aveva dato ascolto. Zara stessa fu accusata molte volte di essere simpatizzante di gruppi armati. In tutta la sua vita aveva subito una serie di minacce gravi e nell’ottobre del 2012 era stata anche arrestata da parte di militari rimanendo in carcere fino al giugno 2014. Secondo il sito di informazione indipendente filippino The Rappler, Zara aveva chiesto recentemente una scorta al potere giudiziario, per via delle minacce subite, ma le era stata negata.

L’isola di Negros è in gran parte occupata da grandi piantagioni di canna da zucchero di proprietà di poche famiglie di proprietari terrieri, e le condizioni in cui vivono i contadini sono estremamente misere e costantemente esposte a violenza. Pochi giorni prima era stato ritrovato il corpo senza vita nella periferia di Manila, di Ka Randy Echanis, un altro attivista dell’organizzazione di Zara, che era coinvolto in negoziazioni con il governo per i diritti agrari.

In un comunicato, la direttrice di Karatapan Cristina Palabay afferma «Zara era una coraggiosa difensora dei diritti umani e la sua morte è una perdita tremenda per tutti noi e per coloro che lottano per i diritti del popolo. Chiediamo giustizia!» E continua «Il fatto che sia stata ammazzata giusto una settimana dopo Ka Randy Echanis, e proprio il giorno in cui lo abbiamo sepolto, rende evidente che questi omicidi insensati e a sangue freddo sono parte di una strategia sanguinaria per silenziare il dissenso, prendendo difensori dei diritti umani come obiettivo».

 

Karatapan denuncia nei suoi comunicati che dalla presa del potere di Duterte (2016) ad oggi sono stati 13 i membri della loro organizzazione vittime di esecuzioni extra-giudiziarie.

 

Nel 2018 Duterte ha prodotto una lista di 600 persone considerate terroriste dal governo, tra queste vi erano sia Zara che Echanis. Gran parte delle persone presenti nella lista sono attivisti sociali inseriti nelle loro comunità: un fatto che è stato fortemente condannato in quanto non solo denigratorio ma pure estremamente rischioso in un contesto in cui le forze armate (ufficiali o meno) agiscono impunemente.

Dal 2018 Zara era persino stata oggetto di minacce esplicite attraverso la pratica del red-tagging, cioè poster appesi per il capoluogo di Negros, Bacalod City con il suo nome e l’accusa di essere fiancheggiatrice di gruppi armati. Sempre la direttrice di Karatapan, Cristina Palabay, ha dichiato ad Al Jazeera che «Considerando le minacce ricevute precedentemente erano da forze dello stato , non ci è difficile concludere che anche chi la uccisa sia parte di forze statali.»

Le organizzazioni di diritti umani da tempo condannano la violenza politica che si vive sotto il governo di Duterte. Da un lato, come spiega in questo rapporto Amnesty International nelle città la “guerra al narcotraffico” e alla “criminalità” è stata un pretesto per una repressione generalizzata e violenta delle fasce più impoverite delle città, arrivando all’utilizzo di veri e propri squadroni della morte, come denunciato anche da Human Rights Watch.

Dall’altro, nelle campagne la pressione sulla popolazione da parte dell’agroindustria estrattivista– per la quale la canna da zucchero è elemento fondamentale- ha portato a violenze, minacce e uccisioni da parte dei difensori della terra e dell’ambiente. Global Witness infatti denuncia da tempo la violenza che il potere legato alle multinazionali (tra le quali la Del Monte) attuano nei confronti della popolazione indigena del paese. Le Filippine, sempre secondo l’ong britannica, sono state nel 2018 il posto più violento al mondo per i difensori della terra e dell’ambiente, nel 2019 condividono il triste primato con la Colombia.

 

Immagine di copertina tratta da: valigiablu