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ROMA

Festival Clap: il sindacalismo conflittuale si fa spazio in un mondo capovolto

Intervista a E. De Luca, sindacalista delle Camere del lavoro autonomo e precario: storia, contenuti e programma del festival delle CLAP, che si svolgerà a Roma dal 4 al 6 ottobre

Intervista a Emanuele De Luca, attivista sindacale Clap. Il sindacalismo conflittuale si trova di fronte a molteplici sfide, in un’epoca segnata da crescenti disuguaglianze, l’affermazione di regime globale di guerra e il consolidamento di politiche repressive. In questo contesto, il festival CLAP&Go, organizzato il 4, 5 e 6 ottobre e giunto alla sua settima edizione, è un’occasione importante. Non solo un momento di riflessione politica e culturale, ma anche un’opportunità per rafforzare legami tra movimenti sociali e sindacati indipendenti e sperimentare nuove strategie di intervento sindacale e politico.

Il festival CLAP&Go è arrivato alla settima sezione. La programmazione prevista per quest’anno – come al solito molto ricca – arriva in una congiuntura politica, dal globale alla dimensione nazionale, molto complessa. La spinta delle molteplici destre e il regime di guerra sono, tra gli altri, i due paradigmi che segnano il presente. Perché organizzare un Festival in questo contesto e quali obiettivi persegue questa iniziativa?

Il Festival è un’occasione di approfondimento politico, sindacale e un momento conviviale. È un’occasione per approfondire i temi che sono cari alle nostre iscritte e i nostri iscritti, legati alle vertenze che seguiamo. Allo stesso tempo, è un’opportunità per guardare verso l’esterno, ad esempio per creare, consolidare e sviluppare alleanze con altre organizzazioni sindacali e con movimenti sociali. È per noi un importante momento di produzione culturale e di ragionamento politico, per ripensare le modalità con le quali affrontiamo la fase che ci tocca in sorte, che non è tra le più semplici.

Quest’anno non solo ci troviamo la ribalta delle destre a livello globale, europeo e in Italia, in uno scenario di compressione dei diritti a tutto tondo. È notizia di questi giorni, ad esempio, l’avanzamento dell’iter parlamentare che riguarda il DDL 1660. Questa proposta contiene una compressione inedita dei diritti nell’Italia repubblicana e prevede anche l’inasprimento delle pene per diversi reati legati all’espressione del dissenso; in particolare punta a colpire alcune pratiche fondamentali per le lotte operaie e sindacali, ad esempio il blocco stradale e i picchetti.

In molti settori, in particolare nel settore della logistica, che è stato uno dei settori trainanti delle lotte negli ultimi 15 anni nel paese, potrebbe essere un duro colpo. Ricordiamo che le lotte nella logistica, a suon di scioperi e picchetti, hanno saputo conquistare aumenti che non si sono visti in nessun altro settore. È l’esempio didascalico di quanto la lotta paga.

Sempre con riferimento allo scenario politico in cui si inserisce il Festival Clap, l’altro elemento centrale è costituito dalla guerra globale e dal regime di guerra. Siamo sempre più sull’orlo di un’escalation di cui è difficile anche prevedere gli esiti.

Proprio in questo contesto, è determinante ricostruire alleanze sociali per la pace e il cessate il fuoco. Uno dei dibattiti del Festival, quello programmato per sabato 5 ottobre alle ore 11 presso il centro sociale Acrobax, partirà proprio da questo tema; interverranno anche alcune delle organizzazioni sindacali in stretta connessione con Clap, con le quali da anni stiamo portando avanti un progetto di tipo federativo all’interno del sindacalismo conflittuale: ci chiederemo quali lotte è possibile sviluppare e quali alleanze sono possibili nel regime globale di guerra.

Come nelle passate edizioni, il Festival delle Clap è organizzato lungo tre direttrici: assemblee, dibattiti strutturati e momenti culturali. Perché questa scelta? Puoi presentarci alcuni degli snodi intorno ai quali quest’anno è organizzato il Festival?

Noi immaginiamo questo Festival come un momento per ricostruire anche una comunità di lavoratrici e lavoratori in una fase storica nella quale il lavoro è pesantemente polverizzato, individualizzato, in cui mancano momenti di confronto di riconnessione delle lotte tra settori differenti.

Per questa ragione pensiamo che sia importante costruire occasioni di dibattito intorno a temi specifici e prevedere dei momenti più conviviali. Questa dimensione è ancora più importante in una città come quella di Roma nella quale la programmazione culturale è in genere molto scarna: la produzione culturale indipendente e dal basso è anche per questa ragione fondamentale.

Passo velocemente in rassegna alcuni dei momenti programmati per questa edizione. Venerdì ci sarà un confronto con alcune e alcuni esponenti politici delle opposizioni. Questo è un momento storicamente importante nel nostro Festival. In questa fase, la destra dimostra grande capacità di organizzazione su scala globale. È un problema enorme: nel dibattito, proveremo a riallacciare alcuni fili, partendo dalla consapevolezza di lottare su terreni differenti. A noi quello che compete è il terreno dell’organizzazione sindacale, della connessione con le lotte sociali e con i movimenti. Però ci poniamo una domanda: come il mondo di cui facciamo parte riesce a comunicare, a intrecciare istanze e lotte con le componenti invece delle forze politiche?

Come accennato, il dibattito del sabato sul regime di guerra è uno snodo molto importante: ci dà la possibilità, insieme a tanti e tante, di fare una discussione ariosa, per rimettere insieme pezzi in una fase molto polverizzata.

Sempre sabato ci sarà un dibattito che vedrà protagoniste e protagonisti le precarie e i precari dello spettacolo e della cultura e con uno sguardo al prossimo anno giubilare. Dal punto di vista dei grandi eventi culturali, ci sono tutte le premesse per la configurazione di un grande laboratorio di precarietà, che farà cambia leva sul lavoro volontario, uno dei grossi problemi del settore.

Ci saranno momenti di confronto rispetto al lavoro pubblico o cosiddetto parapubblico e al mondo della scuola. Si tratta di comparti nei quali abbiamo insediamenti sindacali avviati da tempo: vorremo provare a riflettere su questo settore, e provare a domandarci quanto la precarietà pervade anche la sfera del lavoro pubblico o assimilato, che teoricamente dovrebbe essere elevate garanzie, ma nell’ambito quale sono presenti sacche importanti di precarietà e compressione di diritti, a cominciare da quelli sindacali.

Inoltre, durante il festival presenteremo anche il nuovo studio del legal team delle Clap, che sarà anche una delle nostre nuove sedi. Faremo poi un’importante tavola rotonda, a partire dalle lotte nell’università e nella ricerca, a partire dai tagli pesantissimi che sono previsti con la prossima legge di bilancio e rispetto alla riforma del preruolo: ne parleremo con i protagonisti e le protagoniste.

Accanto a questa fitta agenda costituita da presentazioni, assemblee e dibattiti, anche quest’anno c’è una ricca programmazione culturale. Puoi farci una breve panoramica?

Il Festival sarà itinerante: si svolgerà in due degli spazi che costituiscono la galassia delle Clap: il Casale Garibaldi e il centro sociale Acrobax. La sera di venerdì ritroveremo due campagnә e amicә: Tamara Bartolini e Michele Baronio, che presenteranno il loro red reading “Lungo la linea del furore”, partendo dal classico di Steinbeck. È un momento imperdibile: riescono a raccontare le lotte attraverso i reading e lo spettacolo teatrale in una maniera davvero emozionante. La sera del sabato, dopo i dibattiti ad Acrobax, è prevista una serata di musica elettronica a sostegno della cassa delle Clap. Speriamo in un’ampissima partecipazione. Infine, domenica sera, dopo i dibattiti, sempre a Casale Garibaldi, il collettivo La furibonda metterà in scena performance e installazioni interattive.

Qual è lo stato di salute del sindacalismo conflittuale in Italia? Qual è lo spazio per l’organizzazione sindacale indipendente all’interno dell’attuale scenario politico?

Abbiamo la percezione di uno spazio da occupare, però non c’è connessione diretta tra le condizioni difficili all’interno del mondo del lavoro e l’esplosione delle lotte, soprattutto in un momento in cui i salari sono al minimo storico, in cui anche fare una giornata di sciopero pesa tanto. In questo contesto, non è facile organizzarsi insieme ed evitare di vivere i propri insediamenti sindacali come delle piccole patrie da preservare. Viceversa, è indispensabile cercare connessioni, lavoro comune e percorsi condivisi. Noi, insieme ad ADL Cobas, Sial Cobas, i Cobas, in particolare, nella loro articolazione dedicata al lavoro privato, e alcune esperienze, anche non direttamente sindacali, come la GKN, stiamo cercando di ricostruire uno spazio possibile di lotta e organizzazione comune.

Ad esempio, con riferimento al mondo della cultura e dello spettacolo, abbiamo costruito connessioni proficue che hanno portato alla costruzione di lotte comuni efficaci. È successo anche con il lavoro sociale, che è uno dei settori simbolo del lavoro povero in Italia. È un settore in cui è di nuovo esplosa una stagione di lotte, in un contesto storicamente molto difficile per la costruzione di organizzazione sindacale. L’ultimo sciopero, organizzato il 10 aprile scorso, è stato costruito e animato da tutte le organizzazioni del sindacalismo di base che sono presenti nel settore in Italia: questa deve essere per noi la bussola che ci guida nell’agire sindacale nel prossimo periodo perché, se c’è una cosa su cui siamo certi, è che da soli non si va da nessuna parte. Questi esperimenti, seppur parziali, sono un’indicazione di metodo, da sperimentare anche in settori differenti.

Chi vuole entrare in contatto con Clap, in quali luoghi può farlo e con quali modalità?

Per contattarci sicuramente c’è la nostra mail che è info@clap-info.net o le nostre pagine social.  Spesso nel lavoro nel mondo del lavoro contemporaneo si tende ad addossarsi sensi di colpa, scoraggiamento e a non agire per rivendicare i propri diritti. Invece noi ribadiamo che ogni azione intrapresa, da questo punto di vista, non solo è importante per se stessi, cioè per difendere i propri diritti e conquistarne altri. È importante anche dare l’esempio: lottando si può vincere e questa è una cosa fondamentale di cui nessuna organizzazione sindacale, nessun lavoratore o lavoratrice può fare a meno.

Immagine di copertina: CLAP su Facebook

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