ROMA

Fascismo Mainstream? Lo sdoganamento in Tv dello squadrismo

 

I cittadini del nostro paese, negli ultimi mesi, hanno scoperto dalla propria poltrona, o sulla propria bacheca Facebook, che si aggirano una serie di nuovi improbabili opinionisti, cui giornali e televisioni danno ampio spazio. Si tratta di personaggi appartenenti in modo organico all’estrema destra italiana, quella che spaccia per mutuo soccorso un vero e proprio voto di scambio, quella che si compiace delle ronde anti-immigrati, quella che in TV indossa la cravatta e l’abito dei bravi ragazzi, mentre lontano dai riflettori invia le nuove leve militanti per “bangla tour”, a punire con spedizioni squadriste ogni elemento di diversità. In una nazione imbottita di talk show e tribunette politiche, in un clima di perenne campagna elettorale, è forse giunto il momento di farsi alcune domande.

In questo contesto, qual è, e quale deve essere il ruolo del giornalismo? A che tipo di visione politica è funzionale questo stupore a intermittenza? Qual è il limite tra il parlare di un fenomeno politico xenofobo e violento e il legittimarlo al punto di amplificarne il messaggio? Quale il confine tra l’inchiesta e lo spot elettorale? Dove comincia e dove deve finire la cosiddetta legittimazione democratica?

Una premessa di fondo al ragionamento però possiamo farla, smarcandoci da un’ingenuità che ormai non possiamo più permetterci di giustificare. Al sistema mediatico e politico attuale non interessa il neofascismo in quanto tale. Non è questa la congiuntura storica in cui il governo delle relazioni sociali in Italia passa attraverso lo strumento del fascismo: nonostante le diseguaglianze, siamo in un periodo di sostanziale pace sociale, nella quasi totale assenza di movimenti di lotta. La legittimazione del neofascismo, quindi, serve alla delegittimazione di un certo tipo di antifascismo. La posta in gioco è l’impermeabilità della democrazia liberale, la chiusura dello spazio politico per chi non riconosce le fondamenta liberali/liberiste della rappresentanza politica, tanto nazionale quanto europea. Il neofascismo continua ad essere funzionale a questa visione, ma viene utilizzato in forma diversa dal passato: se nello scorso secolo era stato prima il braccio armato dello Stato contro le istanze delle classi popolari e poi la forza di Stato atta a reprimere le avanguardie politiche comuniste, nell’ultimo decennio è stato abilmente utilizzato nel delicato processo di legittimazione della democrazia liberale quale unico ambito politico ammesso.

Sappiamo da tempo quanto abbia influito sulla crescita di questa miscellanea razzista l’assenza di una Sinistra degna di questo nome, e come anzi le nuove formazioni politiche di centro-centro-sinistra – PD in testa – siano state l’architrave fondante di un sistema che nel corso dei decenni ha tollerato, sminuito e legittimato la nuova galassia neofascista, salvo poi servirsene come spauracchio, come allarme sociale, come bomba ad orologeria da innescare all’occorrenza per rispolverare il volto pulito e antifascista proprio di chi, di questa legittimazione, è stato artefice (la sfilata targata PD a Como ne è esempio lampante).

Eppure, negli ultimi mesi, abbiamo visto filmati, confronti
televisivi, sfilate e comizi elettorali con partecipazioni a dir poco ingombranti, confezionati in nome di quel
contraddittorio televisivo, di quel principio del confronto libero e
democratico che è divenuto un “must” della televisione italiana.
Dai confronti nella sede di Casapound a cui hanno partecipato Enrico Mentana e Corrado Formigli, agli inviti di esponenti neofascisti nei talk show in prima serata, chiamati a disquisire sull’universo-mondo, legittimati a farlo non dall’opinione pubblica ma da chi l’opinione pubblica la crea, la plasma. Una malattia virale a cui neanche esponenti giornalistici tanto cari a certa sinistra, da Lucia Annunziata a Michele Santoro, sembrano essere immuni. E col passare dei giorni il senso di questa manovra mediatica ha acquisito una fisionomia precisa.

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A partire da queste e altre domande, e dalle considerazioni qui
brevemente esposte, proveremo a ragionare il prossimo 14 febbraio, chiamando a dire la propria chi ha avuto il merito di essersi occupato di questi temi con la lucidità e la correttezza di chi fa veramente inchiesta, in un confronto pubblico, a cui invitiamo tutte le realtà e i singoli di questa città, e non solo, in un primo tentativo di costruire un ragionamento condiviso su questi temi, secondo noi oggi più che mai necessario.

A fine dibattito vi invitiamo a rimanere in nostra compagnia per un’apericena a sottoscrizione libera per finanziare le spese del prossimo Achtung Banditen (a breve date e programma!) che a sua volta si impegnerà – come ogni anno – nella raccolta fondi per le spese degli e delle antifascisti/e.