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Facciamo i conti con l’azzardo – Parte II
L’impatto sociale e sulla salute del gioco, la resistenza delle comunità territoriali.
Leggi Facciamo i conti con l’azzardo – Parte I
“Il gioco è una attività non soggetta a costrizioni, ma anche priva di conseguenze per la vita reale. Implica un’atmosfera di distensione o di divertimento. Il gioco riposa e diverte. Si contrappone alla serietà della vita reale. Il gioco non produce alcunchè: né beni né opere. I giochi a base di denaro, scommesse e lotterie, non fanno eccezione: non creano ricchezze , le spostano soltanto”
(Roger callois, I Giochi e Gli uomini, 1981)
Il gioco vero non ha nulla a che vedere con il gioco d’azzardo, che di conseguenze sulla vita reale ne produce sin troppe. Le dinamiche speculative invadono le nostre vite colonizzando anche quello che era il “tempo libero”, dello svago, di una sfera di vita slegata dall’attività produttiva, secondo il vincente modello borghese di suddivisione del tempo.
Di tempo se ne perde un casino a giocare d’azzardo. Maurizio Fiasco ha calcolato che il tempo di vita investito davanti a una slot machine, tradizionale oppure online, o ai gratta e vinci è di 69.760.000 giornate lavorative. Tempo sottratto ad altro, per esempio alle relazioni. Il gioco uccide le relazioni, gli affetti, genera un tipo di solitudine molto triste. Dal 2001 al 2009 il consumo di antidepressivi è aumentato del 59,7%. Un dato che parla di un’ansia societaria generalizzata, di un’insicurezza di massa non trascurabile.
Il gioco d’azzardo patologico è esattamente il contrario del gioco inteso come come attività ricreativa e formativa: è formalizzato, piuttosto che informale, solitario piuttosto che sociale, appiattito sull’elemento aleatorio piuttosto che incentrato sull’abilità, è fisicamente contestualizzato. Il ruolo del giocatore è perlopiù passivo: nel caso delle slot machine si riduce a schiacciare un tasto, per cercare una combinazione vincente comunque suggerita dalla macchina. Genera, come in altre forme di dipendenza patologica, un intenso desiderio e un senso di mancanza, un coinvolgimento irragionevole, una sindrome di astinenza, una forte impulsività e una mancanza di controllo, e una progressiva autoemarginazione.
La capacità di mentalizzare le proprie emozioni è ridotta a zero, annichilita dal bombardamento dal registro di televisione e pubblicità tutto giocato sulla manipolazione delle emozioni. Uno degli spot della Snai si chiama “L’ormone della felicità”. Altro che felicità: gli effetti per la persona e per la famiglia sono devastanti sotto il profilo psicologico, sociale, economico.
A livello clinico, il gioco d’azzardo patologico (GAP) compare nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD IX) nel 1977 e nel 1980 viene inserito nel capitolo dei “Disturbi del controllo degli impulsi non altrimenti classificati” del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM III). I criteri diagnostici che definiscono il gioco d’azzardo patologico nel DSM-IV TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – quarta edizione – revisione del testo) risalgono al 2000.
Quando si invoca il diritto di cura per il GAP e il suo inserimento tra le patologie coperte dal sistema sanitario nazionale, non si tiene conto del fatto che l’attuale classificazione del disturbo è vecchia, e che occorre innanzitutto aggiornarla adeguandola ad una contemporaneità caratterizzata dalla diffusione di massa del gioco d’azzardo.
Ci sembra importante sottolineare il fatto che l’odierno proliferare delle nuove patologie è anche una diretta conseguenza del mutato scenario economico e sociale di cui le istituzioni sono in gran parte responsabili. Assistiamo basiti ad un circolo vizioso in cui le condizioni di vita sempre più dure imposte da politiche sbagliate generano nuove patologie per la cui cura e prevenzione si stanziano poi fondi pubblici. E’ un sistema assurdo quello che incentiva il gioco d’azzardo, si astiene dal regolamentarlo, per poi promuovere e finanziare iniziative volte alla sua cura. Similmente, è assurdo che le concessionarie del gioco tentino di lavarsi le coscienze devolvendo parte del ricavato del gioco al finanziamento della ricerca scientifica e in altre nobili cause, come nel caso del ben pubblicizzato finanziamento di Telethon da parte dell’Aams.
Lo Stato guarda dall’altra parte, i cittadini no.
Siamo stati invitati a Genova per un incontro a Palazzo Ducale promosso dalla Comunità di San Benedetto al Porto, in occasione dell’entrata in vigore del nuovo regolamento comunale, restrittivo, sul gioco d’azzardo. A fine febbraio la città era scesa in piazza per manifestare contro l’apertura di un casinò a Pegli. Avevamo provato un’emozione bella e forte nel vedere il nostro logo Casi-No in un’altra piazza, fisicamente lontana, idealmente vicina. Il titolo del convegno era esplicativo: “Città e Comunità. Comunità nella Città”. Il ruolo della comunità è fondamentale nell’opporsi tipicamente alla trasformazione del territorio, causato dalla mancata regolamentazione del gioco, e a tutto ciò che ne deriva. Il Comune di Genova si è dimostrato all’altezza del compito, prendendo le parti dei cittadini, e introducendo un regolamento specifico, oggetto di studio da tempo grazie all’istituzione di una Consulta Comunale sul gioco d’azzardo.
Il Cinema Palazzo è fondato sul senso di Comunità: della difesa e della tutela del territorio ha fatto il proprio cavallo di battaglia, da ultimo con la nascita della Libera Repubblica di San Lorenzo. L’impegno sul territorio è quotidiano, per ristabilire i nessi e i legami fondamentali della comunità, contro le logiche della speculazione che invadono le nostre vite e i nostri spazi. La partecipazione, la riattivazione di dinamiche di controllo e di decisione sulle nostre vite e sul territorio che abitiamo è il primo passo per contrastare fenomeni di solitudine e di disagio sociale spesso favoriti proprio dalla conformazione dello spazio urbano. Ne abbiamo parlato Sabato 11 maggio in un incontro all’interno di un ciclo di iniziative portato avanti dalla rete territoriale di San Lorenzo per la Salute Bene Comune, un’assemblea formativa che ha coinvolto Nuovo Cinema Palazzo e NeuroPsichiatria Infantile – Policlinico Umberto I, introdotta dalla bella relazione degli urbanisti Rossella Marchini e Antonello Sotgia: “Perdersi in città. Per non essere più soli: dall’esclusione alla riconquista dello spazio urbano. Il caso di San Lorenzo.” Recinzioni, ostacoli, cancelli, panchine disegnate appositamente per impedire che ci si possa stendere: la città come luogo dell’isolamento, della separatezza, dell’asocialità. Il Cinema Palazzo ha trattato la trasformazione del territorio nell’articolo Las Tiburtinas pubblicato da Dinamo Press, su gioco d’azzardo e tessuto urbano. Si prospetta un lavoro interessante con Neuropsichiaria Infantile, una realtà da tempo attiva a San Lorenzo, minacciata dalle politiche prepotenti dell’Università che anziché rappresentare un importante centro e motore di cultura toglie spazi al quartiere senza apportare alcun beneficio alla comunità. Nell’intervento di Graziella Bastelli e Ignazio Ardizzone: “Umorismo ed Ironia del gioco contro le forme dell’isolamento sociale contemporaneo” si è parlato dell’importanza di ridare valore al gioco come strumento di sviluppo della personalità sofferente e non, come momento importante di sperimentazione della relazione sana con l’altro, con la vita, con il mondo esterno. Immaginiamo una serie di iniziative comuni per portare la nostra idea di gioco nelle piazze e nei cortili di San Lorenzo.
Il 18 maggio siamo stati a Pavia con i compagni di Senza Slot, una realtà giovane e fortissima, per dire no alle slot machine, per dare vita ad una rete nazionale dal basso contro il gioco d’azzardo, per elaborare il nostro ragionamento sulla tematica, dalla parte dei cittadini, dei nuovi poveri, dei nuovi sfruttati.
Il collettivo Senza Slot apparentemente fa una cosa molto semplice: mappa i bar senza slot machine, dove il caffè è più buono. Il successo anche mediatico che ha immediatamente riscosso è dovuto proprio all’interessamento delle comunità locali al fenomeno del proliferare del gioco d’azzardo e al conseguente impoverimento dei giocatori. E’ indicativo che i gestori dei bar spesso tolgano le slot machine dai loro bar, nonostante il profitto che ne deriva, non per l’introduzione di una qualche norma restrittiva, ma per semplice sensibilità umana: di fronte al triste spettacolo dei propri clienti regolari che si giocano tutto, vince la relazione.
Per questo, per dare spazio alle relazioni, al gioco e la divertimento siete tutti invitati al Cinema Palazzo per il Terzo Torneo Popolare di Briscola e Tresette con Elio Germano, il 14, 15 e 16 giugno. Per un gioco autentico, per una socialità vera, per una città a misura di tutti.