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MONDO

Emergenza affitti in Argentina: la casa come laboratorio di nuovi debiti

A partire dalla pandemia e, in particolare, da quando la politica ha cominciato a parlare di abrogazione della Legge sugli Affitti, anche le chatroom delle associazioni di inquilini e persino di Ni Una Menos sono diventate un luogo di catarsi contro l’impotenza e la disperazione. Di fronte al potere immobiliare che decide quali vite meritano di abitare le nostre città, la casa si trasforma in un laboratorio di nuovi debiti. E l’accesso agli alloggi in affitto diventa tema centrale della campagna elettorale

Vivere tra traslochi continui, scorrere incessantemente gli annunci immobiliari, spargere la voce tra conoscenti per vedere se qualche miracolo fa spuntare un “proprietario diretto”, sottoporsi a casting umilianti dove si esita a confessare di avere figliə. Nel frattempo, subire la minaccia di finire per strada mentre riesamini mentalmente le opzioni su a quale familiare chiedere aiuto di fronte a un ultimatum, controllando nel frattempo i prezzi dei magazzini per custodire gli effetti personali. Cercare di essere gentile, sottomessə e condiscendente perché la posta in gioco è ottenere (per un po’) un posto dove vivere. Fare calcoli impossibili su quanto i depositi si prendano in più per la garanzia, mentre il nostro stipendio si sgonfia e vola via. E ci sono il proprietario o il gestore della casa (la società immobiliare) che controllano i documenti, quanto guadagniamo, dove lavoriamo, qual è il nostro orientamento sessuale, con chi andremo a vivere in quella casa, ci chiedono i numeri di telefono del nostro posto di lavoro, dei nostri parenti che fungono da garanti. Queste sono le storie che riceviamo ogni giorno, soprattutto dopo la pandemia, nei canali di consulenza di Inquilinos Agrupados [Inquilini Aggregati, associazione di informazione immobiliare e tutorato legale nata nel 2015 – ndt] e nei forum e nelle reti di Ni Una Menos. Le nostre chat sono diventate uno spazio in cui sfogare rabbia e disperazione. Per spezzare un po’ la solitudine di quella ricerca che determinerà se avrai un tetto e un posto dove vivere.

Ancora una volta, l’accesso agli alloggi in affitto fa  parte del dibattito pubblico. Non è un caso: in Argentina ci sono sempre più inquilinə e meno proprietari ma con più immobili. E così anche nel resto del mondo. Ma il modo stesso in cui si manifesta è controverso e si è trasformato in un aspetto cruciale della campagna elettorale. La causa è chiara: poco meno di tre anni fa (in piena pandemia) veniva votata al Congresso la Legge sugli Affitti e da allora la politicizzazione di cosa significhi affittare una casa non si è fermata. Senza dimenticarsi che dal 1985 non si legiferava sulle rendite immobiliari, tanto meno su impulso delle organizzazioni di inquilini.

Ma anche perché la crisi inflazionistica in cui ci troviamo ha di fatto dollarizzato il totale delle rendite a tal punto che le forme della sua regolazione innescano una battaglia campale con le forme della speculazione finanziaria. L’aumento degli affitti funziona, inoltre, anche come meccanismo di estrazione diretta sul salario: ovvero maggiore è l’affitto, minore è il salario. Questo ci sembra cruciale, perché gli affitti sono una dimensione fondamentale della precarizzazione generalizzata e dei lavoratori e delle lavoratrici in particolare.

Sebbene l’affitto non sia incluso nel paniere che misura la povertà, se un salario minimo è di circa 80.000 pesos argentini [circa 350 euro al cambio ufficiale, 200 al cambio blu, il cambio parallelo – ndt] un affitto medio è quasi dello stesso valore. Ciò dimostra la centralità di questo tema quando si tratta di comprendere le ragioni dell’aumento della povertà.

La casa diventa uno spazio di contesa dove si legano questioni che non sono solo “private”, ma sono assi centrali del panorama economico locale e globale. La casa, come emerge dalle nostre ricerche, è un laboratorio per la produzione di nuovi debiti: indebitarsi per pagare l’affitto non è più un’anomalia.

Il governo di Horacio Rodríguez Larreta, capo del governo della città di Buenos Aires e candidato alla presidenza dell’Argentina, promuove l’abrogazione della legge sugli affitti. In cambio, dice che il prezzo dell’affitto e le condizioni di ingresso devono essere deregolamentate. Una volta consumata la flessibilità (contratti brevi, prezzi svincolati), propone prestiti affinché lə inquilinə possano sistemare la casa del proprietario e pagare i requisiti di ingresso (indebitarsi per non restare per strada?). Per gli affittuari ci sono più esenzioni fiscali in un paese dove l’affitto viene pagato in contanti e senza alcun controllo fiscale.

Buenos Aires, quartiere Caballito. Foto di Alioscia Castronovo

Di fronte all’oscenità di una città che detiene, secondo il censimento del 2010, 340.000 abitazioni disabitate, l’amministrazione comunale propone esenzioni sui redditi lordi e sull’ABL [imposta cittadina annuale sugli immobili – ndt]. Credere che una società anonima o un grande proprietario con decine di case vuote le metterà sul mercato per non pagare queste tasse è a dir poco sfacciato. Ecco perché l’unico settore che ha celebrato queste misure è stato il mercato immobiliare. Allo stesso tempo, il governo di Buenos Aires promuove l’attività delle società finanziarie che vendono garanzie: anche per queste viene offerto il credito. Questa proposta di accedere ai diritti attraverso il debito sancisce il governo diretto di un mercato che vuole essere deregolamentato e dollarizzato.

All’inizio della pandemia, l’indagine condotta da Inquilinos Agrupados ha mostrato che l’affitto è diventato una delle principali fonti di debito. Situazione che in Vive, libere e senza debiti! Una lettura femminista del debito concettualizziamo come un anticipo da parte della finanza a sostegno dell’economia quotidiana. Questo indebitamento per la casa non è neutro rispetto al genere: ha un rapporto diretto e specifico con coloro che si occupano del lavoro riproduttivo e di cura e, quindi, finiscono anche negli anelli più precari del lavoro salariato.

Con le nostre organizzazioni abbiamo insistito sulla necessità di politiche di accesso agli alloggi che contrastino la speculazione immobiliare, perché madri single, lesbiche, frocə, travestitə e persone trans sono le principali vittime di questo mercato concentrato e abusivo.

Quando il mercato immobiliare concentra il potere, significa che governa. Governa perché ha la capacità di decidere chi vive in città e chi no. In altre parole: quali vite meritano di abitare una città che si presenta come per tutti ma che è sempre più per meno persone. Regolamentare il mercato degli affitti è anche una politica profondamente femminista.

Martedì 4 aprile 2023 il ministro dell’Economia Sergio Massa ha fatto sapere a “Infobae” [rivista online in lingua spagnola fondata a Buenos Aires nel 2002 e oggi di base a Miami – ndt ] che ci sarebbe un accordo tra lui e il presidente per sospendere per decreto la Legge sugli Affitti. Immediatamente, i media hanno dato eco al dietro le quinte e hanno riferito che la sospensione era un dato di fatto. Le conseguenze furono immediate. Il mercato immobiliare bloccò la firma dei contratti e centinaia di migliaia di inquilini e inquiline ci hanno contattato disperatə.

Le testimonianze sono convincenti.

«Ieri sono andata a vedere due appartamenti. Il primo ha cancellato la prenotazione in attesa della nuova legge. L’altro, con i documenti già spediti, mi ha detto che per il momento non l’avrebbero affittato. Domani ne avrei visto un altro, anch’esso cancellato. Tre agenti immobiliari mi hanno detto che nessuno mi affitterà per il momento. Ho già controllato e dovrò mettere tutto in un magazzino». Maria.

«Avrei rinnovato il contratto il venerdì della settimana successiva e l’agenzia immobiliare mi ha comunicato che il rinnovo era stato sospeso. Se la legge cambia, le mie condizioni cambieranno. Il mio contratto sta per scadere, come faccio a trovare un alloggio in pochi giorni? È legale? Per favore aiuto». Lisandro.

Durante la pandemia, come Inquilinos Agrupados abbiamo lottato affinché venisse decretata la sospensione degli sfratti e il congelamento dei canoni di locazione. Il Decreto 320/20 è stato pubblicato il 29 marzo 2020. Abbiamo fatto una convenzione con l’Associazione Psicologə di Buenos Aires perché avevamo bisogno anche di contenere l’impatto psicologico, soprattutto sulle inquiline (per lo più madri single), provocato dalla vertigine di non riuscire a pagare l’affitto e non trovare un posto dove vivere. Così abbiamo detto che «La casa non può essere un luogo di violenza sessista o di speculazione immobiliare», incrociando in modo concreto la violenza che comporta il ricatto di quello che Rita Segato ha definito un “potere di proprietà”, mentre gli scenari nelle case implodono in termini di violenza domestica.

La morale che il mercato immobiliare sembra esigere è, in questo senso, classista, razzista e sessista. Sentiamo spesso dire: «Sono stato un’ottima inquilina, ho pagato sempre puntualmente, ho sistemato la casa, ho acconsentito alle sue richieste e ora mi caccia di casa». Un’altra inquilina (entrambe preferiscono rimanere anonime) dice: «Non hanno mai trovato nulla di cui lamentarsi, ho seguito tutto in maniera ordinata. Eppure, da un giorno all’altro mi hanno detto che non mi rinnovavano il contratto». Non basta nulla.

Anche quando tutti i compiti richiesti sono stati svolti ci si ritrova come nella (non più) distopica serie Black Mirror, che aveva anticipato quello che sembrava un delirio: dover sempre cercare di mantenere un buon punteggio in base ai nostri comportamenti, sotto il  ricatto permanente del cosiddetto “rating sociale”. Nell’episodio 1 della terza stagione (Caduta libera), si svolge la storia di una giovane donna single a cui, nel giro di una settimana, scade il contratto di affitto e deve trovarsi un’altra casa.

Per poter affittare la casa che soddisfa le sue aspirazioni, deve soddisfare alcuni requisiti. Nell’incontro con l’agente immobiliare, la informano che l’affitto è per un periodo di 6 mesi, aumenti settimanali e, tassativamente, deve avere un punteggio di 4,5 in tale classifica. Essere inquilinə sembra si stia trasformando in una specie di competizione. Peggio ancora: ci mette in competizione tra inquilinə per vedere chi riesce ad accontentare e soddisfare al meglio i requisiti richiesti dalle agenzie immobiliari. Diventare “sudditi morali” che promettono obbedienza. E, anche così, non ci sono garanzie.

Avete visto il video su TikTok in cui un’inquilina chiede informazioni per affittare a San Martín [città della provincia di Buenos Aires – ndt] e prende in considerazione l’idea che non dovrebbe “costarle un organo”?

Parallelamente, cresce la popolazione che vive per strada e negli alberghi. I cosiddetti “alberghi familiari” (che non sono né per chi è di passaggio né per turisti, come indicherebbe il loro nome, ma piuttosto celle sociali) fanno pagare a notte. Una persona può pagare una notte in albergo per fare il bagno, dormire e poi, di nuovo, per strada finché in qualche settimana può racimolare i soldi per dormire sotto un tetto per almeno una notte. Queste situazioni funzionano per coloro che sono già statə eliminatə dal “punteggio” e che, secondo il mercato immobiliare, “non si qualificano”.

Buenos Aires. Foto di Alioscia Castronovo

Quando il Congresso ha votato la legge di bilancio del 2023, per l’ennesima volta è stato approvato un “condono” (in spagnolo blanqueo, “imbiancata”) a favore dei settori che hanno portato milioni di dollari all’estero e che ora possono riportarli indietro se acquistano immobili. La combinazione è perfetta: agevolazioni fiscali e concentrazione della proprietà a garanzia di una  evasione fiscale precedente.

Certo, l’esplicito razzismo del termine non è casuale: la rimbiancata sarebbe sinonimo di legalizzazione [gioco di parole tra il termine blanqueo: imbiancata ma anche riciclaggio – ndt]. La speculazione immobiliare indossa addirittura l’abito della legalità, dello “sbiancamento”. Ecco perché oggi per strada vediamo questo termine sui cartelloni dove si costruiscono nuovi edifici e leggiamo “Apto blanqueo” [“Idoneo alla rimbiancata/riciclaggio” – ndt]. Una pedagogia che ci mette in bocca i termini, che li mette in circolazione, che garantisce l’impunità. Il messaggio è esplicito: la casa non è per vivere, è per le speculazioni del sistema finanziario.

In Spagna, il fondo di investimento Blackstone possiede interi edifici. Li comprano e cacciano i loro inquilini. Il Sindacato delle Inquiline di Madrid si è mobilitato presso la sede di Blackstone cantando: “¡Vamos a quemar ya, la sucursal de Blackstone ya, si no renuevan los contratos, la sucursal vamos a quemar!” [“Ora bruceremo sì, la filiale di Blackstone sì, se non rinnovano i contratti, bruceremo la filiale!” – ndt].

In questi giorni Netflix ha caricato il film Tutto in un giorno, del regista argentino Juan Diego Botto, dove si racconta la storia di una donna che sta per essere sfrattata e il modo in cui questo indebolisce tutta la sua vita. La partecipazione al film stesso dell’esperienza militante della Plataforma de Afectados por la Hipoteca (PAH) [Piattaforma delle Vittime dei Mutui, nata a Barcellona durante la crisi immobiliare del 2009 – ndt], organizzazione che denuncia i fondi di investimento e resiste agli sfratti, oltre a tante azioni straordinarie, mette in evidenza cosa si rischia a rivendicare il diritto umano alla casa, così come quanta differenza fa l’organizzazione collettiva come risposta all’espropriazione e alla solitudine.

In Germania, si è tenuto un referendum che sottopose al voto popolare l’esproprio delle abitazioni alle grandi banche. L’attuale Costituzione tedesca propone, come quella argentina del 1949, la funzione sociale dell’abitazione. Il risultato del voto è stato, a larga maggioranza, l’esproprio di 400.000 abitazioni. Il governo alla fine non l’ha portato avanti, e nella sola Berlino l’80% della popolazione vive in affitto.

In America Latina non esiste una legge sugli affitti così protettiva come quella sancita nel 2020 in Argentina. Siamo l’unico paese che ha una durata contrattuale di 3 anni, un adeguamento annuo mediato tra inflazione e stipendi. Intanto, nella regione si discute dello “sfratto express”. L’Uruguay, ad esempio, qualche mese fa ha promulgato una legge secondo la quale se c’è un ritardo di sei giorni nel pagamento dell’affitto, ti sfrattano. Siamo anche l’unico paese in America Latina con organizzazioni di inquilinə in quasi tutte le province e raggruppate nella Federazione Nazionale degli Inquilini. Il caso dell’Argentina è, in questo senso, emblematico.

Abbiamo una storia politica al riguardo. Lo sciopero degli inquilini del 1907 è un precedente chiave dell’organizzazione popolare [Sciopero degli inquilini o sciopero delle scope, mobilitazione contro l’aumento degli affitti che durò 3 mesi e coinvolse più di 30.000 persone – ndt]. Tra il 1921 e il 1976 l’Argentina ha regolamentato il prezzo degli affitti e la durata dei contratti. Dal 1945 al 1974 furono attuati diversi provvedimenti: decreti per bloccare i prezzi, funzione sociale dell’abitazione come diritto costituzionale, divieto di case vuote per più di un mese, decreti affinché il canone non superi il 25% del salario del contadino rurale, creazione della camera degli affitti con poteri di polizia, ecc.

L’ultima dittatura militar-imprenditorial-civil-ecclesiastica ha però deregolamentato il canone di locazione e ha lasciato che il mercato decidesse i prezzi. Entro l’anno 1980, tutte le case nel nostro paese erano quotate in dollari. La casa non sarà più un diritto, ma un sogno: il “sogno della casa di proprietà”.

“Spostare il pavimento” o “Togliere il pavimento” sono espressioni comuni dell’esperienza di destabilizzazione. La metafora, non senza ragione, è domestica. Non poter assicurare la casa ci espone a una profonda incertezza. Ci collega al panico corporale perché è l’esperienza stessa della mancanza di riparo nel mondo. Questa situazione (oggi allo stesso tempo intima e di massa) non è forse fonte di una soggettività spaventata? Questa abissale mancanza di difese non produce forse un modo di reagire alla politica governato dalle scadenze elettorali? Sì, senza ombra di dubbio. Allo stesso tempo, rappresenta una sfida concreta per le nostre organizzazioni, per le reti collettive che si impegnano a costruire una comunità di fronte alle offerte della canalizzazione reazionaria di queste paure.

Nella questione abitativa si giocano più battaglie contemporaneamente: contro la finanza e l’indebitamento come strumento di sopravvivenza; contro l’evasione fiscale e la speculazione dell’1% più ricco; contro la caduta permanente dei redditi e la legalizzazione dell’abuso delle società immobiliari. Per questo è necessario implementare una forma di accesso alla casa che non sia neoliberista, meritocratica, individuale e di mercato. Le politiche per garantire il diritto alla casa devono senza dubbio intervenire e regolamentare gli affitti e la speculazione. La battaglia è per i diritti e per vite degne, perché l’incertezza cambi campo.

Articolo pubblicato originariamente in spagnolo su Revista Anfibia. Traduzione in italiano a cura di Michele Fazioli per Dinamopress

Immagine di copertina di Eric Wienke da Flickr