EUROPA

Elezioni in Germania: l’opportunità di un vero nuovo inizio

Quali scenari apre la fine della Grosse Koalition? Un’analisi delle elezioni che hanno indebolito Merkel, fatto crollare Schulz e i socialisti, aperto le porte del parlamento alla destra estrema e xenofoba di AfD. Con un occhio alle prospettive della sinistra, sociale e istituzionale.

• ENGLISH VERSION: Opportunity for a real new start. Comment on the German elections

I risultati delle elezioni in Germania rappresentano una ventata di aria gelida di un inverno che è già alle porte (non solo per Angela Merkel) e non dobbiamo esserne sorpresi. L’ingresso nel parlamento tedesco di un partito più a destra dei cristianodemocratici era dato per certo già nei sondaggi delle ultime settimane, anche se rompe una tradizione che durava fin dalla Seconda Guerra Mondiale. La debolezza dei socialdemocratici era già evidente nella campagna pre-elettorale senza precedenti di Martin Schulz, ma il 20% (minimo storico per il partito) spaventa fino all’ultimo socialdemocratico ancora in vita. La Germania che ritroviamo all’indomani delle elezioni non è la Germania stabile immaginata dalla governance europea e di sicuro non la Germania immaginata da coloro che speravano in un rinnovamento dei legami politici verso un’Europa sociale. Non c’è però alcun dubbio che le élites politiche ed economiche si troveranno perfettamente a loro agio con la nuova coalizione “giamaicana” [dai colori dei partiti che le formerebbero – ndt]. Anche se non dovesse andare bene per l’Europa, una Merkel debole potrebbe essere utile per la salute della competitività senza creare problemi alle élites.

La crisi del sistema politico classico sta diventando più marcata

Gli otto anni di crisi economica e le continue politiche di austerity in Europa non sono passate inosservate in Germania, cuore della bestia. La crisi del sistema politico classico così come lo conosciamo ha sgretolato il più grande e forte Paese europeo. I segnali di pericolo erano tanti: la fine del bipolarismo politico in molti Paesi, le conseguenti crisi della socialdemocrazia e, ovviamente, la legittimazione dell’estrema destra nelle sue varie forme.

Il risultato elettorale esprime uno spostamento sociale generale verso destra. Nel 2013 i partiti di centro e di sinistra, la cosiddetta “alleanza rosso-rosso-verde” ottenne il 42,7% dei voti. Nel 2009 aveva ottenuto il 45,6% e in queste ultime elezioni del Parlamento Federale hanno ottenuto solo il 38,6%. Dall’altra parte abbiamo un blocco di centrodestra che ha ottenuto il 56,3%. Non siamo mai stati così lontani da una coalizione di sinistra!

L’agenda della campagna elettorale è stata deliberatamente incentrata sul tema dei rifugiati, per vari motivi. Il primo è che la Germania è ancora un paese con una composizione sociale profondamente razzista. Il voto all’AfD [Alternative für Deutschland, “Alternativa per la Germania” – ndt] non è un voto di protesta ma l’espressione di questo slittamento di lungo corso verso destra. Non dimentichiamoci che tutto ciò avviene nella Germania in cui è nato Pegida, movimento di destra anti-islamica, in cui l’organizzazione terrorista NSU [Nationalsozialistischer Untergrund, Clandestinità Nazionalsocialista” – ndt] ha ucciso immigrati per dieci anni senza che nessuno dicesse nulla e in cui nel 2016 si sono verificate aggressioni contro i centri di accoglienza per migranti ogni 10 ore. Potrà sembrare cinico, ma da un punto di vista prettamente “democratico”, risulta legittimo che questa espressione della società abbia voce in parlamento.

Il secondo motivo è che focalizzando la campagna su questo argomento non si sarebbe parlato di questioni davvero importanti, come la nuova ondata di austerità che il nuovo governo sta preparando: taglio delle prestazioni sociali, grandi privatizzazioni, aumento degli affitti e gentrificazione. La retorica populista portata avanti dall’intero panorama politico, dai socialdemocratici alla sinistra, ha alimentato questa deriva verso destra.

Il partito di sinistra, Die Linke [“La Sinistra” – ndt], non è riuscito a mettere in campo un programma che lo differenziasse dall’agenda dei due partiti maggiori. Il riformismo di Die Linke ha generato una serie di politiche ultraconservatrici e non è riuscito nemmeno a fare breccia con i propri slogan.

Tutto ciò era evidente anche nelle dichiarazioni fatte della leader di Die Linke, Sarah Wagenknecht, a seguito della pubblicazione dei primi risultati, in cui si è affrettata a ricordare che la sinistra dovrebbe prendere posizione sulla questione dei rifugiati. Un’analisi più ravvicinata dei numeri, però, dimostra però si sbaglia: Die Linke ha recuperato mezzo milione di voti a destra e in Baviera l’AfD ha strappato grandi cifre al CSU [Christlich-Soziale Union in Bayern, “Unione Cristiano-Sociale in Baviera” – ndt], fratello minore di Merkel. Seguire l’agenda dell’estrema destra contro i rifugiati, come fatto dal leader della CSU Horst Seehofer, rappresenta una scelta strategica sbagliata.

A sinistra c’è chi spera che con i socialdemocratici all’opposizione si crei una nuova occasione per una coalizione di sinistra alle prossime elezioni. Sperano che l’SPD [Sozialdemokratische Partei Deutschlands, “Partito Socialdemocratico Tedesco – ndt] impari dai propri errori di co-governo degli ultimi anni, ma ancora una volta è un cane che si morde la coda: Die Linke corre nuovamente il rischio di presentarsi senza un profilo sociale riconoscibile e di perdere elettori non tanto verso destra ma quanto verso i socialdemocratici. È sicuramente giunto il tempo che Die Linke riveda anche le proprie scelte in materia di leadership: un leader carismatico che rappresenti una svolta nel partito insieme a una nuova generazione di iscritti giovani e ambiziosi potrebbe portare una nota di colore nella storia e nelle politiche grigie del partito. Forse una sfida per Katja Kipping [attuale presidente di Die Linke – ndt]? La sinistra non sopporterebbe una nuova Sahra Wagenknecht e un nuovo Dietmar Bartsch [dirigenti di Die Linke – ndt]. Sarebbe una catastrofe.

La grande scommessa per le forze progressiste nella repubblica democratica di Germania sarebbe, invece, di puntare tutte le speranze su una singola questione politicamente scorretta per aprire un dibattito reale sulle politiche sociali, sui piani di austerità e sul futuro dell’Europa. Nella serata di sabato scorso migliaia di cittadini, in maggioranza giovani, sono scesi in strada in molte città tedesche per protestare contro la vittoria elettorale dell’AfD. A Berlino sono persino andati a contestare la loro festa elettorale dove sono rimasti per ore in compagnia di un consistente dispiegamento di forze di polizia. Parte della scommessa risiede nel fare in modo che i movimenti e le reti per il cambiamento sociale superino la loro attitudine politica di “essere contro”. Questo è valido non solo per il rischio di fascistizzazione della società tedesca, ma anche per la politica sociale ed economica del paese. Sarà in grado la sinistra di esprimere una visione che metta in moto i giovani, i disoccupati e i lavoratori precari?

Traduzione di Michele Fazioli per DINAMOpress