EUROPA

Francia elezioni legislative

Elezioni in Francia: qual è il blocco antifascista?

Il Rassemblement National di Bardella e Le Pen esce vincente dal primo turno, ma insegue non lontano il Nuovo Fronte Popolare. La strategia di Macron continua a essere caotica e poco chiara, terzo partito in molte circoscrizioni, non apre per il voto verso la France Insoumise rompendo il blocco repubblicano

Se la strategia di Emmanuel Macron era quella di rinvigorire la sua forza centrista nella lotta contro gli opposti estremismi, non è certo riuscita. Ensemble, la lista presidenziale, raggiunge solo il 20,04% dei voti, riesce a far eleggere solo due deputat-i-e al primo turno e perde più del 5% dei voti rispetto al primo turno delle legislative del 2022, che già non erano state un successo per il Presidente. È stata perdente l’idea di ripresentarsi come un blocco centrista capace di arginare l’avanzata dell’estrema destra, strategia vincente nelle elezioni presidenziali del 2017 e del 2022, ma che oggi si scontra con la realtà delle politiche portate avanti dal suo governo, dalla riforma delle pensioni ai provvedimenti islamofobi, come quello contro l’abaya. Al contrario, il sentimento di disprezzo diffuso per tutto ciò che rappresenta Macron – un ex-banchiere che continua a votare riforme contro le classi popolari oltrepassando il voto del Parlamento – ha alimentato il voto di protesta verso il Rassemblement National.

Macron sono anni che reprime violentemente i movimenti sociali francesi, dai Gillet Gialli al movimento contro la riforma delle pensioni, dalle rivolte delle banlieues ai movimenti ambientalisti, spostando sempre più a destra il discorso del suo governo.

Già nel suo primo mandato il Rassemblement National ha votato per le sue leggi, come nel caso della Legge contro le Separatisme del 2021, e questo incontro si è ripetuto anche nel secondo mandato presidenziale come nel caso della legge contro gli squat del 2023. 

È chiaramente il Ressemblement National il vincitore del primo turno delle elezioni francesi, Bardella, il nuovo giovane leader del partito della famiglia Le Pen, parla come se fosse già Primo Ministro e cerca in tutti i modi di presentarsi come leader responsabile e pronto a governare. Rispetto al primo turno delle legislative del 2022 raddoppia il numero di voti da poco più di 4 milioni a oltre 9 milioni, raggiungendo il 29,25%, riesce a far eleggere al primo turno già 39 deputat-i-e, e ne piazza 400 per i ballottaggi del secondo turno, puntando alla maggioranza assoluta dell’assemblea legislativa.

Che il “fronte repubblicano” contro le estreme destre facesse acqua da tutte le parti si era già capito l’11 giugno quando Eric Ciotti, presidente dei Repubblicani, ha aperto all’alleanza con l’estrema destra francese, al costo di un’enorme crisi nel proprio partito.

Questi gollisti di destra, che hanno raggiunto il 6,57%, sono gli eredi di Chirac, lo stesso che nel 2002 si rifiutò di fare il dibattito presidenziale con Jean-Marie Le Pen, quando per la prima volta arrivò al secondo turno delle presidenziali, per non normalizzare un partito di nostalgici. «Abbiamo bisogno di un’alleanza con il Rassemblement National per opporci all’impotenza del Macronismo e al pericolo degli Insoumis», ha dichiarato Ciotti. Un calcolo elettorale che ha dato i suoi frutti.

Ed è il pericolo degli “Insoumis” il tema centrale di queste elezioni francesi. Contro ogni scommessa macroniana, il 13 giugno la France Insoumis sigla il programma del Fronte Popolare con il Partito Socialista, i Verdi e il Partito Comunista. «Questa estrema sinistra pericolosa» è stata votata da quasi 9 milioni di francesi, ha raggiunto il 27,99% e ha eletto al primo turno 32 deputat-i-e.

Il programma, non è rivoluzionario, ma pone al centro politiche sociali, scuola, sanità, abolizione della riforma delle pensioni, una tassazione maggiore per i ricchissimi, un’accoglienza degna per chi arriva in Francia e diritti per le persone LGBTQIA+.

La campagna mediatica contro Mélenchon, leader della LFI, supportata anche da tutti i media mainstream italiani, lo ha descritto come problematico, estremista, filo-putiniano e antisemita per le sue posizioni sul genocidio in corso in Palestina. Nonostante questi ribaltamenti falsificanti del programma, il Fronte popolare è molto forte a Parigi, nelle sue periferie, e tra i giovani (18 -24 anni) ha raccolto il 48% dei voti, secondo i dati di You Trend. C’è una chiara contesa interna in questo fronte tra la vecchia nomenclatura socialista parte dei giochi di potere macroniani, e le e gli insoumis che hanno costruito un movimento aperto sulla spinta delle enormi lotte sociali di questi ultimi dieci anni in Francia. L’esistenza di questa coalizione non ha reso la vittoria dell’estrema destra un dato di fatto scontato, una fatalità necessaria, com’è stato, invece, nel settembre del 2022 in Italia, di fronte alla vittoria di Fratelli d’Italia. 

Foto di Jeanne Menjoulet via Flickr – manifestazione del 15 giugno 2024

Cosa succede ora? 

Il sistema elettorale francese per l’assemblea legislativa è un sistema maggioritario con collegi uninominali a doppio turno, cioè in ogni circoscrizione elettorale si elegge solo chi prende la maggioranza assoluta al primo turno o nel ballottaggio del secondo turno. Una legge, quindi, che predilige la governabilità alla rappresentatività delle minoranze. Nonostante il Parlamento sia inserito in un sistema di governo già stabile perché semipresidenziale, così  come voluto dal generale De Gaulle, richiamato in politica per salvare la Francia dalla crisi algerina nel 1958 e firmatario della Costituzione della V Repubblica. Un sistema che accentra i poteri nelle mani del Presidente, che può, nei casi specificati dall’articolo 49.3, far passare una legge senza il voto del Parlamento. Dalle elezioni del 2022, il governo guidato dai macronisti non ha la maggioranza assoluta, ma è un governo di minoranza e durante il governo guidato da Borne, l’articolo 49.3 è stato utilizzato 23 volte in meno di due anni.  

È proprio l’approvazione della riforma delle pensioni senza il voto del Parlamento a segnare la crisi profonda del sistema costituzionale francese, che segue la crisi dell’intero sistema democratico rappresentativo occidentale.

In tutti i paesi europei assistiamo, infatti, alla centralizzazione dei poteri nelle mani dell’esecutivo, a discapito dei Parlamenti, delle negoziazioni con i corpi intermedi e dei processi partecipativi. Nei governi hanno sempre più poteri i premier e i ministri dell’economia, in diretta connessione con gli apparati europei tramite le riunioni del Consiglio Europeo e dell’Ecofin (riunione dei ministri delle finanze e dell’economia europei). Un passaggio che dalle democrazie social-democratiche, ci ha riportato verso democrazie (neo)liberali, per arrivare a regimi sempre meno liberali. 

Il prossimo 7 luglio si andrà a votare per il secondo turno, sono stati eletti solo 76 deputat-i-e al primo turno, perché hanno preso più del 50% delle preferenze degli aventi diritto. Al secondo turno andranno i e le candidate che hanno preso più del 12,5% dei voti degli aventi diritto – non semplicemente di chi è andato a votare – ed essendo l’affluenza alta ci saranno diversi triangolari e alcuni quadrangolari, cioè ballottaggi con tre o anche quattro partecipanti. 

Il Fronte Popolare di fronte ai risultati ha dichiarato espressamente che dove non è il primo o il secondo partito, si ritirerà per permettere di unire le forze contro l’estrema destra e creare un cordone sanitario contro il Rassemblement National, si ritireranno, quindi, nelle 115 circoscrizioni dove sono terzi.

Mentre il partito presidenziale non ha fatto lo stesso e sono due giorni che i e le candidate di Ensemble balbettano sulla questione di votare solo chi è compatibile con «i valori repubblicani del parlamentarismo, dell’universalismo e dell’antisemitismo», come ha dichiarato il Primo Ministro Attal. Scegliere, quindi, “caso per caso” perché secondo i liberali non è possibile votare per chi è candidat-o-a nella France Insoumise. 

Qual è allora la strategia di Macron di fronte a queste elezioni legislative? Dichiarare di non votare per i e le candidate di France Insoumise equivale a distruggere qualsiasi “blocco repubblicano”, tradendo il tradizionale sbarramento antifascista che si è creato dalle elezioni presidenziali del 2002. Molte persone candidate nella sua lista non lo stanno seguendo e già si stanno dimettendo dove sono arrivate terze.

Macron gioca una partita contro la sinistra, spostando il blocco di mediazione democratica verso l’estrema destra – cosa che non è accaduta nemmeno dopo queste elezioni europee per la nomina delle alte cariche dell’Unione Europea – in questa alleanza inedita, che ormai è sempre più chiara, tra neoliberali ed estreme destre. 

Un governo credibile dell’estrema destra in coabitazione con Macron ha ormai convinto anche la grande borghesia francese, non solo la Francia profonda rurale e delle province. Ci sono poi le periferie urbane, i lavoratori e lavoratrici precarie, i sindacati, un-a francese su quattro che ha origini straniere, i e le pensionate povere, una parte della classe media e della piccola borghesia che ha deciso di non accettare questo ennesimo ricatto del blocco liberale. Questi sono i quasi nove milioni di voti per il Fronte Popolare e ci possono essere anche i voti di chi, al secondo turno, deciderà di non votare l’estrema destra. La partita è ancora tutta aperta, certo è che, qualsiasi fosse la scommessa di Macron, sembra già persa.

Immagine di copertina manifestazioni di piazza del 30 giungo 2024 di DinamoPress

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