MONDO
Ecuador in rivolta: decretato lo stato d’assedio, proteste in tutto il paese
Con un’economia in crisi, il governo di Lenín Moreno ha annunciato un pacchetto di misure correttive in accordo con il FMI che comprende la rimozione degli incentivi e aumenti del prezzo del carburante. Di fronte alle proteste di massa, ai blocchi stradali e allo sciopero a oltranza di alcuni settori, il governo ha deciso di dichiarare lo stato d’assedio.
L’economia ecuadoriana dollarizzata è in crisi. Da anni soffre di una stagnazione che ha generato deficit e indebitamento sempre più profondi. Il 24 settembre,con una mossa disperata, il governo si è indebitato, di nuovo, emettendo obbligazioni per circa 2 miliardi di dollari, aumentando così le obbligazioni di debito a 10 miliardi.
Le passività del paese sono aumentate al 47% del PIL, mentre per mantenere il finanziamento esterno e ottenere il prossimo pagamento dall’FMI di 4,209 miliardi di dollari, Lenín Moreno ha predisposto una serie di misure antipopolari: martedì sera, sulla tv nazionale, ha annunciato la rimozione degli incentivi per il carburante per incamerare circa 1,4 miliardi di dollari all’anno.
La notizia ha provocato malumore in vista dell’imminente aumento del costo della vita: la benzina verde è aumentata da 1,85 a 2,40 dollari al gallone [corrispondente a circa 3,8 litri – ndt] mentre il diesel è salito da 1,03 a 2,30 dollari. Si sta anche valutando di introdurre una riforma del lavoro che precarizzi i contratti di lavoro e aumenti le tasse per la popolazione.
Le proteste sono iniziate con uno sciopero a oltranza del settore dei trasporti al quale si sono uniti altri settori, sindacati e studenti, che sono attualmente in mobilitazione e in scontro continuo con la polizia in diverse città. La capitale Quito è stata l’epicentro del conflitto, centinaia di arresti, denunciato l’arrivo di contingenti militari nella capitale.
Ci sono blocchi stradali in varie parti del paese e si registrano proteste in circa 149 località: 30 a Pichincha, 13 a Manabí, 10 a Loja, 10 ad Azuay, 9 a Guayas, 18 a Tungurahua, 4 a Imbabura, 3 a Carchi, e cosi via. Nella zona sud di Guayaquil [la città più popolosa dell’Ecuador – ndt] sono stati osservati i primi saccheggi.
La deputata correista, Gabriela Rivadeneira, ha dichiarato che l’Assemblea Nazionale ha il potere di revocare lo stato di eccezione decretato dal presidente Moreno e di attestare la violazione dei doveri del presidente. Ha anche dichiarato che il gruppo parlamentare di Alianza PAIS [partito di governo – ndt] convocherà una sessione straordinaria del Parlamento per destituire Lenín Moreno e convocare elezioni presidenziali anticipate.
In risposta alle dichiarazioni del presidente Lenín Moreno, che definivano come golpisti coloro che sostenevano le proteste, la Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) ha affermato che “golpista” è il governo stesso che colpisce i diritti del popolo e risponde con minacce alle proteste di piazza.
Dal movimento e dalle organizzazioni indigene le richieste sono chiare: No al Paquetazo [nome dato all’insieme delle manovre – ndt], nessun estrattivismo, nessuna limitazione dei diritti dei lavoratori. E hanno annunciato nuove proteste per i prossimi giorni.
Pubblicato su ANRED – agenzia di notizie indipendente. Foto di copertina: Anred Noticias.
Traduzione a cura di Michele Fazioli per DINAMOpress