ROMA
«È finito il tempo delle richieste»: parlano lə studenti del terzo municipio
Archimede, Aristofane, Nomentano e Orazio sono in occupazione dallo scorso lunedì grazie a un’azione coordinata sul territorio. Portano avanti delle rivendicazioni precise con un ragionamento collettivo
Dall’inizio della settimana, a Roma hanno occupato otto licei. Di questi, quattro si trovano al terzo municipio e non è un caso: si tratta di un’azione coordinata in cui lə studenti hanno deciso di iniziare le occupazioni nello stesso giorno, lunedì scorso, pubblicando un comunicato congiunto con le loro rivendicazioni.
Al civico 6 di via Vaglia c’è un edificio imponente e massiccio. Il colore rosso delle finestre si alterna al grigio scuro del cemento in lunghe strisce orizzontali che vanno dal piano più alto fino al marciapiede. Sulle inferriate che circondano il palazzo è appeso uno striscione che annuncia: «Archimede Occupato». Di fianco è attaccato un cartellone bianco, dove con un pennarello nero è stato scritto un testo fitto fitto in cui sono elencate tutte le richieste dellə studenti dell’Istituto Archimede-Pacinotti. «Questo edificio è stato costruito negli anni ’50 per ospitare delle case popolari, solo successivamente è stato adibito a scuola», racconta Syria, rappresentante d’istituto, che dal cortile interno indica le mura del complesso scolastico e afferma: «Un architetto ci ha spiegato che questi sono due palazzi accorpati che andranno separandosi. Infatti si vede dalle crepe sui muri, ce n’è una lunga diversi metri. E oltre alle crepe abbiamo problemi di muffe, infiltrazioni, non c’è una scala antincendio e nemmeno una palestra».
Due anni fa è caduto un calcinaccio a un metro da un alunno e la scuola è rimasta chiusa per due giorni per riparare il danno ma, racconta Syria, «ancora una volta hanno messo una pezza sulla parte di muratura che era caduta ed è finita là».
Le questioni legate all’edilizia scolastica sono tra le principali rivendicazioni dei quattro licei del terzo municipio (Archimede, Aristofane, Orazio e Nomentano) che in questi giorni sono in occupazione. In un comunicato congiunto reso pubblico lunedì scorso sono elencate tutte le richieste e le ragioni della mobilitazione, che vanno dall’esigenza di investimenti seri nel sistema scolastico all’urgenza di un superamento della didattica frontale e verticale, passando per rivendicazioni legate alla salute mentale dellə studenti e al loro bisogno di una scuola femminista, antisessista, antirazzista e non eteronormata. Si legge nel comunicato: «La volontà politica del governo di non dare importanza alla salute psicologica e alle differenze socio-economiche e culturali di noi studentə, ha spinto 543 mila giovani (nel solo 2020) a lasciare la scuola, portando l’Italia al terzo posto nell’UE per tasso di dispersione scolastica».
La consapevolezza del fatto che i problemi vissuti quotidianamente derivino da precise scelte politiche è molto radicata ed emerge nei racconti di ogni studente.
Come spiega Alice, rappresentante d’istituto del liceo Aristofane, «ci sono troppe classi piccole dove si affollano moltissime persone. È un problema che la nostra dirigente scolastica sta cercando di risolvere ma non può farlo perché dall’alto continuano a togliere fondi all’istruzione pubblica». Le conseguenze di tali scelte ricadono inevitabilmente nella vita di chi va a scuola, perché, continua Alice: «questa mancanza di fondi e di spazi non ha permesso una buona gestione delle lezioni in presenza». Il comunicato congiunto, d’altronde, parla chiaro: «I soldi del PNRR devono essere investiti nell’edilizia, negli spazi, nell’aumento dell’organico, nella stabilizzazione delle cattedre, nella digitalizzazione e in un nuovo modello educativo, moderno e civico».
Per entrare al liceo Aristofane bisogna attraversare un cortile dove, dietro al cancello che dà sul marciapiede, c’è un banco su cui sono poggiati un termometro istantaneo e del gel disinfettante. Un gruppetto di studenti sosta lì davanti e chiede alle persone che vogliono entrare di mostrare il green pass, misurarsi la temperatura corporea e disinfettarsi le mani. Sara, rappresentante d’istituto, cammina per i corridoi mostrando gli spazi della scuola occupata e ogni tanto riprende qualche compagnə che tiene la mascherina sotto il naso, dicendogli di tirarla su. In alcune aule si tengono dei corsi, in altre ci sono dellə studenti che studiano, nei corridoi invece si sta insieme e si chiacchiera, mentre dall’altra parte del cortile c’è un campo da calcio dove un gruppetto di ragazzə gioca a pallone.
Dopo aver finito il giro delle aule e del cortile Sara ammette: «È la prima volta che mi trovo in una scuola occupata e lo stesso vale per i miei compagni, quindi per noi questa è una grande novità».
L’Aristofane non è l’unico liceo che torna a occupare dopo tanti anni. Lo stesso vale per il liceo Orazio, la cui sede centrale si trova tra viale Jonio e via Nomentana. «È la prima esperienza per tutti – racconta Andrea, rappresentante d’istituto – Avevano provato a occupare qualche anno fa ma è andata male. Questa volta il punto forte è stata la connessione con gli altri istituti. Dietro alle occupazioni precedenti non c’era questo tipo di mobilitazione, né un documento rivendicativo ben preciso. Anche le istituzioni, come il municipio, ci hanno supportato».
Andrea, parlando delle rivendicazioni dellə studenti, si sofferma sul fatto che i casi di depressione tra i più giovani sono aumentati molto durante la pandemia: «Abbiamo dovuto affrontare la scuola in un modo diverso e questo ci ha totalmente scombussolati. Poi siamo tornati a scuola e il modo di insegnare di professori e professoresse non è cambiato, hanno detto «vabbè siete stati lontani da scuola e c’è stata una pandemia, ora facciamo lezione». Secondo Andrea c’è bisogno di parlare di più di salute mentale e dell’impatto che ha avuto la pandemia nella vita dellə studenti. «Io stesso ho avuto difficoltà negli ultimi anni – racconta – e mi rendo conto di non essere l’unico e, siccome non sono stato supportato in nessun modo dalla scuola, mi metto nei panni di chi magari è stato anche peggio di me e dico che dovrebbe esserci un supporto». C’è bisogno di sportelli di ascolto gratuiti nelle scuole come dice il comunicato congiunto, ma non basta, si tratta di rimettere al centro la salute mentale anche nel metodo didattico, osserva Andrea: «ad esempio i docenti potrebbero essere più comprensivi, senza dover essere dei genitori perché il loro ruolo è quello di educatori. Auspichiamo che la scuola ci educhi non al terrore ma all’istruzione, non solo alla didattica ma anche a una dimensione civile e sociale».
Tommaso è rappresentante in Consulta del liceo Nomentano e, seduto sui gradini d’ingresso dell’istituto, racconta di come sia rimasto colpito dalla partecipazione massiccia dellə studenti all’occupazione, sin dal primo giorno.
È un fattore molto importante, soprattutto dopo un anno e mezzo di didattica a distanza: «Uno dei nostri obiettivi è quello di riprenderci la scuola come spazio di socialità, spazio che ci era stato del tutto sottratto con la dad. Di conseguenza quello che facciamo qui, oltre a partecipare ai corsi, è anche stare semplicemente a scuola con i tuoi compagni e compagne». L’iniziativa dellə studenti, tuttavia, si è scontrata con la reazione della preside dell’istituto, che non ha preso per niente bene l’occupazione, spiega Tommaso: «Abbiamo proposto un modello di scuola inclusivo e non discriminatorio e lei ha risposto attivando la didattica a distanza, che per giunta è un’azione illegale, perché la dad può essere attivata solo in casi legati alla pandemia. È un’azione spregiudicata che tenteremo di combattere in ogni modo».
Il bisogno di stare insieme, rivendicato all’interno delle aule, corridoi e cortili scolastici, è sottolineato anche da Syria, dell’Archimede, che osserva: «In questo momento gli studenti e le studentesse stanno qui, semplicemente occupano lo spazio, sono presenti, anche solo per giocare a pallone, a carte, chiacchierare, ascoltare la musica, stanno qui e per me questo è abbastanza». Ovviamente all’Archimede, così come nelle altre scuole, sono stati organizzati corsi di ogni tipo, dall’educazione sessuale al video making, dall’ecologismo al kick boxing, per mettere in pratica in modo autorganizzato un altro tipo di didattica. Ma l’occupazione già di per sé è un atto rivendicativo e anche la scelta di mobilitarsi in questa settimana non è stata casuale, aggiunge Syria: «Ci tenevamo ad avere le scuole occupate il 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e di genere, che non può passare inosservata. Per noi è molto importante». Nella giornata di oggi sono previsti laboratori con attivistə di Non Una di Meno e del progetto Scosse.
La mobilitazione dei licei romani va oltre il terzo municipio e si diffonde in tutta la città: spostandoci verso il centro, in questi giorni anche Colonna, Righi, Morgagni e Machiavelli sono in occupazione.
E nelle scorse settimane era stato il turno di Tasso, Albertelli, Ripetta, Rossellini, Manara e Virgilio. Se la pandemia ha sottratto allə studenti lo spazio per incontrarsi, ora è arrivato il momento di organizzarsi. Le rivendicazioni sono tante e dettagliate, le idee sono radicate, la strada è ancora lunga ma lə studenti non stanno certo ad aspettare. Per riprendere le parole di Syria: «Vogliamo essere ascoltati ma ormai il tempo delle richieste è finito, adesso pretendiamo e, se le cose non ce le danno, noi ce le prendiamo».
Tutte le immagini di Sofia Cabasino