ITALIA
Il divieto di sciopero per il comparto scuola non ferma la lotta transfemminista
A una settimana dall’8 marzo la Commissione di Garanzia impedisce fatto il diritto di sciopero in uno dei settori a altissima densità femminile, ma Non Una Di Meno ha deciso di rilanciare la mobilitazione, rimarcandone l’importanza e sviluppando un ricco percorso di avvicinamento
La Commissione di Garanzia ha vietato alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto scuola di scioperare in occasione dell’8 marzo: sciopero femminista e transfemminista, giunto al suo quinto anno, riguarda sia il pubblico sia del privato. «Alcune organizzazioni sindacali hanno proclamato scioperi proprio durante la settimana precedente: quello dei docenti è stato indetto da Sisa il primo marzo, un altro invece da FederATA per il 3 marzo», racconta Luisa, attivista di Non Una Di Meno Roma e del collettivo Cattivemaestre: «Viene meno così la regola di rarefazione, cioè il tempo che intercorre tra uno sciopero di categoria e uno sciopero generale».
L’esclusione del comparto scuola dalla giornata dell’8 marzo è il frutto di progressive restrizioni del diritto di sciopero, che proprio durante l’emergenza sanitaria sta conoscendo un ulteriore giro di vite.
Erano infatti sette i giorni dell’intervallo tra due azioni di sciopero previsti in precedenza, ma sono stati ora aumentati a dodici. La nuova regolamentazione relativa all’Accordo sulle norme di garanzia dei servizi pubblici essenziali e sulle procedure di raffreddamento in caso di sciopero, non solo per il Comparto Istruzione e ricerca, è stata sottoscritta a dicembre dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e dai sindacati rappresentativi del comparto scuola. Tutti i sindacati di base avevano criticato con forza l’accordo voluto dal precedente governo.
Scrivono le attiviste di Non Una Di Meno nel loro comunicato: «La comunicazione della Commissione di Garanzia giunge a una settimana dall’8 marzo e impedisce di fatto il diritto di sciopero in uno dei settori a altissima densità femminile – l’80% del corpo insegnante è infatti composto da donne – e tra i più importanti e più colpiti dall’emergenza sanitaria, proprio in una fase in cui si discute, e localmente si sta già attuando, di una nuova chiusura delle scuole e il carico di lavoro delle insegnanti, in presenza e in Dad, è notevolmente aumentato in assenza di regolamentazione e tutele della salute».
Non Una Di Meno aveva coinvolto tutte le organizzazioni sindacali tramite lettera aperta per la proclamazione dello sciopero femminista e trans-femminista.
Ma, come ci spiega ancora Luisa, dai sindacati confederali, in particolare dalla CGIL, si è confermato il consueto disconoscimento dei contenuti e delle rivendicazioni portate avanti: «La segretaria Camusso, in una lettera inviata alle delegate CGIL, sostiene che NUDM non ha dialogato con il sindacato e che il meccanismo della lettera aperta non funzioni. Secondo noi invece è un meccanismo molto trasparente e permette di rivolgersi a tutte le organizzazioni sindacali».
Malgrado le numerose limitazioni e le difficili condizioni imposte dalla pandemia, Non Una Di Meno ha deciso di rilanciare lo sciopero, quanto mai urgente proprio per le contraddizioni e le disuguaglianze esasperate dall’emergenza in corso.
«Lo sciopero femminista dell’8 marzo quest’anno assume un significato ancora più rilevante in un momento in cui la pandemia ha evidenziato le criticità e le fragilità delle istituzioni del welfare, in particolare della scuola, dovute a decenni di tagli e disinvestimenti e ha scaricato ulteriormente il lavoro di cura sulle donne», si legge ancora nel comunicato: «Nonostante il divieto di sciopero del comparto scuola, invitiamo insegnati, personale ata e studenti a partecipare alle mobilitazioni organizzate nell’ambito dello sciopero femminista e transfemminista nelle piazze di decine di città italiane. Invitiamo le/gli studenti a fare propria questa giornata di sciopero e di lotta».
Le istanze dell’8 marzo non si esauriscono però in quelle ventiquattr’ore. «Lo sciopero è fondamentale come giornata di astensione dal lavoro, ma è anche il frutto di un percorso e un processo», ci dice ancora Luisa: «Come Cattivemaestre e Non Una Di Meno Roma abbiamo lanciato una campagna comunicativa, frutto della nostra precedente inchiesta nel mondo della scuola. Abbiamo raccolto dichiarazioni e fatto grafiche con delle rivendicazioni che a questo punto saranno non più “Io sciopero perché” ma “Io lotto perché”».
Avviato il 2 marzo il percorso di avvicinamento si articola nella pubblicazione, tramite i canali social del collettivo di «insegnanti precarie e di ruolo di vari ordini scolastici», di due video al giorno inerenti alla stessa rivendicazione: «Voci e testimonianze di diverse soggettività della scuola pubblica di ogni ordine e grado (insegnanti precarie e di ruolo, collaboratrici, OEPA, mamme e studentesse) raccolte attraverso un’auto-inchiesta, con lo scopo di analizzare la complessità della scuola in emergenza sanitaria, approfondirne le dinamiche peculiari di ogni ciclo ed evidenziarne le criticità».
Oggi, per esempio, le due «Gra-fiche» riguardano la necessità di formazione, autoformazione e le mancanze strutturali del comparto scuola e non solo.
«La pandemia ha un po’ fatto emergere quanto siano importanti e centrali le istituzioni del welfare, però ha scaricato alla stesso tempo sulle insegnanti la responsabilità di tenere le scuole aperte, anche a costo della nostra salute» ribadisce Luisa e continua: «Sia nelle assemblee nazionali sia nei tavoli di Non Una di Meno stiamo riflettendo su come l’emergenza Covid abbia raccontato le lavoratrici della cura in quanto eroine. Una narrazione utile a nascondere il fatto che i settori della cura e dell’accudimento sono settori sottopagati. Noi non siamo eroine, non siamo missionarie: noi vogliamo le condizioni di sicurezza sui posti di lavoro».
Tutte le foto dall’archivio DINAMOpress