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ROMA

Disegnare fuori dal margine: transfemminismi per la città che verrà

Dal 4 al 6 ottobre, presso la Casa delle donne Lucha y siesta, sono programmati tre giorni di confronti, dibattiti, assemblee e laboratori per sovvertire le politiche urbane, dominate da logiche patriarcali. Ne abbiamo intervistato lə attivistə

Il convegno “La città di tuttə – I transfemminismi ridisegnano Roma” nasce dall’urgenza di trovare risposte collettive ai radicali processi di trasformazione che investono la città. Il 4, 5, 6 ottobre, presso la Casa delle donne Lucha y siesta, sono programmati tre giorni di confronti, dibattiti, assemblee e laboratori ambiziosi e originali. L’obiettivo è di ampia portata: ribaltare, con le leve fornite dai transfemminismi, le politiche urbane e liberarle dalle logiche asfittiche del patriarcato, del profitto e del colonialismo.

1. Il convegno transnazionale “La città di tuttə – I transfemminismi ridisegnano Roma” arriva in un momento decisivo per la città. Con il Giubileo alle porte, Roma è attraversata da intensi processi di riconfigurazione. Come è nata questa iniziativa e in che modo si intreccia con le trasformazioni in corso?

L’iniziativa nasce da una serie di forze e di tensioni che sono emerse nel corso degli ultimi mesi all’interno del collettivo. Come molte delle persone che abitano Roma dal margine, siamo familiari alle tendenze segreganti, all’inaccessibilità degli spazi e delle strade, ai processi di espulsione, alla fatica di costruire comunità e relazioni in un contesto essenzialmente ostile e sfiancante, maschilista, colonialista e abilista. Come è ovvio, questi processi hanno un effetto sulla possibilità di soggetti non privilegiati di abitare la città, di sottrarsi a situazioni di violenza, di scegliere dove, con chi e come vivere. Diventa estremamente complicato portare a termine percorsi di fuoriuscita dalla violenza quando è impossibile per una persona con un reddito medio-basso prendere in affitto un appartamento in autonomia. Questi processi espulsivi sono di fatto normalizzati: per chi lavora nei servizi assistenziali è paradossalmente diventato normale suggerire a chi si trova in difficoltà di andare a cercare casa fuori dalla città, in provincia o addirittura fuori regione, anche se in questo modo si recidono legami, reti sociali o familiari, relazioni amicali.

In questo contesto, l’arrivo del Giubileo ci mette in allarme, perché acuisce ed esaspera queste tendenze e ci fa percepire chiaramente l’urgenza di attivarci insieme a chi analizza le dinamiche delle nostre città e il modo in cui l’organizzazione dello spazio urbano riproduce le disparità e a chi pratica alternative e sperimenta modi inclusivi di abitare e costruire gli spazi.

2. Il programma è denso e stratificato: momenti di approfondimento, dibattiti e attività laboratoriali si alternano, creando un fitto intreccio tra dimensioni locali e transnazionali. Quali saranno i momenti salienti di queste tre giornate?

Abbiamo immaginato un programma che mettesse in connessione soggettività ed esperienze diverse: ci saranno relatrici provenienti dalla Svezia, dalla Francia, dal Libano, dalla Spagna, dall’India. Discuteremo con istituzioni e con collettivi autorganizzati.

Vorremmo, in questi tre giorni, fare un percorso insieme alle persone singole e alle realtà organizzate che parteciperanno che ci conduca a pensare a una sorta di bozza di manifesto della città transfemminista. Il primo giorno, il pomeriggio di venerdì 4, lo abbiamo dedicato a una sorta di inquadramento teorico-pratico del tema attraverso tre salotti, nei quali ci confronteremo con accademich3, attivist3, esponenti delle istituzioni. Cercheremo quindi di ragionare insieme su cosa si intende per città transfemminista, su cosa vuol dire mettere al centro delle politiche urbane cura e relazioni; nel secondo salotto dialogheremo con collettivi che dal basso stanno sperimentando pratiche di abitare radicalmente diverse e che compongono quei tasselli che danno sostanza alla città transfemminista; nel terzo salotto, infine, ci interrogheremo, insieme a rappresentanti di istituzioni cittadine, dalla Svezia a Bologna, sulle politiche pubbliche e il ruolo che possono avere le istituzioni nella trasformazione delle città.

Il secondo giorno, nella mattinata del sabato, ci divideremo in tre laboratori, per mettere a fuoco insieme le criticità e le potenzialità con l’obiettivo di costruire nuove alleanze, dialogare con soggetti che da prospettive differenti, da differenti margini, sperimentano l’abitare, la cura e l’arte urbana a Roma, con strumenti di resistenza diversi. A partire dai laboratori vogliamo provare a costruire lotte intersezionali e a tessere le reti della città che vogliamo.

La domenica ci ritroveremo in plenaria, per rimettere in comune i percorsi dei laboratori e per rilanciare le proposte emerse.

Locandina dell’evento

3. Se osservata attraverso le molteplici lenti dei transfemminismi, qual è lo stato di salute della città? Quali azioni sono state messe in atto per rispondere ai bisogni del territorio?

Roma è una città in cui è complesso abitare: è complicato attraversarla, è complicato coltivare relazioni di cura e accoglienza reciproca, mancano spazi di incontro che non siano finalizzati al profitto. è una città in cui profonde linee di segregazione rendono non attraversabili e non sicuri gli spazi comuni, che si delineano sempre più come gli spazi residui non ingurgitati dalla speculazione. È una città che promuove luoghi “esclusivi” agibili solo da chi risponde a requisiti abilisti, maschilisti e colonialisti. Negli ultimi anni sono state sgomberate e annullate esperienze preziose di auto-organizzazione e restituzione di luoghi alla città. Ma è anche una città vitale, in cui tante realtà resistono e rispondono con immaginazione e desiderio alle pressioni esterne del mercato, delle istituzioni, della crescente turistificazione. Le risposte istituzionali sono gravemente insufficienti e spesso l’azione delle istituzioni ha carattere principalmente repressivo: pensiamo agli sgomberi degli insediamenti informali e delle occupazioni sociali e abitative, all’erosione del welfare, all’inazione di fronte alla perpetua crisi abitativa e alle spinte mercificanti della turistificazione.

4. Il 2025 sarà un anno cruciale per Roma. In vista del Giubileo, quali approcci potrebbero favorire la costruzione della “Città di tuttə” ed evitare che l’anno prossimo diventi solo una narrazione di speculazioni imposte dall’alto?

Questo evento nasce proprio con l’urgenza di prendere parola, e una parola transfemminista, per contrastare gli effetti espulsivi e la narrazione che accompagnerà il Giubileo. Abbiamo già davanti agli occhi le retate e gli sgomberi in nome del “decoro” e dell’accoglienza dei pellegrini. La condivisione di saperi e di esperienze che tengono, nelle loro pratiche, la cura come paradigma dell’abitare e delle relazioni, ci può aiutare a resistere: occorre rafforzare le reti e le narrazioni comuni, non farci schiacciare dalla violenza del grande evento, continuare a desiderare e a immaginare, anche grazie alle esperienze che si realizzano altrove. Le lenti del transfemminismo e dell’antiviolenza ci aiutano a vedere la matrice comune della violenza che ci marginalizza. L’acuirsi delle spinte speculative che ci estromettono e impoveriscono può essere contrastato se, in ottica intersezionale, ci guardiamo e riconosciamo e sabotiamo la narrazione dominante con la nostra presenza imprevista, sperimentando alternative grazie ad alleanze forti, di riconoscimento reciproco. Le lenti del transfemminismo non ci aiutano solo a guardare la realtà, ma anche e soprattutto ad acquisire posture relazionali di riconoscimento reciproco, necessarie per costruire alleanze forti, anche se conflittuali e complesse.

Programma dell’evento

5. Lucha y Siesta rappresenta, per tantissime persone, un punto di riferimento imprescindibile e una prefigurazione di cosa può essere la Città di tuttə. A che punto è la trattativa per l’assegnazione dello spazio?

La trattativa è ferma ormai da molti mesi. Circa un anno fa la nuova giunta regionale aveva revocato la convenzione stipulata ma non ratificata con la giunta precedente adducendo come motivazione che quel provvedimento era compromesso non essendo chiara la motivazione dell’assegnazione diretta. Il loro piano annunciato è di procedere con lo sgombero (tanto che il 24 novembre del 2023, per mezzo pec, è arrivata all’associazione la richiesta esplicita di non accogliere più nuove persone in fuoriuscita da situazioni di violenza), con i lavori di ristrutturazione (che non sappiamo per quanto tempo renderanno inagibile lo stabile) e la messa a bando teoricamente per mantenere la destinazione d’uso attuale, ma senza garanzie che in parallelo al lavoro di accoglienza e costruzione di percorsi volti all’autonomia si porti avanti anche il lavoro di promozione culturale preziosissimo per prevenire il fenomeno della violenza di genere. Durante questo anno l’associazione è stata assolta per il reato di occupazione e la Corte dei Conti si è espressa in merito alla compravendita e all’assegnazione confermando che l’operazione non ha costituito reato di danno erariale, quindi le motivazioni addotte da chi ha messo in discussione la salvaguardia e il riconoscimento della Casa delle Donne Lucha y Siesta al momento non sussistono.

Immagine di copertina: Lucha Y Siesta su Facebook

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